Nel solitario sud della Bolivia c'è una piccola cittadina di nome Tupiza. Qui, fuori dai circuiti stradali e turistici principali, il passo è lento e l'incedere pigro. I pochi turisti gironzolano per le strade vuote e silenziose in attesa di avventurarsi tra i canyon, le gole e i picchi di quello che non soltanto le guide turistiche definiscono il far west boliviano.
Dopo un tour di tre giorni nella Bolivia meridionale decidiamo di abbandonare il nostro gruppetto di amici appena conosciuti che procede in direzione La Paz e scegliamo Tupiza. Passiamo cinque ore in uno dei ristoranti più brutti di Uyuni che, a sua volta, è una delle città più brutte della Bolivia e poi partiamo con un bus notturno che in altre cinque ore di polverosa e sobbalzante strada ci recapiterà a destinazione.
Siamo felici per essere ancora vivi, vista la strada a strapiombo sul nulla e l'autista folle che abbiamo avuto. Siamo anche un po' agitati perché è l'una di notte e la città è totalmente buia e deserta.
Bussiamo all'hotel prenotato qualche ora prima via telefono e nessun risponde. Il panico affiora. Suoniamo campanelli, citofoni e campane e alla fine un assonnato ragazzo ci apre e ci fa tirare un sospiro di sollievo.
Il giorno dopo girovaghiamo a caso per la città tra un'improvvisata sagra di paese e qualche agenzia turistica. Vogliamo fare il famigerato Triathlon, ovvero andare alla scoperta di questa zona in mountain bike, in jeep e a cavallo.
Purtroppo io sono mezzo ammalato e fortuna vuole che cominciamo con una gita a cavallo. Ora, io non sono un grande fan degli equini non tanto per il loro odore, ma più che altro perché cavalcare un animale sobbalzante mi fa pensare più ad autolesionismo pelvico che ad un piacere emozionante.
Al di là di questo e della giovanissima guida che non parla, ci addentriamo in canyon spettacolari a pochi passi dalla città. Gole scoscese e profondi calanchi accompagnano la nostra cavalcata e un sole abbagliante e potente ci fa apprezzare il cappello alla John Wayne che ci hanno schiaffato in testa.
Nel pomeriggio necessito di un pisolino ristoratore e poi quando il caldo si affievolisce e le mie membra hanno un pelo più di forza saliamo su una jeep scassata che si inerpica lungo una strada tortuosa e scenografica fino alla cima della cordigliera locale.
Da qui si scenderebbe in mountain bike per una pedalata adrenalica e spettacolare, ma la mia febbriciattola dice no. Chi si accontenta gode e quindi, spazzati e scapigliati da un vento poderoso, ci intratteniamo con la guida - stavolta simpatica - che ci racconta la sua vita e quella di queste montagne. La luce comincia a schermarsi e diventare sempre più gialla e i grossi cactus proiettano ombre multiforme sui pendii rocciosi, creando uno spettacolo magico.
A malincuore dobbiamo lasciare questo panorama mozzafiato e domani anche questo angolo remoto, ma affascinante di Bolivia.
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