Nell’opera Tu vipera gentile di Maria Bellonci del 1972 sono riuniti tre racconti di carattere storico: Delitto di Stato, Soccorso a Dorotea e Tu vipera gentile. Il fil rouge che li accomuna è il Potere nelle sue molteplici forme, e quello che gli uomini sono disposti a fare per conquistarlo e mantenerlo; di conseguenza, le vittime che miete al suo passaggio.
Delitto di Stato Il primo racconto è ambientato a Mantova nel 1629 e, dei tre, è quello più felicemente riuscito nella commistione tra apparato storico e tessuto narrativo. La città è ancora dominata dalla famiglia Gonzaga, ma si avverte già il declino di una dinastia che stenta a salvaguardare la propria autonomia, schiacciata con il suo territorio tra la Repubblica di Venezia e le rivendicazioni spagnole; e dove, nelle stesse vicende, aleggia quel sentore di putrefazione che anticipa l'arrivo della peste manzoniana.
La copertina del libro,
edito da Mondadori
Da questo racconto fu tratto uno sceneggiato televisivo in cinque puntate trasmesso dalla RAI nel 1982. Tra gli interpreti, fra cui molti attori di teatro di solido mestiere, Sergio Fantoni nel ruolo del cupo e tormentato conte Striggi, Raul Grassilli in quello dell’orefice Bernardino ed Eleonora Brigliadori in quello di Flaminia. La prima puntata dello sceneggiato è visibile a questo link.
Soccorso a Dorotea Il secondo racconto riguarda uno straordinario spaccato domestico e politico della famiglia Gonzaga nel 1457, e in particolare di Ludovico e Barbara: lo stesso clan familiare che Andrea Mantegna ritrasse nel suo fulgore nella Camera degli Sposi. La Dorotea cui è intitolato il racconto è figlia dei duchi di Mantova, promessa sposa per questioni dinastiche a Gian Galeazzo, figlio adolescente del potente Francesco Sforza, signore di Milano. Il ducato di Mantova è, ancora una volta, uno stato cuscinetto, e Ludovico, al soldo degli Sforza, si barcamena con molta dignità ed in pieno accordo con la moglie, fra le mille istanze della sua difficile posizione. Fidanzati in seguito ad un accordo politico, i due ragazzini si piacciono, flirtano nonostante la sorveglianza della servitù durante i loro radi incontri, si fanno piccoli doni, si scambiano tenere lettere.
Camera degli Sposi di Andrea Mantegna (1465-1474)
Castello di San Giorgio, Mantova
Con il tempo, il sentimento e le speranze si infrangono e cedono il passo al potere e alle ragioni di Stato, e Dorotea non è altro che l’ennesima vittima al femminile e la pedina di un gioco più grande di lei, cui finisce per soccombere. L’autrice trae dai resoconti storici, dagli archivi e dalle poche letterine scritte di pugno della bambina Dorotea, dalla corrispondenza tra gli affettuosi genitori, il lato umano e domestico della Storia, e ce lo presenta intriso di profonda pietà per queste figure stritolate dal meccanismo del Potere.
Tu vipera gentileNel terzo racconto Maria Bellonci ci narra l’ascesa di una delle famiglie più chiaroscurali e, anche, luciferine, del nostro Medioevo – i Visconti – compiendo una cavalcata, a tratti convulsa, di eventi storici e di figure. Il titolo riprende il primo verso di un’antica canzone viscontea, ed è un riferimento allo stemma di famiglia del biscione che inghiotte un bambino o, forse, un saraceno. Poco si sa del significato di questo stemma, se non che il biscione sembrerebbe essere una vipera, e che il capostipite dei Visconti fu probabilmente un crociato che guerreggiò in Terra Santa.
Bernabò Visconti con la moglie Beatrice Regina Della Scala
Vipera sorda, tirannica, eretica, anarchica, così si apre il racconto, ricordando le scomuniche subite e quel sentore di eresia che, vero o meno che fosse, accompagnò la famiglia per tutte le generazioni in cui dominò Milano e i territori sottoposti. Gli inizi del potere, ad opera dell’arcivescovo e signore Ottone Visconti, il primo di cui si abbia traccia storica sicura, sono difficili, soprattutto a causa della lotta contro la famiglia dei Torriani guelfi. Estromessi ed esiliati i Torriani, i Visconti tengono in pugno il potere e iniziano la loro opera di consolidamento familiare e politico, sempre in bilico sull'orlo della sconfitta, sempre minacciata dai vicini di casa e da altri stati che frammentavano la penisola, in primo luogo il Papato. Loro scopo è l'espansione del ducato come potenza dominante del Nord Italia, l'annientamento dei nemici, il dissolvimento delle fazioni che rendono il clima turbolento e causano instabilità politica ed economica.La famiglia nella sua interezza governa, e non uno soltanto. Abbiamo così Matteo il pragmatico, l’impetuoso Galeazzo, Azzone amante dell'arte giottesca, l’astuto e affascinante arcivescovo Ottone, il crudele Bernabò con le sue migliaia di cani, e che fece ingoiare i cartigli ai legati papali, il nipote Gian Galeazzo che rinchiuse lo zio nella torre di Trezzo sull'Adda dove morì avvelenato. Le opere civili e religiose, la fioritura del commercio e delle industrie, il prestigio degli armaioli milanesi rinforzano nondimeno l’orgoglio di una comunità operosa, e il popolo accorre per contribuire all'edificazione del Duomo, chi con somme, chi con il proprio lavoro.Ma, dopo lo stravagante Filippo Maria, vestito di tuniche color ametista e circondato da schiere di giovinetti, i Visconti lasciano il passo agli Sforza nella persona di Francesco, ambizioso capitano di ventura e amato sposo di Bianca Maria (un self-made man, come si direbbe oggi), nello stesso modo in cui il crogiolo del Medioevo sfocia nello splendore del Rinascimento.
Cristina M. Cavalieredal blog Il Manoscritto del Cavaliere