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TURCHIA: Erdoğan fa le condoglianze agli armeni. Un discorso storico?

Creato il 06 maggio 2014 da Eastjournal @EaSTJournal

Posted 6 maggio 2014 in Armenia, Slider, Turchia with 4 Comments
di Carlo Pallard

Ararat

Le parole di Erdoğan, che questo 24 aprile ha per la prima volta commemorato le vittime armene del 1915, rappresentano un gesto molto importante e senz’altro positivo. Si tratta sicuramente di un grande passo in avanti rispetto alla narrazione tipica del nazionalismo turco, in cui le sofferenze degli armeni sono state spesso negate o comunque presentate come una giusta punizione per il loro “tradimento”. È tuttavia importante sottolineare i limiti dell’apertura di Erdoğan, che non ha certamente pronunciato un mea culpa, ma un discorso volto a legittimare e rafforzare la posizione della Turchia in prospettiva tanto storica quanto attuale.

Nella notte del 24 aprile 1915, nota agli armeni come Garmir Giragi (la ”domenica rossa”), i principali notabili della comunità armena di Istanbul furono prelevati con la violenza dalle loro abitazioni per essere deportati nell’interno dell’Anatolia, dove la maggioranza di essi avrebbe trovato la morte. Fu così che il governo ottomano diede inizio ad una pulizia etnica su larga scala nei confronti della popolazione armena dell’odierna Turchia. Per questa ragione la giornata del 24 aprile è oggi considerata una data simbolica molto importante per gli armeni, che ne hanno fatto l’anniversario delgrande crimine” (Medz Yeghern) da essi subito quasi un secolo fa.

Oggi questi eventi vengono considerati come un genocidio da una parte considerevole dell’opinione pubblica e della comunità scientifica internazionale. Non vi è però un giudizio unanime a tal proposito, e se l’Armenia e alcuni stati occidentali – su tutti la Francia – si sono eretti a paladini del riconoscimento del genocidio, la Repubblica di Turchia non è di certo dello stesso avviso. Per lunghissimo tempo i governi turchi non solo hanno negato che quanto accaduto nel 1915 costituisca un genocidio, ma hanno mostrato una radicale ostilità verso qualsiasi considerazione sul tema che non rientrasse nel punto di vista nazionalista turco.

In questo contesto le parole di Erdoğan sono state giustamente accolte come una grande e positiva novità nel quadro delle relazioni tra la Turchia e gli armeni. Una simile apertura da parte turca riguardo ad un tema tradizionalmente tabù rappresenta sicuramente un evento storico, ma è necessario fare alcune considerazioni che consentano di inquadrare le parole del premier turco in una prospettiva corretta.

Innanzitutto va chiarito come il cordoglio espresso da Erdoğan non significhi in alcun modo un riconoscimento del genocidio da parte turca. Al contrario, la tragedia degli armeni è stata presentata in una visione storica conciliante che dipinge i popoli dell’Anatolia come corresponsabili nelle vicende drammatiche che accompagnarono il crollo dell’Impero ottomano. Secondo il primo ministro, non è assolutamente possibile stabilire una gerarchia tra le sofferenze subite dalle diverse popolazioni coinvolte. Turchi, armeni e curdi sono vittime allo stesso modo della medesima catastrofe. Ciò significa per l’appunto negare la specificità rivendicata dagli armeni, secondo cui le proprie sofferenze non sono da imputare semplicemente agli eventi della guerra e agli scontri inter-etnici, ma sono state la conseguenza di un cosciente progetto di sterminio guidato dall’alto.

Le convinzioni espresse da Erdoğan non costituiscono nemmeno una grossa novità. Da tempo quella delle sofferenze egualmente condivise è la tesi sostenuta dalla parte più moderata – e probabilmente maggioritaria – dell’opinione pubblica turca. Le dichiarazioni di Erdoğan sono sicuramente il sintomo di un positivo ammorbidirsi delle posizioni turche sull’argomento, ma non si avvicinano neppure ad un’ammissione di colpa.

Si può percepire facilmente anche la sensazione che Erdoğan non abbia tanto parlato all’Armenia e alla diaspora armena, quanto al resto del mondo e ai suoi governi. Il premier sa bene che la vittoria del suo partito alle recenti elezioni amministrative ha risolto solo una parte dei suoi problemi. Gli eccessi repressivi, i macroscopici errori nella conduzione della politica estera e gli scandali degli ultimi mesi hanno prodotto un danno di proporzioni notevoli all’immagine del leader turco e del suo governo. Se Erdoğan non vuole perdere definitivamente il capitale di soft power accumulato dalla Turchia nell’ultimo decennio – e in gran parte delapidato in quest’ultimo anno di follia – deve adoperarsi per ricostruire velocemente la sua immagine di leader moderato e dinamico in grado di condurre la Turchia verso un futuro più stabile e democratico. Serviva quindi qualcosa di eclatante che facesse riguadagnare rapidamente punti al premier turco agli occhi dell’opinione pubblica internazionale. Nulla sembra più adatto alla situazione di una dichiarazione conciliante verso gli armeni.

Il discorso pronunciato da Erdoğan è inoltre inserito nella prospettiva geopolitica che caratterizza l’odierna Turchia. Le vittime dei fatti del 1915 vengono infatti identificate primariamente come “cittadini ottomani” e il collasso dell’Impero viene dipinto come la grande tragedia da cui sono scaturite tutte le sciagure dei popoli dell’Anatolia. La rivalutazione dello stato multietnico ottomano non è una novità, ma da sempre uno dei cardini della politica estera dell’esecutivo di Ankara, volto a legittimare l’azione della nuova Turchia “neo-ottomana” nei territori che erano appartenuti all’Impero. La nostalgia del milieu multietnico dell’epoca ottomana è dunque un sentimento tutt’altro che disinteressato.

Anche se la Turchia fosse pronta a costruire finalmente una memoria condivisa sul 1915, è evidente che vuole farlo alle sue condizioni e conducendo il gioco con le sue regole. Il discorso di Erdoğan rappresenta in definitiva un momento importante nello sviluppo del problema turco-armeno, ma non la sua possibile soluzione.

Foto: Brigitte Djajasasmita, Flickr

Tags: armeni, Carlo Pallard, genocidio armeno, Recep Tayyip Erdoğan, Turchia Categories: Armenia, Slider, Turchia


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