Turchia: un mare di cooperazione (economica)

Creato il 21 dicembre 2012 da Istanbulavrupa

"La scelta è stata voluta e simbolica", ha voluto sottolineare il ministro degli esteri Davutoğlu ancor prima del suo discorso d'apertura: e il vertice conclusivo del semestre di presidenza turca dell'Organizzazione per la cooperazione economica del mar Nero - il 15 dicembre - si è effettivamente tenuto in un posto speciale, nel palazzo di Adile Sultan (figlia del sultano Mahmud II) che si erge su un promontorio - a Kandilli, sulla sponda asiatica - ed è praticamente sospeso sul Bosforo; dalle sue finestre - da una parte e dall'altra - i due ponti sullo stretto che ha fatto la storia della geopolitica: simboli, per l'appunto, delle connessioni antiche e recenti tra i paesi rivieraschi.

Il vertice non ha prodotto risultati clamorosi, ha visto la partecipazione di soli sei ministri degli esteri su dodici: presenti, oltre alla Turchia, Albania, Azerbaigian, Grecia, Moldova e l'Ucraina che avrà la presidenza di turno dal 1° gennaio. Rappresentati a livelli inferiori, tutti gli altri paesi: Armenia, Bulgaria, Georgia, Romania, Russia e Serbia. Alcuni nomi possono sorprendere, ma fin dal principio - dalla dichiarazione di Istanbul del 25 giugno 1992 (la Serbia ha aderito nel 2004) - si optato per una membership allargata a stati della regione che non hanno acceso diretto: l'obiettivo è sempre stato quello, alla fine della Guerra fredda, di promuovere stabilità, pace e prosperità; e anzi, senza i veti incrociati di Turchia e Grecia già farebbero parte dell'organizzazione la Repubblica di Cipro e la Macedonia: mentre svolge un ruolo rilevante anche l'Unione europea attraverso la sua 'Black Sea Synergy' (sviluppo sostenibile, riforme democratiche, risoluzione pacifica dei conflitti). 'Pace e stabilità attraverso la cooperazione economica': questa la formula esatta utilizzata nel documento fondativo.

Lo slogan del ventennale è stato rivisitato in 'Dalla cooperazione regionale a una zona di prosperità nell'area del mar Nero', l'approccio è rimasto lo stesso dell'allora presidente turco Turgut Özal: neutralizzare i problemi politici che dividono molti paesi dell'area - tra tutti, il Nagorno Karabakh che congela e infiamma i rapporti del triangolo Armenia-Azerbaigian Turchia - dando vita a forme di avanzata integrazione economica. Davutoğlu, durante la conferenza stampa che ha seguito l'incontro ministeriale, è stato piuttosto esplicito: solo creando "stabilità, reciproca fiducia e sviluppo economico condiviso" sarà possibile risolvere i problemi tra i membri dell'organizzazione; dopotutto, il regionalismo e il multilateralismo sono le caratteristiche principali del suo modo di fare politica estera: con un ruolo sempre propulsivo nelle analoghe iniziative per i Balcani e l'Europa sud-orientale, per l'Asia centrale e i paesi turcofoni, per la periferia allargata dell'organizzazione per la cooperazione economica, per il Levante con il progetto di area di libero scambio con Giordania, Libano e Siria (per ovvie ragioni, al momento sospeso). Durante la precedente conferenza di presentazione del meeting del 15 dicembre, anche l'ambasciatore Mithat Rende - responsabile per gli affari economici multilaterali al ministero - era stato esplicito e diretto: "Crediamo che lo sviluppo degli scambi permetterà di risolvere i conflitti politici della regione".

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(il resto, su L'Indro)


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