Era il 2010 quando in Tunisia ebbe inizio l'ondata di proteste note collettivamente come Rivoluzione dei Gelsomini. L'anno seguente la caduta del Ben Alì, al potere da 23 anni, e nel 2011 le prime elezioni libere nella storia del Paese che portarono alla formazione di una Costituente con una forte impronta islamista impersonata dall'Ennahda, il primo partito tunisino.
Un'ondata di fervore religioso ha da allora investito la popolazione, riportando nelle strade della capitale veli, nihab e burqa, accessori che non si vedevano da tempo. A distanza di tre anni, però, la Tunisia è tornata ad essere un paese profondamente diviso, con una formazione progressista e laica, la Nida Tounes, che ha raccolto transfughi del vecchio regime, delusi provenienti da sinistra e moderati per sfidare l'avanzata religiosa.
Solo leggermente infastiditi da un pugno di formazioni minori – dall'estrema sinistra di Hamma Hammami al megalomane proprietario di reti televisive Hechmi el-Hamdi – in questi giorni i due sfidanti mostrano i muscoli in vista delle elezioni presidenziali, previste entro la fine dell'anno, sebbene Ennahda abbia annunciato di non voler presentare un candidato per prepararsi meglio alle legislative, o forse perché nessuno era all'altezza dell'avversario progressista Béji Caid Essebsi, dinosauro della politica tunisina.
Nonostante la nuova costituzione tunisina abbia ridimensionato il ruolo del presidente in favore di quello del primo ministro, la figura del capo di stato è ancora vista come una chiave fondamentale per la conquista del cuore dei tunisini e i risultati delle presidenziali potrebbero rivelarsi la porta attraverso cui accedere alle più decisive elezioni legislative. La tensione montata intorno all'evento ha già fatto parlare di “Sindrome di Cartagine” la stampa internazionale. Ciononostante il livello di partecipazione dell'elettorato si prefigura in calo (intorno al 50 per cento), sintomo secondo alcuni di una fase riflessiva in attesa di fatti concreti.
Intanto sulle strade di Tunisi si susseguono le manifestazioni civili, spesso molto blande, e intorno a ai luoghi chiave del centro della capitale rimangono perennemente spiegate forze dell'ordine, barriere e filo spinato. Ogni tanto dal sud emergono voci di disordini, ma la vita nella capitale continua imperterrita verso la riacquisizione della stabilità politica.
Città grigia e convulsa, Tunisi non ha decisamente il fascino delle più ambite mete turistica del Mediterraneo arabo. Sull'affollata Avenue Bourguiba si dispiega ciò che rimane dell'eleganza architettonica importata dal colonialismo francese. A chi si imbatte in questa vivace metropoli non resta che cercare un po' di incanto antico nell'estesa medina chiusa dalle imponenti porte medievali, cercare ristoro verso la spiaggia de La Marsa a quasi un'ora di treno del centro, assaggiare le speziate specialità locali e contemplare il confondersi di usi e tradizioni nel colorito mosaico della popolazione tunisina.
[gallery type="square" link="file" ids="38704,38705,38706,38708,38709,38710,38711,38712,38713,38715,38703,38702,38716,38717"]