Il mio primo libro usato è stato un libro universitario che ti dava l’impressione di aver preso l’LSD. Il proprietario aveva usato la matita, il secondo una penna, il terzo la penna blu, il quarto l’evidenziatore giallo. Poi c’era stato l’evidenziatore rosa e quello verde. Qualcuno aveva cambiato prospettiva con le righe di lato e un altro aveva usato parentesi quadre giganti. Ho comprato il libro di fretta, senza guardare l’interno, e a casa ho maledetto tutti. Perché non avevano preso una gomma e pulito le pagine? L’unico bisturi che può toccare la pagina stampata è la matita, pensavo, e forse per la narrativa anche la matita è troppo. Sarebbe come operare un paziente sano.
Oggi i miei libri sono pieni di orecchie. Ci scrivo sopra, li piego, li segno, li strappo, li porto nello zaino come farei con una maglietta sporca. A volte li lascio piegati come una tenda indiana fino a farli diventare ventagli.
Perché oggi rispetto le idee che sono nei libri, non i libri.






