10mila euro di benzina per Kathmandu
L’inappellabile sentenza del tribunale del popolo leghista: “Visti gli atti a carico degli imputati, la corte espelle con rito immediato e senza appello Rosy Mauro e Francesco Belsito. Perdonato Renzo Trota perché al momento dei fatti era incapace di intendere e di volere”. Amen. La Corte in camicia verde ha invitato altresì la senatrice Rosy Mauro a dimettersi dalla carica attualmente occupata ma la stessa, profondamente amareggiata e prostrata dall’esito del processo, ha detto: “Dimettermi dal Senato? Non so, vedremo, un passo alla volta”, facendo capire che è sua intenzione concludere la legislatura (problema di benefit e vitalizi). Accontentati anche per oggi i voyeur dell’affaire leghista con una notizia fresca fresca, torniamo a parlare di pilu. Era da un po’ che non lo facevamo e, onestamente, ne sentivamo la mancanza perché “u pilu”, nel bene e nel male, e nonostante le primavere, resta comunque uno dei nostri interessi primordiali. Ci sono novità sul caso Ruby. Non è bastata la parentela con Mubarak dichiarata a verbale dai parlamentari del Pdl e della Lega per convincere la Corte Costituzionale a dichiarare illegittima l’inchiesta del tribunale di Milano senza il passaggio al tribunale dei ministri (come avrebbero voluto i quacquaracquà del Capo). Depositando la sentenza con la quale ha dato ragione ai pm milanesi, la Corte ha definitivamente sancito che: “Nel caso di reati comuni, in difetto di una norma espressa, il Parlamento non ha titolo per pretendere che l’azione del potere giudiziario sia aggravata da un ulteriore adempimento”. Il che significa che la procura di Milano non doveva segnalare al tribunale dei ministri un piffero di nulla e che, voto o no dei parlamentari, nel caso di reati comuni Silvio è un cittadino come gli altri. Sgombrato il campo da equivoci e demolito in un colpo solo l’alibi del Silvio perseguitato, andiamo a vedere quello che sta accadendo nelle pieghe dell’inchiesta, perché i giudici milanesi hanno deciso di andare fino in fondo, insomma di arrivare a sentenza. Spuntano bonifici come funghi, sul conto della consigliera regionale Nicole Minetti (povera ragazza, chi glielo avrebbe mai detto) e sul conto personale del papà di due testimoni del processo Ruby, le gemelle Imma e EleonoraDe Vivo. Nel caso della ex igienista orale, il bonifico di 100mila euro effettuato il 22 giugno del 2011 sarebbe servito a pagare i legali, quelli che cambiava come un paio di slip dopo una serata elegante dalle parti di Arcore. Infatti, il 23 giugno, il giorno dopo, dal conto di Nicole escono tre bonifici intestati agli avvocati Daria Pesce (37.440 euro), Piermaria Corso (24.960 euro) e studio legale Gagliani-Righi (24.960 euro) per un totale di 87.360 euro. Per arrivare alla cifra di 100mila euro ne mancano 12.640, trattenuti dalla Minetti a copertura delle spese bancarie e per l’acquisto di slip di cui sopra. Ancora più grave, se possibile, i pagamenti effettuati a due testimoni dello stesso processo, le gemelline che stanno difendendo Silvio a spada tratta fin dall’inizio di questa storiaccia e che hanno sempre negato di essersi vestire da suore, da poliziotte, da infermiere e da Dame della Carità. Per non insospettire quella categoria di malelingue inveterate che sono gli impiegati di banca, i soldi a Imma e Eleonora sono stati versati sul conto di papà Enzo, 127mila euro dai quali il signor De Vivo ha detratto il suo rimborso spese pari a circa 10mila “per pagare la benzina e per altre esigenze personali”. Vabbé che la benzina costa cara, ma con 10mila euro dove diavolo è andato, il signor Enzo, a Kathmandu? Dal verbale dell’interrogatorio del padre delle De Vivo riportiamo testualmente: “Le mie figlie mi dissero che sul mio conto sarebbe arrivato del denaro da parte dell’onorevole Berlusconi che era destinato alle mie figlie, le quali si erano rivolte appunto all’onorevole per un aiuto economico. I bonifici sono pervenuti sul mio conto proprio per evitare pettegolezzi da parte dei direttori dell’istituto bancario dove le mie figlie avevano dei conti personali”. Come dire, fanno bene gli italiani a portare il denaro in Svizzera perché da noi il segreto bancario è proprio come una gran mignotta: aperta a tutti. Ma non è questo ciò che ci interessa, il fatto è che un imputato che paga i testimoni a suo favore in un processo per “induzione alla prostituzione minorile”, di quale altro reato può e deve essere accusato se non “ tentativo di corruzione”? Ancora. Di quale credibilità può godere un testimone pagato per dire la verità che fa più comodo all’imputato? È proprio vero, Monti o non Monti, Severino o non Severino, Passera o non Passera, in questo paese dopo “u pilu” è il denaro a tirare più di un carro di buoi, alla faccia dell’Agenzia delle EntrateTrota “perdonato”: è incapace di intendere e di volere. Intanto spuntano i soldi di Silvio ad avvocati e testimoni del Rubygate.
Creato il 13 aprile 2012 da Massimoconsorti @massimoconsortiPotrebbero interessarti anche :
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