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Turchia: la Cina più vicina

Creato il 07 novembre 2012 da Istanbulavrupa

Turchia: la Cina più vicina(pubblicato ieri su Develop.med dell’Istituto Paralleli)

Seconda puntata della nostra inchiesta sulle imprese italiane che investono in Turchia [qui, la prima: un'intervista alla Pirelli]; o ad alto contenuto di italianità: come la Galata Taşımacılık ve Ticaret, un’azienda che si occupa dal 1997 di logistica ed è partecipata al 50% dalla Albini&Pitigliani. Abbiamo parlato dai risultati attenuti in 15 anni di attività della Galata Trasporti e commercio – che ha preso nome e simbolo di “potere, scienza e magnificenza” dalla torre della colonia genovese di Costantinopoli – e dell’andamento presente e futuro dell’economia turca con un italiano di Turchia, Vittorio Zagaia. Nipote di immigrati italiani, nato a Istanbul e con studi al liceo italiano, attivissimo da sempre nelle organizzazioni imprenditoriali turche come unico “straniero”, amministratore delegato e anima della società, uno che “a differenza di quasi tutti gli altri imprenditori italiani, vive il paese”. I successi sono tutti nei numeri. La Galata ha infatti cominciato con 11 impiegati, oggi sono diventati 240 divisi tra le filiali di Istanbul, Izmir, Adana e Bursa. Recapita merci di ogni tipo – una specializzazione particolarmente importante è il tessile – in 175 paesi di tutti i continenti: per via aerea, terrestre, marittima (13 giorni dalla Turchia a New York, grazie a un sistema ad alta tecnologia per l’immagazzinamento e lo smistamento dei pacchi e dei container); fattura 60 milioni di euro, grazie a oltre centomila spedizioni l’anno.

Vittorio Zagaia ritiene che il boom economico della Turchia – tassi di crescita elevati anche in tempo di crisi globale (8,5% nel 2001, 3% nel 2012) – sia dovuto anche a una posizione geografica invidiabile, a legami storici e culturali intensissimi che sono stati riattivati negli ultimi anni dal governo dell’Akp, che hanno permesso di trovare nuovi sbocchi alle esportazioni per compensare il calo di quelle verso l’Europa: “la Turchia è un mercato di 80 milioni di persone, ma è come se fosse di 300, perché bisogna considerarla un tutt’uno coi paesi limitrofi del Medio Oriente”, di cui deve imparare a sfruttare meglio le risorse naturali e la liquidità. Gli stessi paesi islamici sono fortemente interessati alla Turchia, che considerano “un esempio di performance economica a cui ispirarsi”. Il segreto è nella politica estera, insomma, nella capacità di stringere rapporti di cooperazione con tutti i suoi vicini e non solo con l’Europa. La Turchia deve anche diventare però sempre più simile all’Europa, “deve adattarsi all’Europa”: sia mutando il proprio tessuto produttivo – come già sta avvenendo – privilegiando la componentistica e i semi-lavorati oltre che la produzione di energia, così da affrancarsi dalla dipendenza da costose importazioni; sia promuovendo uno sviluppo a ritmi sostenuti anche delle regioni depresse dell’est. E “lo schema di incentivi introdotto quest’anno dal governo va nella giusta direzione, perché consente di impiantare in quelle zone nuove linee produttive”.

L’ad di Galata Taşımacılık ve Ticaret ritiene che sul mercato turco le imprese del nostro paese abbiano grandi chances: “c’è una grande ammirazione per l’italianità, per il know-how e il design degli italiani”. Ma gli ostacoli che rendono difficoltosa l’attività economica sono ancora molti: “la burocrazia che ancora impone la produzione di migliaia di documenti” (ma i nuovi codici doganali e del commercio “hanno introdotto notevoli semplificazioni”); le periodiche e ricorrenti crisi politiche ed economiche che provocano crolli del Pil – l’ultima volta, nel 2009 – e mettono a rischio gli investimenti; “la geografia che può essere punto di forza ma anche di debolezza”. Basti pensare alle turbolenze – “dannose per gli scambi” – nei rapporti con Iraq, Iran, Israele, Siria e anche Russia. Continuerà in ogni caso a promuovere la Turchia perché il paese è in grado di fare grandi cose, “basti pensare al settore dell’abbigliamento e del tessile che ormai fattura 19 miliardi di euro e migliora a vista d’occhio in qualità, oppure alla penetrazione sui mercati africani grazie alle scelte intelligenti della politica”; perché la Turchia è “la Cina più vicina”.

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