Dopo aver letto a dicembre 2013 la versione self del frizzante romanzo di Amabile, non ho potuto fare a meno di tuffarmi nella rinnovata versione pubblicata da Mondadori. Nuovi personaggi e nuovi intrecci, maggiore spazio alla psicologia dello “stronzo” e tenebroso Luca, caratterizzazione migliorata del personaggio di Carlotta che non è più così goffa e impacciata come nella versione precedente, anzi! Pur mantenendo lo spirito iniziale che strizzava l’occhio alla Bridget Jones del primo libro, Carlotta appare più determinata e meno incline ad accettare passivamente gli inciampi più o meno maldestri a cui va incontro.
Pare che l’autrice stia lavorando al seguito di questa commedia romantica che, devo dire, ha un mood molto britannico senza risultare forzato o artificioso.Magazine Libri
Carlotta ha quasi trent’anni, e si considera una sfigata cronica: raggiunge il metro e sessanta solo con i tacchi a spillo, ha una famiglia decisamente folle e all’orizzonte non vede l’ombra di un fidanzato come si deve. Non solo: in un moto di entusiasmo si è appena licenziata dal suo noiosissimo posto fisso ma ora, per arrivare a fine mese, è costretta ad affittare una stanza del suo appartamento. Luca, il nuovo inquilino, ha molti pro (è bellissimo; fa lo scrittore; è dannatamente simpatico) ma altrettanti contro: è disordinato, fuma troppo e ha il pessimo vizio di portarsi a casa le sue conquiste, una diversa ogni notte. Carlotta non chiude occhio e in più si sente una vera schifezza. Non lo ammetterebbe mai, ma quel maschietto predatore che tratta le donne come kleenex e gioca sul fascino tenebroso del romanziere la sta facendo innamorare. In una girandola di eventi sempre più buffi, tra una madre terribile, una sorella bellissima e gelosa, una tribù di parenti fuori controllo, un nuovo lavoro tutto da inventare e molti incontri ravvicinati con Luca e le sue fidanzatine di passaggio, Carlotta imparerà che è lei la prima a dover credere in sé stessa. È una donna vera, non giovanissima, non bellissima, ma piena di grinta, e capace di trovare il proprio posto nel mondo. Perché nella lingua della felicità l’aggettivo imperfetta vuol dire, semplicemente, unica.