Magazine Cucina
Questo era uno dei piatti forti di mio papà.
Ne preparava un pentolone poi invitava amici o parenti per l'evento e quella che avanzava, se avanzava, la faceva mettere nel congelatore per una voglia improvvisa.
La ricetta che uso è la sua, quella che gli ho visto fare tante volte, a cui contribuivo preparando la dadolata di verdure. Magari non è la vera ricetta... questa conosco e questa ripeto da sempre.
E' certamente digeribile e poco grassa.
Questo inizio d'autunno con temperature rinfrescate rinnova la voglia di piatti caldi e confortanti.
Quand'ero bambina e fino agli inizi degli anni '80 a Milano c'erano alcuni negozi di trippai che vendevano non solo le trippe di varie qualità, ma anche i fagioli bianchi di Spagna già ammollati e pronti da cuocere.
Avevano dei banchi in marmo, ricordo quello in corso XXII marzo, uno degli ultimi a chiudere i battenti da che la trippa cominciò a trovarsi anche sui banchi dei supermercati, troppo bianca e parecchio insapore perchè sbiancata alla soda, mentre quella dei trippai veniva solo lavata più volte e raschiata rimanendo grigiastra, certamente poco invitante ma tanto più ricca di sapore.
Qualche trippaio credo sopravviva a Firenze dove resta la cultura del panino col lampredotto, cibo da strada tra i più buoni in assoluto.
Non tutti però la amano, in molti credono si tratti di frattaglie grasse e indigeste, magari il non amore deriva dalla scarsa o nulla abitudine ad averla assaggiata.
E' poco più calorica della carne e sfatiamo la credenza che siano gli intestini del bovino, la trippa si ricava dai tre prestomaci e stomaco bovini: rumine, reticolo, omaso e abomaso.
Papà la cuoceva con tante verdure e coi fagioli e ci si mangiava assieme tanto pane, la classica michetta.
E ci metteva pure un orecchio o un piedino di maiale che le regalava collosità, secondo la tradizione milanese contrapposta a quella brianzola che cucina le trippe in molto brodo, come una minestra.
La tradizione meneghina sostiene invece che la trippa la g'ha da vess tachenta e minga sbrodulenta, benchè cucinata in brodo.
E poi rimane il problema dei tipi reperibili, la vera milanese si fa con tre tipi, foiolo, chiappa e riccia o francese.
A proposito di francese, una delle migliori trippe che abbia mai mangiato è stata a Parigi, dove la ricetta era quella delle 'tripes à la mode de Caen' con tutti e quattro i tipi più il piedino, in un rusticissimo posto di cui ho scordato il nome, troppi anni sono passati dalla fine dei '70, e non lo abbiamo più ritrovato in occasione dell'ultimo viaggio, pochi anni orsono.
-ricetta-
1,5 kg di trippe miste
1 piedino di maiale
2 carote
2 gambi di sedano
1 cipolla
500 g fagioli bianchi di Spagna, lessati
poco pomodoro
sale, pepe
olio evo
salvia
Mi preparo tutte le verdure pulite e tagliate a tocchetti.
Lavo bene la trippa, sciacquandola più volte sotto l'acqua corrente e la taglio a striscioline.
Passo sulla fiamma il piedino per eliminare eventuali setole e dopo averlo lavato lo sbollento per 30' in acqua bollente, poi cerco di privarlo dei numerosi ossicini.
In una pentola capace faccio un soffritto con le verdure e un po' d'olio, quindi aggiungo la trippa e la faccio insaporire per bene.
Tirerà fuori un po' d'acqua, dopo circa un quarto d'ora la condisco con un po' di sale e pepe e con 2 pomodori maturi tagliati a filetti o con un paio di pelati e metto il piedino, aggiungo un po' di acqua calda e copro.
Faccio cuocere lentamente per 90' prima di unire i fagioli e continuare la cottura per altri 40'.
Spengo, lascio intiepidire e poi assaggio se va bene di sale.
Riscaldata è ancora più buona. Se ne avanza si può congelare per qualche mese.
Porto in tavola con pane o focaccia.
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