Genova - Se l'argomento omosessualità e figli è ancora un tabù, almeno in Italia, lo è maggiormente quello della cosiddetta “transgenitorialità”, che si verifica quando un genitore, uomo o donna, si trova a fare i conti con il proprio percorso di cambiamento, sessuale e fisico, dovendo anche affrontare il “pregiudizio” forse più temuto, quello dei propri figli. Di “omogenitorialità” e transgenitorialità si è parlato ieri pomeriggio allo Star Hotel President del capoluogo ligure, in un convegno organizzato nell’ambito di Transnovember, ciclo di incontri sulle tematiche trans e intersex con testimonianze, associazioni ed esperti: «C'è un dato abbastanza indicativo, cioè che l'11% dei divorzi vede come causa l'omosessualità di uno dei partner», ha spiegato ai microfoni del Secolo XIX, Fabrizio Paoletti, presidente della Rete Genitori Rainbow, associazione che aiuta e sostiene i genitori Lgbt con figli avuti da precedenti relazioni eterosessuali. Abbiamo chiesto a Egon, genitore transessuale "F to M" (s'intende la “trasformazione” da donna a uomo) e a Geraldine, che ha due figli grandi avuti dall'ex moglie prima di diventare donna, di raccontarci come hanno affrontato il loro percorso di cambiamento nel ruolo di genitore e di come i loro figli hanno gestito la nuova situazione in famiglia. Egon ha due bambini ancora piccoli e, grazie a una psicologa che l'ha aiutato nel difficile cammino, ha affrontato il loro giudizio nella maniera più naturale del mondo:
«Avevo paura che i piccoli venissero traumatizzati dal mio cambiamento, ma la realtà è che più di tutti ho faticato con me stesso: per paradosso, affrontare i miei bambini è stata la cosa più semplice».
Non si può dire lo stesso di Geraldine: con un figlio maschio di 20 anni e una femmina di 26, non ha avuto la stessa fortuna: «Mi sono sempre travestita sin da piccolina, poi ho interrotto per un periodo perché mi sentivo “normale”: ho bloccato tutto e formato una famiglia, ma quando i miei figli erano ormai grandi mi sono dovuta arrendere al cuore e non potevo più resistere». Geraldine ha lasciato la sua città d'origine per non costringere i figli a subire battutine e cattiverie: «I miei ragazzi non hanno reagito affatto bene: il maschio non vuole più saperne di me mentre la femmina, seppure con tanto sforzo, continua a mantenere il nostro rapporto: capisco che non sia difficile vedere il proprio “babbo” che diventa una donna, ma io continuo a sperare...».
Fonte: IL SECOLO XIX
Vi abbraccio Marco Michele Caserta
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