Dopo una dura settimana di lavoro il venerdì sera con gli amici è un bellissimo appuntamento. Ecco allora che qualcuno porta delle birre e si mette su una pasta, poi magari saltano fuori dei vodka tonic e si chiacchiera alla grande sul terrazzo, ormai è dolce la sera di Primavera. Quando vai a letto alle due e mezza e punti la sveglia alle quattro e mezza… beh, lì l’appuntamento si fa a tinte fosche e di dolce non resta molto: il risveglio ripresenta la digestione del gin tonic, a tentoni con passi pesanti raggiungi la cucina, con un’incudine sulla testa in qualche modo prepari il caffè e compi il “sacro rito della vestizione” con le vesti mimetiche e macchiate della pesca. Solo quando esci dal portone di casa, trascinando il borsone, con le canne in mano e il tuo cappello da Indiana Jones nella tua mente avviene la metamorfosi: da pirla assonnato ad eroe della pesca alla trota. Il passo è breve. Respiri una boccata d’aria fresca, ti compiaci del fatto che la città stia dormendo mentre tu stai per andare in caccia, sembra di fregarli tutti, gli inconsapevoli, quelli addormentati che non sanno cosa si perdono: le luci dell’alba, il caffè delle 6.30, il primo canto del torrente, la brezza fresca del mattino sulle sponde del fiume, la sfida rinnovata ad ogni lancio alle regine delle acque.
Quando la malattia della pesca è profonda si vive così. Accade anche di darsi un appuntamento al casello di Romagnano Sesia alle 6,30 e di trovarsi lì tutti e due alle 6.15 con la febbre alieutica negli occhi!
Così Matteo ed io sabato ci siamo salutati e siamo partiti sparati verso lo spot concordato in alta Valsesia.
Al fiume incontriamo due ragazzi con esca viva, con il loro consenso peschiamo poco più a monte. Un’iridea sui 30cm segue per tre volte il mio ondulante, poi Matteo le lancia sopra un Martin e la prende, per la gioia della beffa ai vermaioli! Salgo pochi metri e vedo un rigiro tranquillo tra due correntoni, 50 centimetri di diametro lo spazio d’acqua dove potrebbe abboccare una trota: eccola! 19 cm di fario, grande soddisfazione per il rispetto matematico delle teorie di pesca a spinning in torrente. La mattinata inizia bene e prosegue anche meglio.
Con Matteo ci spostiamo in diversi spot, tutti in SVPS, qualcuna la prendiamo qualcuna scappa, in particolare quando cerco le trote nell’altra riva, oltre il correntone centrale: le allamo ma poi entrano in corrente e si liberano… davvero la corrente centrale deve fare l’effetto centrifuga della lavatrice!
Vediamo diversi barbi in una pozza, siamo decisamente alti di quota, eppure sono lì… purtroppo ignorano i nostri reiterati tentativi con gli artificiali.
Scendiamo un po’ più a valle, verso Varallo, per l’ultima ora di pesca insieme, sono le 10.30. Inizio io con una bella fario sui 30 centimetri, proseguo con qualche fario e una marmoratina, poi cedo il passo a Matteo che porta a riva il fish of the day: una bella fario di 42 cm dalla livrea decisamente più autoctona dell’ultima fario over 40. Matteo esce di scena decisamente soddisfatto.
Io proseguo in solitaria con un’ottima media di catture, saranno circa una decina in tutto, quasi tutte fario sui 20/25 centimetri che abboccano ad esche come Martin 15gr, Mepps 4, ardito 17gr, Mepps Cyclops 12gr… Fa caldissimo sotto un sole opaco.
Infine l’ora delle decisioni irrevocabili giunge, le 13.00: pranzo in trattoria o lancio in accanimento? Una misteriosa trota con pinne e livrea rossa sceglie per me, dando una tocca all’artificiale proprio sotto i miei piedi. Beffa. Insisto!
Dopo qualche tentativo con esche convenzionali, tutte rifiutate, passo ad un jig che manovro con jerkate pazze e violente: BAM! Subito un attacco fulmineo, seguito da belle tirate e ben 5 salti. Era la misteriosa trota rossa: una ciccio-iridea di 45 centimetri ben pinnata e dai colori molto vivaci. Decido di trattenerla, faccio un’eccezione al credo assoluto del C&R, considerando comunque che per il momento è un pesce sterile e certamente di immissione.
Ormai sono le 2, mi attende un tristo destino di coca-cola e tostino.
Mangio il mio toast tra tavoli gremiti di pensionati intenti al giuoco delle carte e dello sparlare a 360° del mondo. Mi stanno simpatici. Mangio un altro toast e riparto di slancio… si fa per dire.
Appesantito dalla doppietta tostata e dalla cappa di umidità, mi trascino nel bosco come un orso ferito e sovrappeso.
Mentre arranco sul sentierino che mi porterà al fiume, ammiro lo spettacolo della boscaglia: i raggi di sole che filtrano tra le chiome verdi degli alberi, le tele d’argento delle ragnatele, i rospi che si appallottolano nelle pozzanghere per riprodursi, il fiume sotto di me che salta e gorgoglia, la grande pozza con divieto assoluto e permanente di pesca… un bracconiere che pesca a spinning con un simpatico sacco di plastica da cui escono le code di alcune grosse trote!
Ops! Questo spettacolo non mi piace tanto. Quando mi capita di incontrare persone che “fanno i furbi” o che ingenuamente contravvengono a qualche regola, in genere lo faccio notare ai diretti interessati, ma qui la situazione è diversa: bracconiere che trattiene trote pescando sotto il cartello di divieto! L’S.V.P.S. saggiamente ha scritto i numeri dei guardapesca sullo stagionale: li chiamo ed in 10 minuti sono intervenuti e hanno fatto rispettare le regole, risolvendo la situazione.
Ho scritto di questo episodio per incitare tutti i pescatori a non esitare ad intervenire in questi casi. Sinceramente è brutto fare il gesto di chiamare le guardie, ci si sente un po’ spie, un po’ secchioni e magari neanche tanto in diritto di farlo (…ti ricordi quella volta che non hai schiacciato l’ardiglione? O quando hai lanciato lungo verso la pozza della riserva a monte? etc. etc.) Però se si tratta di situazioni serie: bracconieri spudorati, inquinamento ambientale o simili, non possiamo esimerci dal fare qualcosa. Altrimenti i discorsi su C&R e tutela dei pesci sono solo chiacchiere!
Chiusa la parentesi bracconiere, la pesca continua. Le abboccate si fanno rade, l’attività è calata, decido di darmi allo scouting e vado a cercare nuovi accessi al fiume e nuovi spot a valle. Purtroppo faccio delle grandi camminate tra rovi e boscaglia, ma per lo più trovo tabellati che non mi consentono di pescare: a valle di Quarona e fino a Romagnano molti sono i tratti “Fishing Tour” o “Divieto di pesca”. Prenderò ancora un paio di piccole fario e farò gli ultimi lanci al tramonto con grandi esche in una grande pozza: grandi sogni e niente di più.
Nel tratto in cui sono, lontano dalle strade asfaltate, in riva al fiume c’è solo natura e pace. Con l’ultimo sole pulisco l’iridea in acqua: sarà la mia cena. Ammiro lo spettacolo del tramonto ancora una volta e me lo lascio alle spalle.
Rock’n'Rod