a cura di Valentina Ersilia Matrascia
Vi ricordate le ronde nere (pardon, Guardia Nazionale Italiana)? Beh, come dire, a volte ritornano. Un po’ come i peperoni quando li mangi di sera. Allontamento coatto di tutti i non-italiani, esproprio dei loro beni e ridistribuzione degli stessi agli italiani “che al momento non lavorano e hanno fame per colpa del lavoro rubato dai non-italiani”. Questo, in estrema sintesi, il programma del ‘partito’ di ispirazione nazifascita che Gaetano Saya, il quale vanta nel suo curriculum il titolo di Presidente del Partito dei Nazionalisti Italiani e rifondatore del Movimento Sociale Italiano – Destra Nazionale, ha esposto all’interno del programma radiofonico di Radio 24 – La Zanzara condotto da Cruciani.
Ne ha per tutti, Saya. Omosessuali (“il male d’Italia, peccatori blasfemi”), comunisti (“il male assoluto”), zingari, stranieri ed ebrei. Non risparmia ingiurie ed attacchi nemmeno ad esponenti del governo e del parlamento (Bossi, Carfagna e Concia) o al Presidente della Comunità Ebraica di Roma, Riccardo Pacifici, al quale in diretta radiofonica viene suggerito di andarsene “a Gerusalemme a dettare legge, non in Italia”.
In calendario per il 24 e 25 settembre, a Genova, la prima adunata delle milizie illegali nazionaliste (la marcia su Genova?) che poi, però, a fine trasmissione diventa nelle parole dello stesso Saya “una riunione in un luogo privato tra privati cittadini”. Dice e contraddice se stesso, in un’escalation di assurdità e volgarità. Basta mezz’ora e Berlusconi da mafioso diventa alleato e colui che “ha ordinato queste azioni politiche”, gli ebrei da “longa manus del in Italia” diventano un “popolo che io stimo, con cui ho lavorato”. Del resto, è lui stesso a dichiararsi “un po’ folle” ma poi aggiunge “la follia è santita” (e dire che qualche minuto prima lui stesso aveva accusato “la pericolosissima casta omosessuale” d’esser blasfema. Quando si dice la coerenza..). Nel frattempo, giustamente, son volate minacce di denunce e querele ed è stata aperta un’istruttoria delle Pari opportunità.
Sul pericolo reale di una riuscita sul piano politico di un ‘partito’ del genere, sinceramente non scommetterei due lire. Il rischio, a mio parere, è di una natura ben diversa. Sarò disperatamente ottimista ma non voglio credere che un movimento del genere possa attecchire in Italia al punto da prendere dei voti, divenire una forza politica – la storia c’avrà pur insegnato qualcosa, no? - ma ritengo più che legittima la paura che in un paese come il nostro, in questo momento socialmente e culturalmente allo sbando, messaggi del genere possano avere effetti devastanti e terribilmente pericolosi.
L’Onorevole Anna Paola Concia, che non è stata risparmiata dai vaneggiamenti di Saya, ha commentato l’accaduto sulla sua pagina Facebook chiedendosi “Vi sembra giusto che si dia la possibilità a un uomo che semina odio di poter diffondere via Radio le sue idee così pericolose?”. La censura, non rientra nel mio modo di pensare, ma non riesco a darle torto. L’interrogativo – forse estremizzando – di fronte al quale, a mio parere, è posta l’informazione oggi è più o meno lo stesso di fronte al quale si trovava negli anni ‘70 quando doveva scegliere se trasmettere o meno i comunicati delle BR, o con i messaggi video di Osama Bin Laden o nei confronti delle mafie. Nel fornire una cronaca attenta e dettagliata delle attività criminali degli esponenti dell’organizzazione mafiosa, infatti, il giornalista corre il rischio di divenire involontario strumento di promozione degli stessi.
Diffondere significa correre il rischio di divenire, anche senza volere, il megafono e lo strumento di massima propaganda di messaggi e personaggi tutt’altro che innoqui, ma allo stesso tempo il compito stesso degli operatori e degli strumenti della comunicazione è quello di informare, di rendere i cittadini edotti e consapevoli di ciò che avviene. Se, quindi, su un piatto della bilancia c’è il dovere di cronaca, il dovere d’informare, dall’altro c’è il rischio di divenire cassa di risonanza, tamburo di idee pericolose. Dove e come fermarsi?
Massima solidarietà a Marco Pasqua, giornalista che conosco e stimo, al quale questi galantuomini hanno, oltre a una sequela infinita di ingiurie e volgarità, promesso un cappio al collo per l’articolo che ha pubblicato nei giorni scorsi su Repubblica.