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Da Mizaar

Si sta al mondo cercando di essere all’altezza delle situazioni – almeno io ci provo. Spesso mi sento a disagio perché percepisco una mia mancanza, una deficienza, però mi sforzo di provare a capire e con il ragionamento e un buon apprendimento mi succede di riuscire a fare – quando c’azzecco –  e di fare bene. Come me immagino milioni di altri esseri umani, altrettanto desiderosi di capire e fare. Un programma questo, molto pragmatico, molto vicino allo spirito che sostiene i nostri ultimi ministri dell’Università, Istruzione e Ricerca. Parlano, i ministri, di una scuola del fare, dove alla comprensione segue un concreto apprendimento che dovrebbe essere supportato dalla tecnologia imperante, della quale la maggior parte di noi non pensa di fare a meno. Almeno credo. Sì, almeno credo, perché se penso di non poter fare a meno di un computer, di internet, di uno smartphone ogni giorno, visto che con questi strumenti ci lavoro, ne sostegno l’uso anche e soprattutto a scuola, con i ragazzi – negare l’uso di computer a scuola, o di una Lim o di qualsiasi altro tramite che ti apre al mondo è come decidere scientemente di farsi murare viva, come in un feuilleton di quart’ordine. Allora se mi è necessario uso tutto quello che posso e anche di più, uso i social network, uso anche You Tube, se devo promuovere il lavoro che faccio con i miei alunni e quello che fanno loro con me e senza di me. Non credo di esagerare, non credo di minimizzare o sminuire il valore del lavoro fatto in comune, tutt’altro. E naturalmente tutto questo fare non è per rispondere ai dettami imperati del ministro di turno, tutt’altro, è per l’esigenza di capire e di provare, è per vivere conservando intatta la curiosità verso ogni cosa, per aiutarmi a vivere con i ragazzi che, come è noto, vivono l’attualità poiché è scarso il loro bagaglio pregresso e dei ricordi non sanno che farsene. E sono “ vecchia “, dato di fatto, sono vecchia per l’anagrafe, probabilmente ggiovane per il resto. E ho anche modo di stupirmi, anche se per l’età nulla dovrebbe più stupirmi, se una collega  di italiano, notevolmente più giovane – dopo che la vecchia, ha terminato un lavoro con alcune alunne della sua classe e dopo che la stessa lo ha debitamente ” pubblicizzato ” su You Tube – mi dice: Non amo usare Internet, non amo i social network, non mi sono mai connessa a You Tube, preferisco non pubblicizzare i lavori dei ragazzi, ma valorizzarli attraverso mezzi più tradizionali – mezzi tradizionali, e cosa, la solita recita ad uso e consumo dei genitori? – Perché poi si rischia, ad aprirsi all’esterno, di essere copiati da altri. Ma davero davero… come direbbe la mia amica Stelilla? E vattene, va’!


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