“Trica ca vene pesante!“, letteralmente “aspetta che ne arriva una migliore“. Il detto napoletano vuol insegnare che non importa quanto si aspetta purché vada bene, purché ci si guadagni.
Ma come nasce questa espressione? “Tricà” deriva dai sostantivi latino e tardo latino “tricarum” o “triculum” che significano noie, impedimenti ed ostacoli. Chi ha tardato, non è colpevole, ma è stato costretto dagli eventi a causa di un ostacolo. Da “tricà” infatti deriva anche il termine “mastrillo”, del tardo Medioevo “mus, topo” e “triculum , ostacolo”, da cui “mustriculum” , che significa “trappola per topi”.
Tale termine viene spesso confuso con un altro verbo: ” ‘ntalliare“, questo perché indicano la stessa azione, cioè quella di ritardare. ” ‘Ntallià” deriva dal termine “talea”, una parte della pianta che interrata da vita ad un altro individuo e tale procedimento avviene molto lentamente. Chi si ‘ntallea, dunque, si rilassa, perde tempo e ritarda appositamente. Invece chi “trica” lo fa non per colpa sua, ma trascinato dalle situazioni, dai contrattempi.
La pagina Facebook “Etimologia delle parole napoletane” ci riporta due esempi di personaggi storici che avevano l’abitudine di far tardi. Quinto Fabio Massimo, detto “Cunctator” (temporeggiatore), non tricava ma s’intalliava di proposito per strategia, come ricorda Polibio (III, 89, 3-4): “Fabio aveva deciso di non esporsi al rischio e di non venire a battaglia. […] Inizialmente tutti lo consideravano un incapace, e che non aveva per nulla coraggio […] ma col tempo costrinse tutti a dargli ragione e ad ammettere che nessuno sarebbe stato in grado di affrontare quel momento delicato in modo più avveduto e intelligente. Poi i fatti gli diedero ragione della sua tattica“.
Invece chi s’intalliava inventandosi degli ostacoli che lo costringevano ad essere in ritardo, era Fiolalchete (il cui nome significa “amico nella Sorte”), personaggio della commedia dell’arte famoso per esser pigro, fannullone e perditempo.