“La privacy è ormai diventata una moneta”: lo sostiene Damien Patton (Ceo e fondatore di Banjo) in un suo intervento sull’Huffington Post. Lo scambio è tra la quantità di informazioni che siamo disposti a dare sui di noi (dati personali, posizione geolocalizzata e tutto ciò che condividiamo in rete) e i vantaggi che possiamo ottenere concedendole.
Patton cita anche una indagine Nielsen che dimostra che negli ultimi due anni più del 70% dei consumatori si sono detti preoccupati riguardo alla condivisione di dati personali e più del 50% ha dichiarato di essere molto prudente quando si tratta di condividere la propria posizione sullo smartphone.
Ma è sufficiente essere prudenti? Profili sempre più dettagliati, ogni giorno nuove applicazioni per i nostri telefoni, social network e servizi di ogni tipo. Ora ci si mettono anche i videogiochi: nelle condizioni di utilizzo del servizio Live per il nuovo Kinect di Microsoft è scritto nero su bianco che “l’utente non dovrà aspettarsi alcun livello di protezione dei dati personali che riguardano l’utilizzo delle funzionalità di comunicazione dal vivo offerte tramite il Servizio Xbox LIVE”. L’occhio della console potrà osservare e registrare tutto.
L’ultimo allarme in tema di privacy arriva dagli Stati Uniti e riguarda lo shopping: alcune catene di negozi hanno iniziato a sperimentare tecnologie per analizzare gli spostamenti dei clienti all’interno degli spazi di vendita, utilizzando i segnali wi-fi inviati dagli smartphone. Ci sono poi i negozi che usano il riconoscimento facciale per valutare il grado di soddisfazione dei clienti quando arrivano alla cassa. O ancora chi combina il riconoscimento facciale con il profilo Facebook per offrire sconti personalizzati. E alcuni consumatori sembrano ben felici di essere controllati se in cambio ricevono offerte dedicate.
Questa ideologia della trasparenza totale, che è il pensiero alla base di Facebook, è davvero il nostro futuro? Non bisogna dimenticare che i dati personali vengono raccolti per indicizzare profili dettagliati da rivendere agli inserzionisti.
Viene in mente una riflessione provocatoria dello scrittore Ermanno Cavazzoni, apparsa sul Sole 24 Ore: “c’è una via di fuga dalla rete? L’elettronica ha dei vantaggi indubbi, non ne discuto. Ma è sempre più difficile la possibilità di ritirarsi dal mondo, far l’eremita.” Ecco: forse non c’è bisogno di ritirarsi dal mondo, ma la tutela della privacy è ogni giorno più importante.