Il titolo é all’incontrario per chi lo legge ma non per lo specchio che lo vede. Giá dal titolo ho voluto preannunciare quello di cui oggi, per il suo appuntamento settimanale andrà a parlare #bevanessa.
“Specchio specchio delle mie brame…” Come segue? Nell’epoca 2.0 di iPhone, smartphone & Co chiaramente con una #selfie!!!
É più di una moda del momento é una conseguenza: abbiamo voglia e bisogno di “sloganare” qualcosa e siccome a “buon intenditore poche parole,” davanti a quel muro di vetro si sta in silenzio e si lascia alle lettere stramate il compito di comunicare.
Stampe, slogan, manifesti di quello che siamo o di quello che si vuole dire… Scendiamo in piazza adesso con lei, Vanessa che sa far sentire la sua voce a chiare lettere. La sorpresa non é che questo articolo mi piaccia perché da onore a bocche a papera e ad un tessuto povero ma perché ci siamo calate nella parte e adesso
#SISELFIECHIPUÓ!
Nonostante sia in voga ormai da qualche stagione, sembra che il successo della T-Shirt stampata non conosca ancora declino. Lo so, non si tratta di nulla di nuovo, niente di innovativo, nessun oggetto del desiderio introvabile o prezioso. Stiamo banalmente parlando di un classico del guardaroba unisex. Eppure spero di non esagerare, definendo questo trend non solo una moda, bensì un BISOGNO sociale.
Di certo non mi sento in potere di parlare da un punto di vista psicologico, tanto meno di trarne morali, però, analizzando questa tendenza dalla radice, sono convinta che si possa scoprire qualcosa di più profondo della semplice voglia di indossare qualcosa di cool.
Nell’epoca in cui viviamo, contraddistinta da un lento deterioramento del dialogo diretto tra persone in favore alle tecnologie e ai social, sembra che ci sia sempre più una disperata necessità di ricercare nuove forme di comunicazione. E così, cosa c’è di meglio della moda per comunicare al mondo qualcosa di noi?
Da sempre, infatti, il “come ti vesti” rispecchia la personalità, l’esuberanza, la classe, a volte pure l’umore di chi indossa certi abiti.
Quello che abbiamo addosso parla di noi in quel momento, quasi come una sorta di insegna luminosa che indica cosa si trova all’interno del negozio sottostante. Sembra che il primo ingrediente per questa nuova formula di esternazione di se stessi si sia candidata ad essere la comunissima T-Shirt, preferibilmente bianca, che vada a sostituirsi all’ormai sorpassato foglio di carta.
Le origini di questo indumento dalla forma a T sono legate, all’infuori dell’utilizzo intimo o da lavoro, alla moda americana degli Anni ’50, diffusa nel mondo attraverso il cinema. Come non ricordare la maglietta indossata sul grande schermo da James Dean sopra un paio di jeans?! Il teenager americano, simbolo della ribellione generazionale, ne divenne così il primo testimonial ufficiale e ne sancì definitivamente l’entrata nella moda contemporanea.
E poi: stampe, immagini, foto, ma principalmente scritte per raccontare storie, esprimere emozioni, testimoniare stati d’animo… Un vero e proprio urlo per manifestare tutto quello che si ha dentro. Se è impossibile risalire a chi per primo ha avuto l’idea di porre slogan su di questo spazio di tessuto candido, si può di certo stabilire che chi ne ha fatto il successo della propria immagine siano state le menti creative del brand Happiness.
Nata da una collaborazione tra una piccola azienda familiare italiana e uno studente di moda di Los Angeles, questa marca giovane e innovativa si è ben presto diffusa a livello planetario, portando con se un messaggio di felicità. Quelle frasi ironiche, scanzonate, divertenti, talvolta a doppiosenso, sembrano diventare un messaggio intimo, quasi a voler agevolare la conoscenza con gli altri, aprendogli direttamente una porta sui propri pensieri.
A fare da collante, infine, non può di certo mancare un bel #selfie da condividere istantaneamente nei social network. Termine che deriva dallo slang americano, non traduce altro che un autoscatto con la telecamera tenuta a braccio teso o davanti ad uno specchio, solitamente fatto per mezzo di un palmare, uno smartphone o una fotocamera digitale.
Foto da soli, in gruppo, in un locale affollato o nella propria camera da letto, quello che importa è immortalare quel momento e lasciare che a descriverlo non siano parole, ma le espressioni del volto.
Il gioco quindi è fatto: una T-shirt stampata, scelta con meditata cura, e un click! Nulla di più semplice per annunciare al mondo, interessato o meno che sia alla nostra vita, che umore abbiamo, cosa stiamo facendo o cosa ci passa per la mente. E per l’ennesima volta anche questa moda coinvolge tutti, me inclusa.
Così, la maglietta che quel giorno ha attirato la mia attenzione in mezzo a una massa di vestiti in quel negozio, quella che decido di indossare alcune mattine, quando sento quell’urlo incontenibile risalirmi da dentro, non è solo una scelta puramente estetica, ma forse porta con se un messaggio subliminale, rivolto a tutti o forse a… qualcuno in particolare.
#BEVANESSA. WHAT ELSE?
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