Proprio stamani l’amico Fabio Canessa – ragazzo di brillante intelligenza – scriveva sul suo profilo di Facebook: “Vivere a Genova è straordinario. C’è sempre qualche posto da scoprire con gli occhi del viaggiatore, pur sapendo di essere a casa.” Non so se è telepatia o se è semplice consapevolezza radicalgeostazionaria, però era proprio quello che pensavo stamani durante uno dei miei tanti giri a zonzo per la città.
Non avremo la Vucciria o Ballarò di Palermo e nemmeno quella meraviglia barcellonese nota come La Boqueria, ma cos’è mai il nostro Mercato Orientale di Via XX Settembre? Mi ci perdo sempre come un turista e ne esco con le borse colme di qualsiasi ben di Dio. Una compulsione orfica, un panismo del “pesa e incarta”. Quasi gioco al turista, mi cambio d’abito (anzi di “habitus”) e scorgo l’esotismo nel chilometro zero che, poi, è roba di casa mia. Guardo i colori, ascolto i suoni e annuso l’aria mista di fragranze schizofreniche. Il mio naso è più indulgente del mio cervello e lascia che gli effluvi della frutta si scontrino a singolar tenzone con quelli provienienti dal banco del pesce sotto il cielo olfattivo dei miei rinosensori. Non solo occhi, caro Fabio, ma tutti i sensi in festa e secondo una prospettiva rinnovata nonché rinnovabile; non perché si vuole cercare il “nuovo” a tutti i costi, bensì perché siamo noi a cambiare, giorno dopo giorno, passo dopo passo, strada dopo strada. Il viaggio cambia: è un concetto sciolto dai chilometri e dalle distanze. Proust docet…
Ah… mesi fa, dopo un lauto pranzo domenicale, Patrizia ed io uscimmo per una passeggiata. Decidemmo di scendere verso Via Balbi dal Castello d’Albertis. Tanto per avere qualche riferimento… Via Montegalletto, Via Famagosta, Via Balaclava… ebbene. Sorpresa. Non ci sembrava nemmeno di essere a Genova. Lisbona, sì, Lisbona. Ma eravamo in una Genova a noi ignota e, al tempo stesso, sorprendente. Quindi, caro Fabio, tutto vero e aggiungo: abbiamo avuto anche un bel paniere ad essere nati qui. Poi mugugnamo e viviamo con la filosofia del “maniman”, però che ci passa mai sotto i piedi? (quanta poesia… ma occhio alle deiezioni sull’asfalto, nota dolente per molte creuze) [R.S.]