Video | 03/02/2015 ( ore 18:27 ) : Presentato nella speciale sezione Diritti & Rovesci del 32 TFF, curata da Paolo Virzì, dopo la calorosa accoglienza della stampa e del pubblico, e il Premio Cipputi come miglior film sul lavoro, arriva nelle sale italiane distribuito da Istituto Luce - Cinecittà Triangle, il nuovo film di Costanza Quatriglio, dal 12 febbraio nelle sale. Ecco a voi il trailer e le foto della pellicola.
Triangle racconta due storie tra loro speculari che ci fanno riflettere sulla condizione del lavoro oggi e sui diritti della classe operaia. Barletta, 2011. A cento anni dall’incendio della fabbrica Triangle, quando nel 1911 prese fuoco l’ottavo piano del grattacielo di New York tra Washington Square e Greene Street, le operaie tessili muoiono sotto le macerie di un maglificio fantasma. Estratta viva da quelle macerie, l’unica sopravvissuta ci fa rivivere il ritorno alla condizione preindustriale e la necessità di un nuovo inizio. Un intreccio sperimentale e commosso di immagini d’archivio e del nostro tempo, di voci del passato che sembrano registrate oggi. Triangle racconta il bisogno di rinascita e la speranza della ricostruzione dopo un secolo di lotte, progressi e di diritti ormai negati.
Prima simbolica tappa del viaggio nelle sale di Triangle sarà la proiezione del film a Barletta, il luogo della memoria del drammatico crollo del 2011, alla presenza del Sindaco Pasquale Cascella, della cittadinanza, dei testimoni e dei familiari delle vittime, del Segretario Nazionale della CGIL Susanna Camusso, del sottosegretario alle Riforme Ivan Scalfarotto e della regista Costanza Quatriglio.
“Narrare il lavoro – dice Costanza Quatriglio – è di per sé una delle sfide più difficili perché gli agguati si amplificano e possono diventare trappole. Nel 2011 a Barletta a crollare non è stata solo una palazzina ma una intera civiltà. Qui post-globalizzazione è sinonimo delle rovine sotto cui hanno perso la vita tanti nuovi schiavi. È l’implosione di una civiltà fondata sul mito della forza che nel novecento si chiamava oppressione sociale”.