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"The choice is yours. Do you want to remember or do you want to forget?"
Dopo la Cerimonia di Apertura delle Olimpiadi di Londra 2012 e l'adattamento per il teatro del Frankenstein di Mary Shelley, il ritorno di Danny Boyle dietro la macchina da presa portava con sé un considerevole bagaglio di aspettative: ideato proprio durante i preparativi per l'Opening Ceremony e arrivato alla fine di un periodo di riposo obbligato dal grande schermo(3 anni dallo splendido 127 ore) che ha rappresentato una tappa non indifferente nel percorso professionale del regista, Trance( divenuto chissà perchè In Trance nelle sale italiane) è la prova di come la predilezione per una sperimentazione visiva e narrativa ricercata attraverso ritmi psichedelici e videoclippari resti ancora un tratto distintivo della poetica di Boyle, parte di un cinema estenuante che non ha mai avuto paura di scavare nell'animo umano spingendosi pericolosamente allo stremo fra passione e allucinazione; purtroppo, per quanto la sceneggiatura di John Hodge ( vecchio compagno di baldorie sin dai tempi di Trainspotting) sia volubile e capricciosa quanto basta per incontrare il gusto pop e irriverente di Boyle, una fitta tela che fa della ossessiva ricerca del colpo di scena la sua unica ragion d'essere finisce per avvolgere la pellicola con fili tanto stretti da attorcigliarsi su sé stessa, mettendo alla prova la curiosità e l'attesa di chi guarda con un gioco di specchi grossolano e fastidioso.
Divertito dalle opportunità di un Thriller dai confini inafferrabili, Boyle gioca con lo spettatore mascherando i primi minuti iniziali con le sofisticate atmosfere del mondo delle Case D'Aste e affidandoci alle cure dei bellissimi e innocenti occhioni del Simon di James McAvoy, disposto all'apparenza a guidarci verso una riflessione sulla bellezza e la perfezione dell'arte non troppo lontana da quella già tracciata nel recente "La Migliore Offerta" di Tornatore: non dovremo però aspettare a lungo perché lo schema si ribalti catapultandoci in un universo violento dalle deliziose sfumature di un pulp anni 90', sotto gli occhi di una Londra ingannevole e infida che non esita a lavare col sangue ogni infedeltà rendendosi complice e custode di segreti inconfessabili.
Fra appartamenti patinati e squallidi parcheggi, Boyle chiude il suo film in interni costruendo un immenso e visionario labirinto, ma nell'ansia di dimostrare di avere fra le mani una confezione esplosiva inciampa in svolte tanto autocompiaciute da non poter essere perdonate invocando originalità e ambizione: la mente è ancora la scena del crimine ed evitare il parallelo con Inception di Christopher Nolan è praticamente impossibile, ma se quest'ultimo si reggeva su una struttura concepita con metodo e raziocinio e decisa a raggiungere il pubblico offrendogli poche ed essenziali regole da seguire, Trance usa le fragili pareti del subconscio di Simon per correre goffamente verso la sua destinazione finale senza alcuna cura né controllo, distraendoci clamorosamente dal cuore dell'indagine onirica e psicologica condotta sul suo instabile paziente( per i suoi deliranti risultati, alla sottoscritta ha ricordato anche di più Vanilla Sky di Cameron Crowe).
Con il dipinto di Goya "Streghe nell'Aria" eletto a scomodo testimone è un eccellente James McAvoy, deciso a scrollarsi di dosso l'immagine da romantico bravo ragazzo che l'ha accompagnato sin dagli inizi della sua carriera, a celare il riflesso di uomo malato di brutali ed erotiche ossessioni usando come giustificazione l'amore, la passione e la ricerca di un' assoluta perfezione ideale e carnale per vendere meglio la sua illusione: a nutrire i suoi desideri c'è Rosario Dawson, unica presenza femminile nel cast le cui grazie faranno senza dubbio la gioia di molti spettatori, che nonostante una performance non particolarmente memorabile riesce comunque a gestire abbastanza bene il ruolo di mantide e dominatrice a dispetto di un ruolo reso impossibile dall'insaziabilità dello script; all'altro vertice del triangolo, Vincent Cassel veste invece il solito ruolo del criminale "alla Vincent Cassel" senza particolari sforzi.
Non più violento e raccapricciante di altri lavori di Boyle, Trance è senza dubbio un ritorno stuzzicante che difende con orgoglio la propria originalità e che farà la gioia di chi attendeva con ansia il risveglio del magro panorama cinematografico estivo: onore al merito, ma il gioco è bello quando dura poco.
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