Tra strategia e identità: l’asse italo-turco nel Mediterraneo

Creato il 13 marzo 2014 da Bloglobal @bloglobal_opi

di Filippo Urbinati

La visita di Stato del Presidente della Repubblica turca Abdullah Gül a Roma lo scorso mese di gennaio non ha avuto una grande eco nei media dei due Paesi complici le vicende interne di entrambi e la pressoché contemporanea visita del Primo Ministro Recep Tayyip Edoğan a Teheran. Nonostante ciò, e nonostante la clamorosa rinuncia di Ankara all’Expo di Milano 2015, il rapporto tra Turchia e Italia è molto più profondo di quanto un’analisi frettolosa potrebbe portare a pensare. Spesso sottotraccia, la relazione tra i due Paesi ha radici assai profonde che prendono le mosse dagli intensi scambi commerciali, e culturali, intercorsi per secoli tra l’allora Impero Ottomano e le principali città italiane con le Repubbliche Marinare di Genova e Venezia a fare da apripista sin dalla fine del XIV Secolo.

Fondato su solide basi, Roma e Ankara hanno costituito un rapporto il cui tratto distintivo è riscontrabile nella multidimensionalità. Innanzitutto i due Paesi si sono trovati spesso affiancati all’interno dei framework multilaterali a partire dall’Alleanza Atlantica e dalle Nazioni Unite. La collaborazione all’interno della NATO non si è limitata alla dimensione operativa, come successo ad esempio in Afghanistan, ma anche sul versante della visione strategica e politica. Tanto Roma quanto Ankara si sono infatti opposti strenuamente ad una revisione strategica del dispiegamento degli arsenali atomici dell’Alleanza nel vecchio Continente e la mediazione italiana si è rivelata necessaria affinché la Turchia togliesse il veto all’elezione dell’ex Primo Ministro danese Rasmussen a Segretario Generale della NATO. Una convergenza di posizioni è stata riscontrabile anche nel contesto delle Nazioni Unite attraverso il supporto al gruppo Uniting for Consensuns intenzionato a rendere più inclusivo e democratico il Consiglio di Sicurezza.

Una seconda dimensione del rapporto è data dall’appoggio italiano all’ingresso della Turchia nelle istituzioni europee. Roma si è sempre schierata a fianco di Ankara garantendo il proprio appoggio ai negoziati e ribadendo in numerose occasioni la necessità di avere un Paese dinamico e moderno come la Turchia in un’Europa che ambisca a riconquistare un maggiore specifico nello scacchiere politico internazionale.

La terza dimensione è quella dei rapporti economici e culturali che nell’ultimo decennio hanno subito una brusca accelerazione. Dal 2004 ad oggi tanto le esportazioni italiane quanto quelle turche sono quasi raddoppiate. Dopo il rallentamento del 2012, imputabile per lo più alla crisi economica, nel 2013 l’interscambio economico è tornato a crescere riportando l’Italia al quarto posto (il secondo europeo) tra i partner economici di Ankara. Le imprese italiane che investono nel mercato turco sono in constante aumento e sono state create numerose joint venture tra imprese dei due Paesi che si sono aggiudicate importanti appalti tanto in Turchia quanto in Paesi terzi mostrando come la competitività di queste imprese sia ormai di rilevanza internazionale.

Esportazioni in Turchia per settori (2012); Interscambio commerciale (2002-2012) – Fonte: SACE

Un ruolo fondamentale, inoltre, è svolto dal settore energetico che vede l’asse turco-italiano come un corridoio privilegiato per il trasporto delle abbondanti risorse del Caspio verso i sempre più affamati mercati energetici europei.

Nel settore culturale, alla ormai più che collaudata cooperazione accademica si sono affiancati numerosi progetti di recupero della comune eredità storica implementata tanto da progetti governativi quanto da enti ed istituzioni autonome (ad esempio le numerose attività svoltesi nel 2006 per celebrare i 150 anni dallo stabilimento delle relazioni diplomatiche o il convegno dal titolo “Tutte le strade portano a Roma, tutte le strade partono da Istanbul” tenutosi in occasione della recente visita di Gül in Italia).

In questa complessa rete di rapporti lo scacchiere del Mediterraneo ha rappresentato e rappresenta un’arena privilegiata in cui i due Paesi congiuntamente hanno giocato in passato, e possono giocare in futuro, un ruolo fondamentale. Un primo terreno di convergenza è stato quello dei Balcani, la cui stabilità ha rappresentato una priorità per entrambi i Paesi. L’Italia può contare su solidi legami storici con l’Albania (non per niente proprio l’Italia è stato il Paese capofila nella missione NATO “Alba”) e su importanti connessioni economiche e culturali con la Slovenia e con alcune aree della Croazia. Per converso, in quanto erede diretto dell’Impero Ottomano, la Turchia può vantare una certa influenza su tutta la regione e in particolare verso i Paesi a maggioranza musulmana come la Bosnia Erzegovina. Il risultato è stata una suddivisione dei compiti e delle responsabilità non solo nella penisola balcanica ma anche nei Paesi mediterranei del Vicino Oriente. La crisi libanese del 2006 è esemplare in tal senso: mentre da un lato l’Italia si è posta alla guida della missione di peacekeeping internazionale UNIFIL II (ruolo mantenuto sino al gennaio 2010), la Turchia ha affiancato la presenza sul terreno ad una mediazione indiretta portata avanti con il governo siriano ed israeliano.

La dimensione strategica però non esaurisce la rilevanza del Mediterraneo nel rapporto tra i due Paesi. Un ulteriore elemento è quello costituito dalla questione identitaria. Chiamato ad aprire l’ottava edizione (novembre 2011) del forum di dialogo italo-turco, l’allora Ministro degli Esteri italiano Giulio Terzi di Sant’Agata prese a prestito le parole dello storico francese Fernand Braudel secondo cui “il Mediterraneo non è uno strumento ma un destino”. La comune identità mediterranea è da sempre una delle principali argomentazioni portate avanti da Roma a sostegno della candidatura di Ankara all’Unione Europea. Nonostante la politica mediterranea, di cui Bettino Craxi è stato uno dei principali fautori, appartenga ad un passato ormai lontano, il rapporto privilegiato dell’Italia con i Paesi che si affacciano sul Mare nostrum rimane uno dei vettori imprescindibili della politica estera italiana. Se il ventennio precedente è stato caratterizzato da una progressiva marginalizzazione dell’importanza relativa del Mediterraneo tanto per l’Italia, maggiormente impegnata sul versante europeo ed atlantico, quanto per la Turchia, concentrata per lo più nell’arena mediorientale e nei rapporti con Bruxelles, lo scoppio della Primavera Araba ha bruscamente riportato il “Mare di mezzo” in cima alla lista delle priorità. Per far fronte a questa crisi Roma e Ankara hanno deciso di intensificare il dialogo e le consultazioni con il chiaro intento di porsi come un asse imprescindibile per la gestione dei conflitti e delle criticità presenti in quest’area divenuta estremamente turbolenta. In questo contesto la nomina a Ministro degli Esteri di Emma Bonino, da sempre apertamente favorevole ad un approfondimento delle relazioni col Mediterraneo in generale, e con la Turchia in particolare, aveva fornito un ulteriore impulso e aveva garantito a questo sforzo una maggiore intensità.

Quello tra Turchia e Italia è un rapporto molto spesso poco visibile ma non per questo meno profondo. Fondato su solide radici, recentemente ha ricevuto un nuovo impulso a causa di importanti sviluppi che riguardano tanto la componente strategica quanto quella identitaria. Il riemergere del Mediterraneo come arena decisiva nelle relazioni internazionali e il recente riavvicinamento di Ankara all’Unione Europea colorano questo rapporto di una tinta più accesa. Il mantenimento e il rinsaldamento dell’asse italo-turco rimangono un obiettivo strategico che entrambi i Paesi appaiono intenzionati a perseguire.

* Filippo Urbinati è Dottore in Relazioni Internazionali (Università di Bologna)

Photo credits: Presidenza della Repubblica italiana

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