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Tutto vero , per carità: poi nell'anno appena trascorso ti esce un film come La grande bellezza che sta mietendo premi ovunque ( è di ieri la notizia che ha vinto un premio come miglior film ai premi annuali della televisione britannica , i BAFTA, praticamente un ulteriore investitura per la prossima notte degli Oscar), ti esce il film che ha incassato di più in tutta la stora del cinema italiano ( Sole a catinelle, oltre 50 milioni di euro di incasso, salutato ovunque nel consumato stivale italico come il salvatore di capra e cavoli cinematografici) ed escono tante operine piccole, graziose, anche riuscite che però da sole non riusciranno mai a fare la primavera del cinema italiano.
Perchè per ogni commedia italica pianificata per incassare , un giovine autore muore artisticamente perchè impossibilitato ad accedere a quegli aiutini che gli permetterebbero di realizzare senza problemi il suo film.
E anche se riesce ad ultimare il suo film rigorosamente no budget ( perchè qui ormai anche fare film low budget è una chimera irraggiungibile, un lusso per pochi) sarà visto solo dai soliti quattro gatti nel solito festival cinematografico condominiale.
Hai voglia a dare il credito di imposta: lo puoi sfruttare solo se il film esce nelle sale , se non riesci a distribuirlo che te ne fai?
Il risultato è che di queste agevolazioni, indubbiamente importanti usufruiranno sempre e solo i clienti abituali del cinema panettonizio e relativi epigoni.
Oggi mi viene di parlare di tre diverse commedie italiane uscite negli ultimi tempi.
Partiamo da quella più importante:
SOLE A CATINELLE ( di Gennaro Nunziante ): questo film col fenomeno mediatico Checco Zalone è
stato il salvatore dell'ultima stagione cinematografica italiana: ci ha fatto andare in attivo rispetto all'anno scorso però francamente esagera chi dice , solo guardando gli incassi totali, che il nostro cinema è rinato.
Sole a catinelle è una flebo di zuccheri a un moribondo o meglio a un paziente in estrema difficoltà, aiuta ,coadiuva nella terapia ma da sola non riesce a risolvere il problema.
Ma come è 'sto film?
E' un classico Zalone, con la sua comicità fintotrasgressiva, i suoi strafalcioni verbali che fanno sempre ridere, il suo sguardo disincantato verso un mondo in cui ormai non c'è più niente di scontato , dall'orientamento politico a quello sessuale.
Trovo irresistibile Checco Zalone, mi sono divertito come un matto al suo Cado tra le nubi ( nonostante la sua pochezza cinematografica ), si è confermato ma un po' al ribasso con Che bella giornata ( ma le sequenze con Caparezza alla festa del paese valgono da sole il prezzo del biglietto ), cerca di essere un po' ambizioso in questo suo terzo film ma sembra che vada avanti col freno a mano tirato.
La satira si fa ma non su tutti ( perchè mancano i politici mentre ci sono i banchieri e gli intrallazzatori vari che sono legati a doppio filo col mondo della politica?), l'espediente del viaggio con papà suona come già visto e il ritratto che ne esce di questa italietta non ha la cattiveria che uno si aspetterebbe.
Probabilmente l'edulcorazione del fenomeno Zalone è il prezzo da pagare per incassare questo mare di soldi. L'impressione è che Checco funzioni molto meglio sul piccolo schermo dove è a briglie sciolte, che su grande schermo quasi venga smorzata la sua verve, disinnescata la sua comicità sboccata e irriverente per creare un qualcosa che sia il più nazional popolare e universale possibile.
Si ride ma si ha come la sensazione che si poteva ridere di più e meglio.( voto 5 / 10 )
ASPIRANTE VEDOVO ( di Massimo Venier ) La commedia italica odierna diventa veramente deleteria, molesta e fastidiosa quando cerca di rifare piccoli capolavori del passato. Aspirante vedovo è il remake ( ma forse insulto alla memoria rende meglio l'idea ) di quel piccolo capolavoro di perfidia targato Dini Risi che è Il vedovo, anno di grazia 1959, in cui davano eccellente prova di sè due autentici mostri sacri come Alberto Sordi e Franca Valeri.
Luciana Littizzetto ( mi è simpatica ma anche lei funziona molto meglio in televisione che al cinema) non è in grado di surrogare in alcun modo Franca Valeri e poi meglio non parlare di Fabio De Luigi che esce letteralmente frantumato dal confronto con Alberto Sordi, un qualcosa di improponibile.
Come è improponibile il film che cerca di aggiornare i bersagli degli strali del sarcasmo di cui era ricco Il vedovo, una pellicola che è consigliabile recuperare al posto di vedere questa schifezza che è una copia sbiadita e malfatta che fallisce miseramente su tutta la linea.
Non si ride verde come faceva fare l'originale, non si ride nemmeno e neanche si sorride.
Eppure i sordidi distributori italici una schifezza del genere la fanno uscire in pompa magna e incassa anche più di 4 milioni di euro, sicuramente al di sotto delle attese , ma che cosa pretendevano?
Non si toccano i mostri sacri, era impossibile mettere mano a un congegno ad orologeria perfetto come il film di Risi, uno che la commedia la sapeva veramente fare a differenza di questi presuntuosi incapaci.
Era puro sacrilegio il solo pensarlo. Eppure Massimo Venier e la sua combriccola hanno osato anche questo. Vergogna su di loro . ( voto 2 / 10 ) .
UNA PICCOLA IMPRESA MERIDIONALE ( di Rocco Papaleo ) Basilicata coast to coast era stato, a suo modo, una piccola sorpresa. Un road movie raffazzonato eppure trascinante, ondivago, un po' come quei piatti brutti a vederli, dei veri e propri mappazzoni, che però ti lasciano un sapore buono in bocca, al di là delle aspettative.
Papaleo con questo suo ultimo film si misura con un'ambizione maggiore.La storia del prete spretato che viene mandato in esilio dalla madre in un faro di loro proprietà e l'allegra brigata che raccoglie attorno a sè ( una congrega di impresentabili agli occhi del paese che è piccolo e si sa che la gente mormora) formata da una sorella lesbica, da un ex prostituta romantica e danarosa( l'ennesima figura di puttana dal cuore d'oro ), da un cognato cornuto, da una ditta di ristrutturazione fatta da ex circensi a cui poi si unisce la vecchia matrona che più o meno si abitua a come vanno le cose , riesce a farsi empatizzare, crea simpatia.
Una piccola impresa meridionale è una specie di road movie da fermo in cui i vari personaggi, tutti ex in qualcosa , sono dei randagi che dopo tanto vagare hanno finalmente trovato casa.
Bella compagnia di attori ( anche Scamarcio funziona, non posso neanche credere di averlo detto ) per un film piccolo piccolo ma gentile, semplice ma non banale o sciocco, che non usa la volgarità come grimaldello per arrivare alla risata facile e sguaiata.
Insomma niente che stravolgerà pensieri o classifiche di fine anno, ma qualcosa che lascia buone sensazioni, considerate le aspettative bassine. E ha incassato anche discretamente ( circa 3,6 milioni di euro) tenuto
conto del periodo in cui è uscito, appena un paio di settimane prima dello tsunami Zalone ( Voto 6 + / 10 ).
Speriamo solo che il 2014 porti una nuova voglia di investire nel cinema e nella fiction italiana ( anche quella non all'altezza, sembra quasi che sia fatta per un pubblico da cinepanettone, tutto semplificato al massimo , quasi uno sgarbo all'intelligenza di chi ha la sventura di guardarla).
Le prospettive non sono rosee: da noi si preferisce investire nel calcio piuttosto che in altri settori e anche il cinema ne risente , di fatto ridotto a discorso imprenditoriale in cui nessuno ha voglia di rischiare capitali.
E poi vedi che la televisione svedese e quella danese investono 80 milioni di euro per una serie di 10 puntate.
Quindi 8 milioni a puntata, facendo i conti della serva. Molto più del budget di qualsiasi produzione italiana, cinematografica o televisiva.
Si chiama Bron/Broen , ne hanno già fatto un paio di remake, ne parleremo prossimamente e già preannuncio è bellissima.
Perchè loro , che sono quattro gatti, possono farlo e noi no?
Ma che cosa c'è che non va in noi?
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