Magazine Cinema
Visto al cinema.
Per prima cosa voglio dire che il “Tron” originale non l’ho mai visto. L’ho cercato, già da parecchio, perché mi affascina l’archeologia CGI, ma non sono riuscito a trovarlo; speravo in Ghezzi, ma si vede che la Rai non ha i diritti… questo per dire che non so bene da dove parta questo sequel, quanto sia fedele o meno, quanto sia figo lo sviluppo della storia a partire dall’originale (anche se mi pare che sia abbastanza affascinante); dirò di più, ho come il sospetto che Jeff Bridges non fosse neanche il protagonista nell’82, un giorno andrò a togliermi il dubbio su wikipedia, ma per ora sono troppo pigro per farlo.
Partiamo subito dalle due innovazioni più importanti, il 3D e la faccia del Jeff Bridges da giovane.
Il 3D non è qualitativamente spettacolare e, salvo l’inizio, neppure usato un granché. Dirò di più, le pubblicità prima dell’inizio del film avevano un 3D decisamente più profondo ed affascinante. Però bisogna che qualcuno lo dica, questo è un film fondamentale in quanto è il primo che crea un significato al 3D, il primo che gli da uno scopo (il 3D, salvo nell’incipit dove è usato perché fa figo, serve ad identificare il mondo virtuale, perché sembri più reale, la realtà invece è in un 2D con appena un filino di terza dimensione); la cosa non gli riesce proprio da dio, ma è il primo film che codifica un linguaggio per la terza dimensione e non la utilizza soltanto perché è la novità del decennio, ma è parte integrante del racconto. Con le dovute proporzioni, qui lo dico e qui lo nego, questo Tron legacy sta al 3D come “M - Il mostro di Düsseldorf” sta al sonoro… ripeto, con le dovute proporzioni (capolavoro il film di Lang, carino questo).
La faccia di Bridges è l’altra particolarità, i quanto è una faccia completamente ricostruita in digitale di un personaggio reale ma basata sulla sua faccia di 30 anni fa, messa poi in un ambiente senza CGI. Sembra una battuta, ma al buio e se non deve fare troppe espressioni funziona da dio. Quando viene illuminata molto e deve recitare in maniera fine si svacca. Nel complesso funziona, da un senso di stranezza, si percepisce che c’è qualcosa che non va, ma funziona.
Altra questione da toccare è il design, estetico e sonoro.
Il design estetico è la parte più curata (si vede che hanno speso catamarani pieni di soldi per farlo) e funziona alla perfezione; è bello, affascina e sottolinea i differenti personaggi, fermo restando le caratteristiche del film originale. Anzi proprio grazie alla cura nel recupero della messa in scena dell’82, in tutto il film si respira una sorta di aria vintage rimodernizzata; tutto è assolutamente attuale e moderno, ma l’estetica trasuda ‘80s da far paura. Davvero bravi.
Il sound design è l’altro vero punto di forza. La musica è fantastica (giusto quella dei momenti di pace o vittoria mi è parsa un poco moscia), adatta in ogni momento, moderna e tecnologica quanto serve e assolutamente versatile; d’altra parte i Daft Punk non sono i primi venuti (si possono apprezzare o meno, ma il loro lavoro lo sanno fare). Bisogna anche dire che anche tutto il comparto sonoro (il sound design vero è proprio) è opera loro, e generalmente è funzionale e ben realizzato, non stravince in fatto di originalità, ma coopera alla perfezione alla creazione dell’ambiente. Ecco, va sottolineato come tutti questi fattori appena elencati riescano nell’impresa, tutt’altro che ovvia, di creare un mondo, una ambiente ex novo completo e credibile; una cosa che era riuscita di recente solo ad “Avatar”.
Non ho parlato della storia perché è il vero tallone d’Achille del film. Non che non sia fascinosa, ma è un blockbuster, e quindi è prevedibile e sdolcinata. I buoni sono buonissimi, tutto il film verte su un rapporto padre figlio senza ombre (nonostante il distacco ventennale) e ci sono tutti i sacrifici che ci si può aspettare fin dall’inizio, vince chi deve vincere, perde chi deve perdere, e muore chi deve morire. Non si poteva pretendere troppo dalla Disney comunque.
Non un grande film, ma per il comparto tecnico ed estetico un film importante. Come “Avatar” anche questo sarà il metro di paragone per l’uso del 3D (più che del CGI) e per la costruzione di mondi virtuali.
PS: adoro Sheen, che in questo film è il sosia di David Bowie!
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