Ci scrive Paolo Maurizio Bottigelli, poeta ed attivista di Piacenza: “E’ una vergogna che a Piacenza, medaglia d’oro per la resistenza, oggi si abbandonino i profughi”. Nella città emiliana ci sono 40 profughi ospiti del Ferrhotel, provenienti dalla Libia. Una piccola parte di quella che è stata chiamata Emergenza Nord Africa. Il 31 dicembre Monti ha tolto a queste persone – in tutta italia sono 20mila – lo status di asilo politico, e dal 31 marzo saranno sulla strada. Lanciamo questo appello di modo che i 40 di Piacenza possano trovare lavoro. Aiutaci!
Aver perso l’asilo politico ha significato scaricare sui comuni, già lacerati dal patto di stabilità, le spese di accoglienza dei profughi. E a Piacenza come nel resto d’Italia, ora li si butta fuori. Ma l’associazione Via Roma Città Aperta non ci sta, e lancia un appello per trovare lavoro a queste persone: 30 fra falegnami, autisti di camion, carpentieri, piastrellisti, elettricisti, saldatori, imbianchini, giardinieri. “Ci sono due famiglie con due bimbi di sette mesi sono nati qui durante i due anni di permanenza” ci spiega Bottigelli, dell’associazione. “I bimbi vengono presi dai servizi sociali e dati in custodia in un convento mentre il padre deve lasciare la famiglia”. E queste persone potrebbero facilmente andare ad ingrossare le file della malavita, piuttosto che dover lasciare l’Italia con 500 euro in tasca, quelli dati loro dal comune come liquidazione. “Insomma si sta consumando un dramma umano accompagnato dal silenzio assordante dell’amministrazione e di tutte le forze politiche”, conclude Bottigelli.
Abdullahe, 24 anni, originario del Gambia, era in Libia per lavorare quando è scoppiata la rivolta. Portavoce dei profughi, ha gestito in prima persona i rapporti con le istituzioni. Dice che ci vorrebbe un programma di formazione, la possibilità di imparare un lavoro. Sono stati due anni completamente persi, inutili, vissuti come fantasmi. Ma queste persone non sono fantasmi, come spiega sul suo sito l’associazione Via Roma Città Aperta: “Dinislan, viene dal Bangadesh e non è più un ragazzo. Anche lui profugo per caso. Come ospite è anche l’addetto alle pulizie del Ferrhotel. Ha lasciato moglie e due figli piccoli. E’ il più critico nei confronti delle rivendicazioni economiche provenienti da un gruppo di altri profughi: non vuole i 500 euro del comune; non li vorrebbe nemmeno se diventassero 5mila. Vuole un lavoro, e con il lavoro dignità, futuro”.
“Sissoko, giovanissimo nigeriano, spaesato ci chiede in inglese cosa sta succedendo, dove potrà andare dopo il Ferrhotel. Racconta la sua storia. Faceva l’apprendista saldatore. Chiede di poter continuare il suo apprendistato, ‘Perché senza lavoro – dice – è chiaro che alla fine andremo a rubare e saremo inghiottiti dal business della droga. Ma piuttosto che fare questa fine preferirei morire’, dice congedandosi. Gli occhi del piccolo Samuel contengono il mondo, la speranza, il futuro. Ha sette mesi ed è nato qui al Ferrhotel. Adele e Adam, i suoi genitori, sono della Costa d’Avorio. Loro non sono fuggiti dalla guerra libica: si trovavano lì quando è scoppiata, ma erano in transito, inseguendo già il sogno di venire in Europa. Ora temono di venire divisi. Adele e Samuel sono infatti ‘soggetti vulnerabili’ e quindi, secondo le disposizioni, saranno accolti nella rete Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati), mentre Adam sarà presto fuori, con i suoi 500 euro ma senza un lavoro né una prospettiva”.
Ma questo non accadrà se noi li aiuteremo, se ognuno di noi condivide questo articolo, lo twitta, lo invia a una persona a cui potrebbe interessare, nella speranza che queste persone possano trovare un lavoro.
Aiutiamo i profughi del Ferrhotel di Piacenza a trovare un lavoro, facciamo girare questo appello!
Contatti:
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di Michele Azzu | @micheleazzu