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Trekking sul Circuito dell’Annapurna: Un Itinerario

Creato il 06 novembre 2014 da Angelozinna

Trekking sul Circuito dell’Annapurna: Un Itinerario

Tra i grandi trekking nepalesi il Circuito dell’Annapurna è senza dubbio uno dei più popolari. Questo potrebbe far storcere il naso a qualcuno, ma se migliaia di persone decidono di intraprendere questo cammino di oltre due settimane un motivo c’è. Il tracciato passa un paesaggio che si trasforma giorno dopo giorno, circondando il massiccio dell’Annapurna e offrendo alcuni degli scorci migliori di tutto l’Himalaya. Si viaggia su profondissime gole di roccia, si cammina attraverso verdi foreste di pini, si salutano minuscoli villaggi tibetani e poi si arriva al passo, il Thorong La, dove ci si sente di aver raggiunto il tetto del mondo. Scendendo si taglia un angolo di Mustang, in cui le case dell’isolata popolazione locale sembrano essere parte dell’ambiente stesso, scendendo fino alle acque termali di Tatopani per salire ancora fino a Ghorepani e quindi Poon Hill, da dove il circuito si conclude arrivando a Nayapul.

Molti sono gli itinerari disponibili e oggi, con la costruzione di una strada che sale e scende da entrambi i lati del massiccio, si possono, volendo, accorciare di molto i tempi. Ma che senso avrebbe?

Giorno I – Da Kathmandu a Syenge

L’inizio ufficiale del Circuito dell’Annapurna sarebbe a Besi Shahar, che si raggiunge percorrendo una strada scassata in minbus pubblico da Kathmandu, in mezza giornata. Da qualche anno però una strada per le jeep è stata costruita e consente di saltare diverse tappe in macchina, raggiungendo addirittura Chame e in alcuni mesi dell’anno perfino Manang, ben oltre i 3.000 metri. I viaggi in jeep su queste strade non sono piacevoli, né sicuri, ma in molti oggi li preferiscono a giorni di cammino. Arrivati a Besi Shahar, l’idea migliore è cercare di prendere una jeep per Syenge, saltando solo un giorno/un giorno e mezzo a piedi. Non per pigrizia, ma piuttosto perché la parte iniziale e più bassa del Circuito oggi ospita grandi cantieri cinesi e lavori in corso lungo la strada, rendendo questa tratta non particolarmente scenica.

Giorno II – Da Syenge a Dharapani

da 1.100m a 1.860m

Il primo vero e proprio giorno di cammino è già una bella sudata, con una salita che copre più di 700 metri di elevazione. La maggior parte degli itinerari consiglieranno di fermarsi a Tal, ma anche per i meno allenati partendo verso le 7 da Syenge si finirà per essere a Tal all’ora di pranzo. Tal è un bel villaggio circondato di verde, ma per chi vuole ha voglia di proseguire la minuscola Dharapani è ad altre due ore di distanza.

Giorno III – Da Dharapani a Chame

da 1.860m a 2.670m

Sulla mappa non sembra troppa la distanza da Dharapani a Chame, ma basta guardare le altezze per capire che anche questo è un giorno tosto. Si cammina sulla strada percorribile dalle jeep, ma se si è sfortunati si vedranno al massimo un paio di mezzi in tutta la giornata. Chame è il principale villaggio della regione, questo è un buon posto per fermarsi per una doccia, acquistare qualche provvista e anche qualche indumento se ci si accorge di aver dimenticato qualcosa. Le prime stupende viste sulle vette innevate renderanno meno faticosa la salita.

Giorno IV – Da Chame a Lower Pisang

da 2.670m a 3.200m

Si sale meno, ma si comincia ad essere ad altezze serie. Avvicinandosi ai tremila metri comincia a farsi sentire il freddo, ma in compenso dopo due giorni intensi si comincia a prendere il ritmo nelle gambe. Il percorso migliora continuamente fino alla piccola Lower Pisang, divisa da un fiume dalla poco più alta e più caratteristica Upper Pisang.

Giorno V – Da Lower Pisang a Bhraka via Upper Pisang

da 3.200m a 3.670m e poi 3.360m

Da questo punto ci sono due alternative per arrivare a Manang: la via facile, dritta, che passa da Humde, un villaggio in cui si trova un minuscolo aeroporto, oppure la via difficile, che prima di arrivare a Manang sale fino a Ghyaru passando da Upper Pisang. Per farla breve: la strada difficile è meglio. Salire a quasi 3.700m per poi scendere a 3.400 fa bene per adattarsi all’altitudine, ma il vero motivo per cui si passa di qui sono le viste da Ghyaru, tra le migliori da tutto il Circuito. Il percorso da questa parte è lungo e inizialmente ripido, quindi a seconda dell’ora si può scegliere di fermarsi poco prima di Manang, a Bhraka.

Giorno VI – Da Bhraka a Manang

da 3.360m a 3.540m

Questo è il giorno di riposo, in cui è necessario fermarsi per permettere al corpo di adattarsi all’altitudine. Bhraka è un buon punto di sosta, in quanto qui si trova un monastero e alcune camminate da poter fare in giornata. Altrimenti si può fare la passeggiata di circa mezz’ora fino a Manang, il più grande villaggio in cui si trovano pasticcerie, alcuni negozi e perfino un cinema casalingo. A pochi passi da Manang si trova il Gangapurna Tal, il lago che riimane ghiacciato in buona parte dell’anno, che vale una visita per impiegare la giornata.

Giorno VII – Da Manang a Ledar

da 3.540m a 4.200m

Da qui in poi bisogna abituarsi a camminare con la neve e all’aria più sottile che oltre i quattromila diventa difficile respirare. Gli yak fanno compagnia durante la salita e il camino diventa una necessità più che mai all’arrivo della guesthouse.

Giorno VIII – Da Ledar a High Camp

da 4.200m a 4.950m

L’High Camp è il punto più alto in cui si dorme lungo tutto il percorso e per i più sarà la prima volta che si tenta di chiudere occhio a quasi cinquemila metri. Dormire, quassù, non è un’impresa semplice, ma bisogna farlo perché quello successivo sarà un giorno molto lungo. A questa altezza non c’è niente, non cresce niente, e non vive nessuno, se non i gestori dell’unico rifugio durante l’alta stagione ed alcuni yak. È un paesaggio bianco e alieno, in cui le vette bucano un cielo scuro.

Giorno IX – Da High Camp a Muktinath via Thorong La

da 4.950m a 5.416m e poi a 3.760m

Il giorno più duro del trekking, ma anche il più appagante. Questo è il motivo per cui siamo partiti, per arrivare al passo del Thorong La a 5.416 metri sul livello del mare. Si parte prima che il sole sorga, per arrivare nel punto più alto del percorso prima dell’alzarsi del vento. Alle quattro ci si sveglia dopo una notte fredda e agitata, per le cinque si deve partire guardando in su. Si cominciano a vedere le bandierine dopo alcune ore, ed è a questo punto che si capisce di essere vicini alla meta. Presto sarà solo discesa. È un giorno felice quello del passo, lungo ma felice. Pochi minuti lassù, dove l’aria è gelida e la testa gira, giusto il tempo di provare la soddisfazione di avercela fatta e di scattare qualche foto. Poi si scende, per una lunga, lunga discesa verso Muktinath, ad un’altezza quasi umana.

Giorno X – Muktinath (riposo)

Muktinath è un buon punto per prendersi una pausa dopo le otto-dieci ore di cammino del giorno precedente. Qui si trova una comunità vivace, diverse guesthouse e un grande monastero che raccoglie pellegrini dalla valle.

Giorno XI – Da Muktinath a Jomson

da 3.760m a 2.720m

Quasi mille metri di dislivello si fanno quasi in corsa dopo una settimana passata a salire. Si può arrivare facilmente a Marpha in questo giorno, se il vento lo permette e se non ci si ferma troppo a lungo per pranzo. Si attraversano gole scavate dai fiumi e un paesaggio particolarmente arido, un paesaggio completamente diverso da quello da cui siamo arrivati. Jomson è il centro più grande del lato occidentale, qui, volendo, si può prendere un aereo e tornare a Kathmandu.

Giorno XII – Da Jomson a Lete

da 2.720m a 2.480m

Dopo una sosta per la famosa torta di mele di Marpha, si prosegue reincontrando il verde delle foreste e un ambiente meno ostile per chi lo abita. Questo è il basso Mustang, una regione ancora difficilmente raggiungibile ed isolata. Intorno a Lete si trovano diversi piccoli villaggi, c’è l’imbarazzo della scelta. In qualunque si decida di fermarsi, il liquore di mele artigianale è da provare.

Giorno XIII – Da Lete a Dana

da 2.480m a 1.440m

In teoria si dovrebbe arrivare a Tatopani, che segna la fine del Circuito vero e proprio, ma se, come me, vi trovate presi a schiaffi da una grandinata apocalittica, vale la pena fermarsi a Dana. Da Tatopani partono minibus e si trovano taxi per tornare alla civiltà, oltre alle acque termali che sono un bel premio dopo due settimane di cammino.

Giorno XIV – Da Dana a Shikha

da 1.440m a 1.935m

Non dovevamo fermarci? Si, ma… C’è Poon Hill! Chi arriva a Totepani al tredicesimo giorno può tentare la lunga scalata verso Ghorepani in un giorno, ma partendo da Dana è troppo per una persona normale. Non c’è motivo di correre però, tra questi villaggi di case di legno e questi campi scavati nelle colline. Si sale per raggiungere la vetta di Poon Hill da cui si vedono la maggior parte delle vette più alte del massiccio dell’Annapurna. Da Dana, la sosta notturna si fa a Shikha. Anche da qui, la vista non è male.

Giorno XV – Da Shikha a Ghorepani

da 1.935m a 2.860m

È una salita ripida ma breve, in termini di tempo. Si arriva Ghorepani che è un villaggio abbastanza turistico. Qui ci sono molte più persone del resto del percorso, in quanto chi da Pokhara vuole fare un trekking breve, di tre giorni, solitamente arriva qui. Da qui parte anche il trekking per l’ABC, l’Annapurna Base Camp, per chi vuole aggiungere una settimana all’itinerario.

Giorno XVI -Da Ghorepani a Nayapul, via Poon Hill

Alle cinque del mattino si sale su Poon Hill. Sarà affollata questa collina, perché da Pokhara ci si arriva in un paio di giorni al massimo. Quando il sole illumina l’Annapurna South, il Fishtail e il Dhaulagiri però alle altre persone non si fa più caso. Verso le otto si comincia l’ultima discesa, si arriva fino a Nayapul dove il trekking è concluso, e si raggiunge Pokhara in un’oretta di autobus, sulla prima strada asfaltata dopo sedici giorni.

 

Nell’intraprendere un trekking ad alta quota, il mal di montagna è un pericolo serio. Ho parlato qui dei modi per prevenirlo. Le fotografie del Circuito dell’Annapurna invece si trovano qui e qui.


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