In cammino fra spiagge, mare cristallino e foreste pluviali in Nuova Zelanda
Mentre saliamo sulla barca che ci porterà fuori dal parco dopo due giorni di cammino provo un po’ di dispiacere. Fino a pochi attimi prima la aspettavamo con ansia. Ansiosi quanto si può essere seduti su una lunga, splendida spiaggia davanti a un mare turchese, certo. Ma mentre salgo sul water taxi è come se un piccolo sogno andasse in frantumi, anche se abbiamo percorso due terzi del sentiero e nel tratto più bello, anche se avremmo potuto solo ritardare di poco questo momento. È come se rivedessi tutti i ricordi per terra davanti a me, come fotografie sparse. Ci sono i colori e le immagini: tutte le sfumature del verde e del blu, l’acqua che brilla sotto un luminoso sole invernale. E poi il cielo ricoperto da un manto di stelle sconosciute, che osservo dal mio sacco a pelo attraverso una finestrella del rifugio. Quando ci ripenso mi confondo, mi vedo uscire da quel bozzolo caldo e aprire la porta per immergermi in quel buio e farmi trascinare lo sguardo e l’anima verso l’alto. E invece no, è stato da un’altra parte, mi sto sbagliando, è un falso ricordo. Non ho sfidato il freddo, non ho voluto rischiare di svegliare chi dormiva profondamente e sono rimasto nel sacco a pelo. Mi sono riaddormentato davanti a quel rettangolo di stelle.
La barca a riva (foto di Patrick Colgan, 2015)
E poi fra i ricordi ci sono i suoni: il canto stranissimo degli uccelli di questa parte di mondo, così bizzarri che nemmeno riesco a ricordarli, e ancora lo sciabordìo delle onde e il ronzio delle barche che seguono la costa. Proprio come quella che ci sta riportando velocemente a Marahau, da dove eravamo partiti.
Abel Tasman National Park (foto di Patrick Colgan, 2015)
Abel Tasman National Park – clicca per ingrandire il panorama (foto di Patrick Colgan, 2015)
Mi permetto di far notare che era inverno!
Abel Tasman Coast Track (foto di Patrick Colgan, 2015)
Split apple rock – Abel Tasman National Park (foto di Patrick Colgan, 2015)
Il sentiero lungo la costa
L’Abel Tasman Coast track è un sentiero di 54 chilometri lungo la costa settentrionale dell’Isola Sud della Nuova Zelanda: sale e scende dolcemente fra spiagge, torrenti, insenature, ponti sospesi, intricate foreste pluviali di palme, felci e pini. Lo abbiamo scelto perché si può fare tutto l’anno: il clima è mite, piove poco e non c’è rischio neve, nemmeno ora che siamo alla fine dell’inverno neozelandese (metà settembre). C’è anche poca gente in giro, in questi giorni, e restiamo soli per ore. C’è silenzio, ci sono meno persone, meno barche. Ma camminare d’inverno, qui, significa anche che il mare cristallino che ci accompagna, che riempie i nostri occhi, è troppo freddo per un tuffo, e che sulle spiagge bianchissime resteremo con la giacca, ad assaporare il tepore di un sole brillante, ma ancora debole. Qui, d’estate, è tutto diverso, ci hanno raccontato: C’è tantissima gente e il sentiero — che se si è allenati e senza troppo peso sulle spalle si può fare anche in due/tre giorni — si allunga perché più che a camminare le giornate si passano nell’acqua tiepida per una nuotata o a rilassarsi in spiaggia e si accorciano i tratti di sentiero da 15/30 chilometri a 8 o 10. Molti, abbiamo letto su una guida, fanno il sentiero in infradito.
Il tracciato, più o meno (fatto con scribblemaps.com)
Abel Tasman Coast Track
(foto di Patrick Colgan, 2015)
La notte in rifugio
Il rifugio di Bark Bay (foto di Patrick Colgan, 2015)
Sul sentiero ci si deve preoccupare solo una cosa, delle maree. Questa costa ha le maree più potenti della Nuova Zelanda (fino a 5,2 metri) e arrivare al momento sbagliato in alcuni punti del tracciato può obbligare a lunghe deviazioni o impedire il passaggio per molte ore. Ora c’è la bassa marea, ma dobbiamo comunque immergerci fino al ginocchio nell’acqua per raggiungere il rifugio di Bark Bay che vediamo al di là di un’insenatura sabbiosa. Abbiamo prenotato per tempo due dei 34 letti e ci siamo preparati per passarci la notte. Sulle spalle abbiamo legato in qualche modo agli zaini gli scomodi ed enormi sacchi a pelo che abbiamo noleggiato alla partenza. E poi abbiamo fornelletto, gas, cibo liofilizzato, una piccola torcia elettrica e due candele. Il rifugio è grande e davvero molto bello, ma questi posti li fanno le persone. Quando arriviamo c’è solo una famiglia — padre, madre e figlia organizzatissimi— che stanno accendendo la piccola stufa a legna. Sono di poche parole, ai limiti della scontrosità. Presto però il rifugio si popola dei camminatori che arrivano alla spicciolata, alcuni davvero stremati dagli zaini esageratamente grandi che si sono portati dietro: sono backpackers che fanno questo sentiero e si sono portati dietro tutto. Entra a prendere della legna anche un operaio che alloggia in una casetta qui vicino e da alcuni mesi sta lavorando sul sentiero, è venuto a prendere della legna: “Sì, stiamo lontani da casa a lungo. Ma quando mi sveglio — racconta — e guardo fuori dalla finestra penso wow, c’è un posto migliore in cui lavorare?”.
Presto l’atmosfera si illumina con le candele e i piccoli led del rifugio e si riscalda con le chiacchiere, le risate e gli accenti di varie parti del mondo. Un piccolo punto caldo, rumoroso e luminoso circondato da buio e silenzio.
L’alba dal rifugio di Bark Bay
Abel Tasman National Park (foto di Patrick Colgan, 2015)
Informazioni pratiche
- Il sentiero. Il trekking nell’Abel Tasman National Park è adatto a tutti e non prevede particolari difficoltà né dislivelli elevati. Anche se le salite ci sono, non sono mai particolarmente dure. Il parco è vicino a Nelson, sulla costa settentrionale dell’isola del sud. Il sentiero è di circa 54 chilometri e va da Marahau, a sud, a Totaranui (anche se c’è un rifugio pure più su), che sono gli unici punti collegati con la strada e serviti da bus. Un’altra buona base — più attrezzata, con bar e caffè aperti tutto l’anno, a differenza di Marahau — è anche la vicina, bella Kaiteriteri. Tutto l’anno la costa è percorsa più volte al giorno dalle imbarcazioni di diverse compagnie, la più popolare e frequente delle quali è la Marahau water taxis (circa 35 a 47$ a tratta a persona) che fa numerose fermate lungo il sentiero in corrispondenza di rifugi, campeggi e aree d’interesse. Ci sono anche barche che partono da Kaiteriteri. I passaggi andrebbero prenotati, ma specie in bassa stagione le barche possono prese anche ‘al volo’ se vi fate trovare al punto di attracco all’orario previsto dalle tabelle.
Le fortissime maree rendono impossibili i moli. La barche a Marahau vengono messe in mare (e recuperate), da trattori
Abel Tasman national park (foto di Patrick Colgan, 2015)
- Non solo a piedi. Qui molti scelgono anche il kayak e lo alternano al trekking che si può completare in due/tre giorni ma che tanti in alta stagione scelgono di allungare anche a una settimana.
- Provviste e alloggi. A Marahau all’Abel Tasman information centre si possono prenotare le barche, noleggiare sacchi a pelo e fornelletto da campeggio e acquistare gas, cibo e generi di prima necessità. I rifugi (32$ a notte) sono dotati di acqua potabile, letti con materassino e con piccole stufe nelle stanze comuni (non contateci troppo): vanno prenotati con un certo anticipo sul sito ufficiale delle Great Walks, i nove migliori sentieri della Nuova Zelanda e così anche i campeggi. Da qualche parte potreste leggere di un Great Walks pass necessario per fare il sentiero: si tratta semplicemente della prenotazione.
Ma i rifugi non sono l’unica possibilità. In alta stagione (dal primo ottobre a fine aprile) sono aperti anche l’Awaroa lodge, su una delle spiagge più belle in assoluto, e l’Aqua packers, una sorta di ostello ospitato in una barca all’altezza di Anchorage bay (75$ con cena compresa). Propone anche un cottage sulla terra ferma.
Abel Tasman Coast Track (foto di Patrick Colgan, 2015)
Equipaggiamento per il trekking
Sacco a pelo, fornelletto a gas (non ci sono cucine), acqua (potabile solo ai rifugi, non nei campeggi dove va bollita), torcia elettrica e/o candele. Dopo Marahau non c’è cibo sul percorso, tranne che al caffè dell’Awaroa lodge, chiuso però da fine aprile a inizio ottobre. Gli scarponi non sono necessari e sicuramente troppo caldi d’estate, bastano scarpe più leggere. Coprirsi bene d’inverno: la notte è freddo.