Tragoedia è il titolo in latino della raccolta di epilli in siciliano di Alfio Inserra.
Il titolo di per sè drammatico, è ulteriormente caricato di pregnanza semantica dall’immagine di copertina: una maschera, tipica del teatro greco-romano, che anticipa nella sua sgomenta mimica la drammaticità del contenuto, che in genere esula dalla tematica esistenziale per immergersi in quella sociale e collettiva.
A ulteriormente confermare quanto suddetto sono i titoli e le poesie proemiali delle dieci sezioni in cui si suddivide il volume, ognuna dei quali nella sua specificità, è da considerarsi un epillio all’interno del quale si inseriscono le èkphrasis descrittive ed espansive. Ciò ci consente di parlare anche di struttura poematica che attraverso il succedersi delle poesie funge da strumento formale idoneo a focalizzare la drammatica realtà storica, sociale, culturale, ecologica dei nostri tempi.
E il pazzo-savio poeta non può con amarezza non constatare l’indifferenza del pianeta terra e il mistero che avvolge tutto il creato: “E li stiddi, li stiddi \ nzoccu vonnu,\ ca ritornanu tutti a la scurata?\….\.. e puru quannu moru\ tutti si ni strafuttinu di mia\\ Ju,suli, stiddi:\ lu stessu misteriu \ pri mia,pri iddi…\ e nun ci su paroli ( Lu pazzu sanu, pag.19)”.
Ma l’amarezza non esclude la speranza che un’altra pasqua, che nuovi vespri possano far risorgere la nostra terra: “Ascuta, Diu d’amuri,,sta prijera\…\ mannami n’autra pasqua, Vespri novi!\….Ecomu fa lu suli \ all’arburata \ surgi Sicilia e canta la to luci!” (Vespri novi, pag118).
La pregnanza semantica del dialetto consente al poeta di gareggiare con artisti come Munch in pittura, Kafka e Trakl in letteratura nel rendere fortemente espressive le situazioni, le realtà, gli eventi che progressivamente ispirano la sua creatività.
Se si aggiunge il labor limae che la competenza culturale dell’autore ha praticato su ogni singolo verso, ben si comprende la soluzione stilistica raffinata, ma non aulica , che sa trovare adeguato equilibrio tra il dialetto dei grandi del passato e il dialetto parlato oggi, quale esso si è evoluto, nel contesto sociale dove il poeta vive.
Il verso è in genere libero, ma non mancano sporadicamente rime : “e s’affana \….poviru’ncanna.” ed assonanze: ”lu poviru ‘un avìa\ e limosina facìa.” (Mutti e pruverbi, pag.67) che accrescono il ritmo dei versi. La presenza di tropi, quali l’anafora: “e quannu nasci…\…\ e quannu sani...” (Diu, pag.30), l’analogia: “Ma st’arancia d’azzolu” (Terremotu, pag.71), etc… nello stesso tempo in cui raffinano lo stile, caricano di pregnanza semantica le parole.
Per concludere si può anche sostenere che la silloge è un’etopea, poiché in essa emerge l’ethos di Alfio Inserra e la sia capacità di dargli voce attraverso la sua poesia.
Written by Francesca Luzzio