Trascendence di Wally Pfister con J Deep, Rebecca Hall, Morgan Freeman Usa, 2014 genere, fantascienza durata, 120'
Le
aspettative sono quasi sempre fuorvianti. Nel caso di "Trascendence"
diventano addirittura nefaste se consideriamo che la ragione dell'attesa
era motivata non solo dall'attualità di un argomento come quello
dell'intelligenza artificiale, da sempre comburente per pro e contro ricchi di stimoli e suggestioni, ma più che altro per la presenza
in cabina di regia di un esordiente come Wally Pfister, sodale di lunga
data di quel Christoper Nolan dei cui più recenti successi il nostro ha
curato il comparto fotografico.La storia del film riprendeva il tema faustiano dell'uomo che si fa Dio, analizzandone contraddizioni e manie d'onnipotenza. Un incipit classico che Pfister attualizza con un'ambientazione da scenario apocalittico. Dopo un breve prologo, in cui facciamo appena in tempo a vedere Johnny Deep in carne ed ossa alle prese con le discussioni intorno all'eticità della scienza e delle sue scoperte, la storia si sposta nel deserto americano di una cittadina che assomiglia alla Alamogordo delle sperimentazioni nucleari di Oppenheimer. Resuscitato dai morti grazie ai servigi della propria innamorata che lo trasforma in un ologramma cibernetico, l'ex pirata dei caraibi si cala nello spirito e nei pixel di una divinità analogica, capace di compiere qualsiasi tipo di "miracolo" in virtù del suo essere parte integrante dei circuiti informatici. Ovviamente ogni potere ha il suo contraltare e quello del protagonista sfocia in una controllo totale ed invasivo che assomiglia al grande fratello Orwelliano.
Se
la mancanza di una sceneggiatura almeno plausibile non consente a
Pfister di uscire al di fuori dello stereotipo, "Trascendence" risulta
addirittura innoffensivo sul piano dello spettacolo per la mancanza di
empatia dei personaggi (su tutti lo spento Deep ma anche la brava
Rebecca Hall, condizionata da un personaggio troppo ingenuo per essere
verosimile) e per ultimo, ma nel caso del regista sarebbe in cima alla
lista, da un impianto visivo piatto e confuso, che neanche per un
momento riesce ad essere visionario ed immaginifico. Il livello potrebbe
essere quello di un qualunque telefilm, ma ora che la serialità
televisiva è diventata arte, "Trascendence" rischia una catalogazione
talmente poco dignitosa che preferiamo evitare altri aggettivi.






