Il Nord-Africa tutto, dall’Egitto alla Tunisia, dalla Libia al Marocco, dall’Algeria alla Mauritania, sta vivendo, di questi tempi, momenti di reale difficoltà, tanto politica che sociale (le piazze, ad esempio, sono molto “calde”, i giovani fremono e protestano e sono stufi di attese e di frustrazioni, e la “Rete” in tutto questo amplifica e dà una grossa mano ), per quella che avrebbe dovuto essere semmai una naturale conseguente rinascita democratica all’occidentale e cioè laica, in seguito alle aspettative delle note “primavere”.
Erano stati cacciati (imprese che parevano addirittura impossibili) dei “mostri” sacri come Mubarak e Ben Alì. Il rais Gheddafi non c’è più e , da morto ,diciamo che il suo fantasma ( forse?) non può più nuocere a nessuno.
Eppure c’è ancora tanto da fare.
Sono, effettivamente, i tempi lunghi della storia. E, che piaccia o meno, per forza di cose vanno accettati.
Con un pizzico d’ottimismo che non guasta, si continua, comunque, a sperare che, un giorno, messe finalmente in un cantuccio e dimenticate le accanite diatribe di matrice ideologico-religiosa (islam fondamentalista e non solo), e magari gli interessi “forti” ad esse apparentati, effettivamente qualcosa di buono e di meglio ci potrà essere pure laggiù.
Maggiori libertà e nessuna discriminazione. E quello che si chiama rispetto dei diritti umani.
Detto questo, l’attacco al sito algerino di Tiguentourine,non lontano dal confine libico, con i suoi morti e i suoi ostaggi ha preoccupato tantissimo e messo fortemente in guardia il Governo tunisino, l’attuale, che non brilla certo (lo sappiamo) per perspicacia politica ma difende bene, a denti stretti e con i pugni serrati, i propri interessi.
Interessi che si chiamano redditizie concessioni di estrazione di petrolio e di gas per l’Italia (Eni), per i franco-britannici (Perenco), per gli australiani (Omv) e per i canadesi (Winstar).
Come?
Facendo ricorso immediatamente, nello scorso fine settimana, all’utilizzo di forze speciali di sicurezza in aggiunta alle già presenti unità militari nell’area, trattandosi , nello specifico, di un territorio confinante con il deserto libico.
Il pericolo, riferiscono fonti ufficiali, è costituito, in quel punto,specialmente da traffico d’armi e da tutta una serie di attività illegali, che portano avanti sopratutto i noti gruppi legati ad Al Qaida del Maghreb islamico.
Pertanto le precauzioni, se si vogliono tenere in piedi gli affari, sono assolutamente d’obbligo in Tunisia e per entrambe le parti in causa.
Cioè per chi vende e per chi acquista.
Niente sicurezza, infatti, niente entrate.
E i denari delle entrate ?
Come sono impiegati dalla pubblica amministrazione ?
Questo, a mio parere, fondamentalisti islamici a parte,traffico d'armi e droga, è il quesito più interessante e provocatorio cui rispondere.
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)