Tre anni fa la mia terra tremava come una ossessa, e noi sopra a tremare con lei. Ma abbiamo tenuto botta. Era di notte, e ancora non mi ero reso conto di quello che era successo e non immaginavo, nessuno immaginava che sarebbe successo ancora qualche giorno dopo. Il cuore batteva a mille e la testa era poco lucida. Stanotte è stato impossibile addormentarsi senza ripensare a quei giorni dove anche il rumore di un’auto che passava ti faceva saltare il cuore in gola. A quelle notti passate in tenda nel giardino a convicersi che in fondo bastava immaginare che fosse come un campeggio, ma si, una cosa diversa, però poi non potevi fare a meno di pensare che a una manciata di chilometri in linea d’aria c’erano paesini che erano venuti giù e sotto c’era gente. E la terra sotto continuava, a volte forte a volte meno, ma la sentivi ringhiare, 1, 2, 3, 100 volte al giorno. Non finiva più, e tu lo gridavi pure esasperato, lo facevamo tutti maledicendo la nostra terra che poi noi ci vogliamo pure un gran bene, perché ci ha sempre coccolato, ma lo stesso le gridavamo contro: ti prego, ora basta, torna a dormire, che così possiamo chiudere gli occhi anche noi, per cinque minuti.. E ad un certo punto per un secondo sembrava anche che ci avesse ascoltato. Fino al 29 maggio, quando di nuovo ha urlato, prepotente, e di nuovo 1, 2, 3, 100 volte al giorno, per settimane. Che alla fine tieni botta per tieni botta noi si è abituati che se c’è da fare si deve fare cascasse il mondo e allora con un orecchio vigile un po’ alla volta si è tornati a coricarci e poi a contare i mattoni e a impilarli col cemento per ritirare su quei muri che su non erano rimasti, un poco alla volta ma a passo deciso. E dopo, passata qualche settimana quando sentivi una scossetta non pensavi quasi più oddio, ma ti veniva solo da tirar fuori un Mo va a cagher, come quello che dici al Chiwawa che ti sbraita contro facendosi grosso e che tu sai benissimo che con un calcio lo spedisci a Timbuctù.
Alla fine siamo tornati tutti a dormire, perché poi ad una certa ragass, non è mica che puoi tirar le 5 di mattina tutti i giorni perché il vicino fa casino. E c’erano i capannoni del parmiggiano da ricostruire, le casa da mettere in sicurezza, e poi le viti da seguire, che ci mancava solo che poi a settembre non si tirava su il lambrusco che allora si che l’eravamo bell’e appost. Non scherziamo.
E così è andata, tenendo botta. Fino ad oggi.