Post in elaborazione costante.
Il post precedente di Egeria ha avuto un alto numero di lettori. Ci rendiamo conto che non basta inseguire i fatti, separando le notizie false che sono la norma dei nostri media dalle notizie vere su come i fatti non già si sono svolti, ma per come sono stati lungamente preparati. Ormai, nella guerra dei nostri giorni è capitolo e parte fondamentale della stessa guerra il modo in cui essa deve essere presentata e fatta percepire, avvalendosi appunto dei media che mai come nella notte tripolina hanno meglio svelato la loro organica dipendenza dal nuovo sistema imperiale. Insomma, asserviscono i popoli e dicono che li stanno liberando. E vi è perfino chi ci crede, per stupidità indotta, o chi fa finta di crederci, per indurre altri in inganno. Uccidono la gente e dicono che stanno lì per proteggerla dal loro legittimo governo: non conosco un caso più chiaro di quello libico.
Queste riflessioni sono a pagina aperta. Non so se annoierò i miei lettori, i quali però hanno una grande possibilità di scelta: cambiare pagina. In fondo, non può far male condividere riflessioni che non sono di nessuna utilità se restano private. E da dove vogliamo incominciare? Mi sono informato sui fatti che in Tripoli sono parsi giunti al suo epilogo, cercando sul web in pochi canali informativi. Egeria, con la sua conoscenza delle lingue straniere, mi è stata di grande aiuto. Ho guardato soltanto in modo casuale e per poco tempo i nostri canali televisivi. In una di queste rare volte mi sono imbattuto il Lucia Annunziata, mai digerita, eppure inamovibile dal sistema mediatico italiano. Ne ho accennato in una mia nota redazionale alla fine del precedente post di Egeria.
Mi chiedo e invito a riflettere su perché mai l’Annunziata anziché informare, cosa che non ha mai fatto, sentisse il bisogno metaforico di invocare il nazismo ed Hitler che si suicida nel suo bunker, associando quel lontano scenario, precedente la sua, mia e nostra nascita, a ciò che accadeva in Libia ed alla sorte di Geddafi. Ma è chiaro: nell’ideologia del Impero è quella l’immagine del Male assoluto al quale è finalmente succeduto il Regno del bene assoluto, che è quello di Obama, Napolitano, Berlusconi, Sarko… ed in primis Netanyahu. Per non annoiare i miei eventuali lettori, saltando i pur necessari passaggi intermedi, è mia convinzione che la nostra epoca abbia superato di gran lunga tutti i peggiori racconti della storia del nazismo, la cui effettiva conoscenza storica ci è peraltro preclusa da una legislazione repressiva e liberticida. Ma anche accettando le “narrazioni” ufficiali, ciò che è avvenuto dopo il 1945 è peggio di quello che sarebbe successo prima, stante gli stessi racconti e senza esercitare nessun “revisionismo” storico.
È stato dimenticato, giacché i media non ripetono quel che non conviene ai padroni del vapore, l’episodio di una ministra tedesca della giustizia, che all’idea di Bush di fare una guerra “preventiva” in Iraq ebbe subito a dire: ma allora cosa ha fatto di diverso Hitler? Disse la verità e fu subito dimissionata come l’ultimo degli uscieri del suo ministero. Se partiamo da Hiroshima e Nagasaki fino a ciò che è successo in Tripoli l’altra notte, si potrebbe scrivere il libro della storia della nostra epoca, del nostro presente, la cui comprensione filosofica ci è tassativamente preclusa. Se andiamo a leggere i resoconti dei maggiori media, il Mainstream, vediamo che quando non mentono, abbondano di particolari inutili, dai quali non emerge nessuna intelligenza e comprensione del fatto, del perché, del suo scopo, della sua causa.
Non si può fare nulla? Si può fare molto! Il mio non è e non vuole essere un messaggio di sconforto e di resa. Ma non è l’uso ovvero un diverso uso della scheda elettorale lo strumento della nostra determinazione e della nostra liberazione. Il primo atto di ribellione civile è la comprensione filosofica della nostra quotidianità: comprendere noi stessi, ma per davvero, e solo dopo che saremo certi di aver compreso la nostra quotidianità, aiutare il nostro vicino, il nostro prossimo, nel suo sforzo eguale di comprendere e di uscire dal regno hobbesiano delle tenebre, che ci avviluppa tutti quanti. Far luce a noi stessi ed a chi ci è vicino.
Proseguo per dire che eravamo in Settanta quando il 28 di maggio 2011 – dopo l’attacco che Francia ed Inghilterra hanno sferrato non alla Libia, ma all’Italia – ci siamo riuniti, per interrogarci sul da fare. Le nostre conclusioni sono che tutto il sistema politico italiano è asservito fin dall’epoca della spartizione di Yalta. La nostra costituzione fu decisa allora ed è clamorosamente violata, nel suo art. 11, perché l’ordine in deroga viene dal padrone cui la nostra classe politica risponde. Dunque, gli slogans semplice da raccogliere suonano: recupero della sovranità ed indipendenza nazionale, per l’Italia, per i singoli stati europei, per l’Europa, per i popoli del Mediterraneo; fuori l’Italia dalla Nato e la Nato dal Mediterraneo; ripristino della piena ed assoluta libertà di pensiero e di critica politica; abolizione di ogni forma di reato di opinione; sovranità monetaria e culturale; fuori dall’euro; libertà della rete in opposizione al mainstrem; e così via. Ci siamo chiamati: Forum o Assemblea dei LXX e ci siamo riconosciuti tutti in un Proclama alla Nazione. Vi aspettiamo. Non ci sono né capi né gregari. Ognuno è capo e gregario di se stesso e può dire la sua, aiutando gli altri. Non vi è né destra né sinistra, né centro né sopra né sotto. L’associazionismo in ogni ambito della vita sociale è considerato una risorsa imprescindibile, purché si riconosca che a monte di tutto vi è il necessario perseguimento della sovranità e indipendenza nazionale.
Chiuso questo paragrafo militante, per le cui articolazioni rinvio al mio blog “Club Tiberino”, ritorno sul piano delle riflessione per esplicitare il piano della assoluta legalità e non violenza dell’appello alla “ribellione”. Ed infatti Lor Signori hanno chiamati «ribelli» un branco di sciancati e traditori del loro paese, morti di fame, tagliagole prezzolati, riconoscendoli addirittura come governo legittimo della Libia, e vorranno poi negare a noi stessi il diritto alla ribellione nelle nostre piazze, nelle nostre strade? Ricordate l’ineffabile Gasparri che voleva addirittura l’arresto preventivo dei ragazzi che protestavano contro lo smantellamento della scuola pubblica? Tutti costoro sono di una incoerenza morale, intellettuale e politica che si fa forte della nostra sopportazione ed incapacità di autentica ed efficace risposta. Non è così. Non deve essere così. Lo spettacolo della ferocia con cui viene umiliato un popolo ed un governo legittimo, con il quale avevamo appena concluso un trattato di amicizia italo-libico, deve renderci accorti della grande perfidia dei nostri oppressori e dei loro servi, che ci lasceranno poveri e disperati, dopo essersi messi loro in salvo, depredando tutto il possibile.
Karl Marx aveva concluso le sue riflessioni su Feuebach, lanciando il proclama rivoluzionario, nella formula XI della sue Glosse, lamentando che i filosofi si erano sempre limitati ad interpretare il mondo. Occorreva invece cambiarlo. Da quando Marx scriveva questo appunto (non era un libro: era un Appunto su un foglio di carta) sono passati oltre 150 anni. Quella che Gramsci ha chiamato la “sovrastruttura” ideologica si è talmente sviluppata e ramificata, dando realtà al regno hobbesiano delle tenebre, dove il cittadino non comprende più le basi elementari della sua esistenza, il fondamentale rapporto che lega la Protezione di cui si ha sempre bisogno e per la quale si presta Obbedienza ad un’Autorità che si riconosce legittima in quanto protegge per davvero il suo popolo, dando ad esso lavoro, salute, istruzione, libertà…, da allora le cose sono cambiate al punto che bisogna incominciare nuovamente ad interpretare il mondo, liberandolo dalla menzogna dei media, dei Murdoch. Veder chiaramente le cose è oggi un atto rivoluzionario. Da qui si può incominciare in modo perfettamente legale e non violento: il nostro diritto alla verità ed a poterla dire pubblicamente ed a voce alta. La Rivoluzione incomincia da qui. È il primo passo. Gli altri verranno da sé. (segue: post in progress ed elaborazione costante)