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Tre modi per riempire una pagina bianca

Creato il 19 giugno 2015 da Rivista Fralerighe @RivFralerighe

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Penso che ci siano tre modi in cui gli scrittori per l’infanzia possono affrontare il proprio lavoro; due buoni e uno che di solito si rivela cattivo.

[C. S. Lewis]

È difficile far capire agli altri quanto sia complesso scrivere una storia. Forse perché non esiste “un” modo giusto.
Un autore conosce un metodo del tutto personale per buttare giù le prime pagine, metodo che per un altro scrittore potrebbe essere inefficace. Eppure, se per certi versi non esiste la tecnica giusta di scrivere fantasy, credo di conoscere i tre modi peggiori di iniziare a scrivere. Come potrete notare, mi sono ispirata al saggio di C. S. Lewis, “Tre modi di scrivere per l’infanzia”, che ho letto nell’edizione completa della saga di Narnia, curata dalla casa editrice Mondadori. L’autore racconta le esperienze vissute con due testimoni involontari, che lo hanno portato a capire quale sia il modo “cattivo” di scrivere per l’infanzia. O di scrivere, in generale.

“La prima è una signora che mi ha inviato il manoscritto di un racconto in cui una fata mette a disposizione di un bambino un congegno meraviglioso” scrive Lewis, e continua con la sua spiegazione; “Dico congegno perché non si tratta di un anello magico, di un mantello o un altro oggetto tradizionale; è una macchina dotata di leve e pulsanti che bisogna premere. Ne premi uno e ottieni un gelato, un altro e appare un cucciolo, eccetera. Ho detto all’autrice, in tutta sincerità, che questo genere di cose non m’interessa. “Neanche a me” ha ammesso la signora “anzi mi irrita, ma è quello che vogliono i bambini moderni.”

L’autore racconta la sua seconda esperienza che ha come protagonista un padre di famiglia, il quale ha puntualizzato di aver capito perché Lewis avesse deciso di descrivere dettagliatamente l’incontro fra Lucy e il fauno Tumnus, fra tè e biscotti; perché ai bambini piacciono le ghiottonerie e quindi avrebbe fatto piacere a qualsiasi bambino leggere cose simili. In poche parole, lo scrittore deve dare al lettore ciò che vuole se desidera vendere e diventare famoso. Scrivere fantasy, secondo il pensiero comune, significa scrivere per ragazzi. La questione è ben diversa; eppure ci sono sempre più scrittori che si dedicano al fantasy perché va di moda o perché sembra che sia molto più facile rispetto ad altri generi.

Narnia

Arriviamo al primo modo usato da molti per riempire una pagina o, in casi estremi, per completare un manoscritto: sentirsi sicuri di riuscire a realizzare un’opera che avrà successo, nonostante la scrittura non sia una vera e propria passione, perché “se può farlo tizio, posso farlo anch’io”. Il primo punto, dunque, riguarda gli autori che, prima di decidere di cimentarsi in quest’arte per soddisfare l’ego, non avevano mai avuto l’esigenza di scrivere neppure una pagina di un qualsivoglia diario segreto. Si pensa che per pubblicare ci voglia fortuna e nient’altro; la fortuna in parte ha il suo peso, ma dubito che un editore possa prendere in considerazione un manoscritto pieno di errori grammaticali, anche nel caso in cui la storia sia interessante. Bisogna coltivare la propria passione con costanza e grande forza d’animo. La Rowling ha girato un’infinità di agenti letterari e case editrici, dopo aver impiegato alcuni anni a progettare l’intera saga di Harry Potter, prima di arrivare alla pubblicazione del primo volume.

Il secondo modo di cui gli autori usufruiscono è il voler paragonare la propria storia a un libro di gran lunga più amato e famoso per attirare l’attenzione, rischiando addirittura di inimicarsi i lettori. Talvolta si finisce anche per scrivere una storia quasi del tutto simile ad un’altra che contiene nomi diversi. Giusto quel che basta per sviare. Di per sé, è difficile realizzare trame del tutto fresche ai giorni nostri, scrivere qualcosa che possa essere originale, perché siamo cresciuti in un’epoca piena di stimoli artistici di qualsiasi tipo. E a volte si rischia di parlare di una storia in parte già sentita senza volerlo; l’unica cosa da fare in questi casi è immaginare quel che si vorrebbe leggere, anche se quella stessa storia ad alcuni potrebbe risultare scontata. Bisogna lasciare un’impronta “originale” all’interno del manoscritto che identifichi il proprio stile. Paragonare il proprio romanzo ad un altro ben più noto nel genere o paragonare se stessi ad un autore straniero famoso è doppiamente pericoloso per la propria creatività perché si rischia di rimanere per sempre nell’ombra di una figura ben più grande.

Terzo ed ultimo modo per cominciare a scrivere – che non dovrebbe mai essere preso in considerazione – è ricercare di proposito gli argomenti che potrebbero interessare i lettori solo per vendere. E con quest’ultimo punto ritorniamo al discorso iniziale, legato all’esempio fatto da C. S. Lewis. Tutto questo accade anche per una ragione, sfiorata perfino dal celebre autore de Le cronache di Narnia: il fatto di voler capire a tutti i costi cosa fa di un romanzo un capolavoro. Cercare la “ricetta segreta” del successo o semplicemente dare una spiegazione a tutto questo. Perché in fin dei conti si tratta di un libro e tutti possono scriverne uno, in teoria. E se i lettori sono ragazzi, allora tutto è reso davvero semplice; questo è il pensiero di molti, moltissimi. Già.
Chiunque può essere uno scrittore coscienzioso, se questa passione di raccontare esiste davvero; che nasca a cinquanta o a dieci anni, poco importa. Deve esserci il desiderio di raccontare, raccontarsi. Nessuno può prevedere quale sarà il prossimo best seller mondiale. Non si deve badare a cose come la ricetta segreta del successo. Sarebbe troppo facile per tutti, altrimenti, se esistesse davvero un qualcosa in grado di rendere una storia un best seller immediato.

CS lewis

“Scrivo quello che mi sarebbe piaciuto trovare nei libri quando ero ragazzo e quello che mi piace leggere ancora adesso, a cinquant’anni.” Scrive Lewis nel suo saggio e continua affermando le seguenti parole: “Tanto la signora del primo esempio che il padre di famiglia del secondo vedono la scrittura per l’infanzia come un caso particolare del “dare al pubblico quello che vuole”. I ragazzi sono un pubblico speciale, è chiaro, per cui bisogna scoprire quello che vogliono e darglielo, anche se a noi non interessa.”
Non esiste un modo giusto di iniziare a scrivere e non esiste un pubblico facile da convincere, esiste solo una ragione indescrivibile, che alla fine è uguale per tutti coloro che vogliono davvero scrivere; si scrive per emozionarsi ancora una volta, per interrogarsi su ciò che accade ogni giorno, come quando si era bambini. Si scrive per comprendersi, anche se lo si fa tramite la figura di un elfo o di un drago. Non credo che esista una regola per trovare l’ispirazione perché essa non è un prodotto, non vi è una scadenza. Chi ama scrivere si arma anche di pazienza. Non smette di sognare ad occhi aperti e cerca di aspettare il momento opportuno per mettere nero su bianco la storia che ha atteso per tutta una vita.
Che gli porti fortuna o meno, rimarrà sempre la storia che stava davvero cercando.

Laura Buffa



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