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Turiste occidentali in cerca di avventure sessuali a pagamento: dall’Africa ai Caraibi

Creato il 25 febbraio 2014 da Molipier @pier78

Scritto da: Genny Sangiovanni 25 febbraio 2014 in Attualità, Cronaca, News, Società Inserisci un commento

Che si tratti di uomini o donne che viaggiano per trovare (o provare) esperienze sessuali con gli autoctoni che differenza fa?  Kenya, Giamaica, Capoverde, Santo Domingo, Cuba, Maghreb, Tanzania e Gambia sono le mete in cima alla lista per le donne che vanno in vacanza sperando di trovare un avventura romantica con un tuareg, la guida di un safari o un beach boy. Avventura che, però, è a pagamento, intesa come un servizio sessuale in cambio di denaro. Big bamboo è il nome usato in gergo per definire il gigolò.

La direttrice del webmagazine dedicato alla cultura del viaggio al femminile “Per me sola” spiega che “nessuno chiama l’agenzia di viaggio per richiedere l’avventura sessuale.  Ma alcune mete offrono le occasioni giuste. Non si ha la certezza dell’happy ending, ma nella proposta di un ‘viaggio nel deserto’ o ‘notte al campo tendato’ è possibile finire a letto con una guida o un locale. Ci sono anche coppie di madre e figlia che partono insieme, donne adulte, trentenni. C’è scambio di soldi. E a volte i ‘ragazzi’ sperano di sposarti”.

Le agenzie di viaggio, dunque, non entrano nei dettagli del turismo sessuale ma qualche indizio lo offrono i gestori degli alberghi: “abbiamo strutture gestite da italiani, dove l’animazione include anche alcuni capoverdiani, molto simpatici” spiegano dall’Hotel Morabeza di Capoverde dove, se si porta qualche estraneo in camera, l’importante è che “si deve prendere una doppia e attenzione a chi si lascia entrare. Non che qui sia mai successo, ma c’è sempre il rischio che non sia una persona fidata”.

A Negril, in Giamaica, dal’Alfred’s Ocean Palace spiegano che se “vieni qui in cerca di compagnia, dipende tutto da te, se ne hai voglia trovi quel che vuoi. È un posto grande. È facile conoscerli sulla spiaggia, al bar, per strada. Se vuoi qualche consiglio, poi, ci sono anche parecchie italiane” che si accompagnano alle bellezze locali.

Il giornale online “Escape Artist Travel magazine” nel luglio 2007 ha parlato di 600mila donne occidentali che partecipano ogni anno a questo tipo di viaggi. Anche se non esistono studi ufficiali, le stese cifre le ha riprese anche la giornalista cofondatrice di ‘Justice for Women’ Julie Bindel. Mentre nel 2006, Pierre Orsoni, presidente del ‘Telefono Blu Sos’ aveva dichiarato che le donne italiane sono una cifra compresa tra le “30 e le 50mila l’anno” supponendo che “le donne rappresentino dal 3 al 5 percento di quel milione di connazionali che pratica, abitualmente o meno, turismo sessuale”.

Michael Seyfert, regista e autore del film “Rent a Rasta” (che sottintende l’uso sessuale di un uomo coi dreadlocks) ha calcolato che in Giamaica ogni anno oltre 80mila donne over 40 arrivano alla ricerca del big bamboo. Gli stessi gigolò sui social network si vantano del loro successo e delle loro migliori prestazioni sessuali rispetto all’uomo occidentale: “once you go black, you’ll never go back” pare dicano.

Le donne, in realtà, escludono di essere ‘turiste sessuali’ anche se pagano per avere rapporti: “per loro non è un meccanismo di prostituzione. A differenza dell’uomo che cerca una partner diversa ogni sera, la donna è prettamente romantica e nel corso di una vacanza tende a frequentare un uomo solo” spiega Yasmin Abo Loha di ‘Ecpat Italia’ che si occupa dei diritti dei minori contro lo sfruttamento sessuale.

Le signore in cerca di avventure romantiche preferiscono, infatti, farsi chiamare romance tourists, viaggiatrici in cerca di una favola.

A dimostrarlo è stata la ricerca di Jacqueline Sanchez Taylor, sociologa dell’Università di Leicester, ‘Dollars are a Girl’s best friend? Female Tourists’ Sexual Behaviour in the Caribbean’ dell’ Agosto del 2001. 240 le turiste intervistate sulle spiagge della Repubblica Dominicana dalla sociologa da cui è emerso che un terzo aveva avuto rapporti sessuali con i locali durante la vacanza. Il 60% di queste riconosceva che nella relazione ci fossero elementi di ‘natura economica’ ma non si sentivano comunque ‘turiste sessuali’. Solo il 3% riferiva che le relazioni erano state “esclusivamente fisiche”, mentre per oltre il 50% erano state “romantiche”.

La sociologa ritiene che “negli ultimi anni il numero di donne che fa turismo sessuale sia cresciuto, grazie a voli e pacchetti low-cost in paesi economici. Le donne sono sorprese di trovare così tanti uomini a loro disposizione, ma raramente per loro pagarli rappresenta una forma di prostituzione”.

Il primo contatto con il gigolò avviene sulla spiaggia o per strada, non in strutture organizzate e “molte si convincono ingenuamente di essere corteggiate. ‘gli piacciono i miei capelli, la mia pelle chiara’, dicono”.

La differenza economica con la prestazione sessuale femminile è che la forma di pagamento è diversa: “di solito non c’è la tariffa. A differenza dell’uomo, la donna offre pasti, vestiti, drink e invia contante al beach boy al ritorno. Può arrivare anche a comprargli un appartamento. Magari lo invita per brevi periodi in Europa o in Nord America. Per il gigolò è un modo per acquisire uno status che lo fa emergere tra i suoi colleghi. O l’unica via per emigrare in Paesi ricchi”.

La Sanchez spiega inoltre che difficilmente queste relazioni sfociano in un matrimonio, anche se questo “è un dato impossibile da misurare”.

Ma non solo over 40 o donne single, tra le turiste sessuali, o romantiche che si voglia, “ci sono donne di tutte le età, dai 20 ai 60 anni e oltre, mogli che lasciano a casa i bambini, separate, divorziate e vedove. C’è chi cerca un’esperienza, chi vuole allontanarsi dall’impegno di una relazione o al contrario cerca un compagno. Chi ha più soldi va più spesso, specie le over 40. Ma l’età non è mai una barriera

Via|ilfattoquotidiano

relazioni romantiche turismo sessuale 2014-02-25

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