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Prima cosa: che figa che era Bettie Page. Seconda cosa: che figa che è Gretchen Mol nella parte di Bettie Page.
Per quanto riguarda la prima cosa: chi è Bettie Page? Come, chi è Bettie Page? Capisco che se non avete 150 anni non abbiate vissuto in prima persona il periodo in cui è assurta a notorietà, però andiamo, è un’icona che avrete già visto sicuramente o quasi da qualche parte.
Bettie Page è la pin-up per eccellenza. I più sporcaccioni e deviati tra di voi cari lettori cannibali sapranno che è anche un’icona del genere fetish e del sadomaso, per via dei suoi scatti più piccanti e provocatori. Quelli che hanno fatto gridare “Oooh” dallo scandalo gli americani. Che comunque non ci va niente per far gridare “Oooh” dallo scandalo gli americani, perlomeno se consideriamo gli americani come una popolazione composta da una miriade di famiglie Camden (quelli della fu serie Settimo Cielo) replicati in massa pronti a gridare "Mitt Romney hurrah, salvaci tu dall'uomo nero!" Per fortuna non è così, non in tutte le parti degli United States of America e non tutta la popolazione, almeno, però quando Bettie Page realizza i suoi scatti siamo negli anni Cinquanta e la società americana è ancora più bigotta di oggi. Ma nemmeno troppo più di oggi, comunque.
L’aspetto più interessante della figura di Bettie Page, se non consideriamo la sua splendida figura fisica, bensì la sua figura chiamiamola “personale e psicologica”, è il conflitto dentro di lei tra la voglia di apparire, mettersi in mostra e trasgredire, e la sua anima più conservatrice e religiosa. In lei c’è un duello profondo tra le fotografie “peccaminose” per cui posa, e per cui è felice di posare visto che lo vede come il suo dono nei confronti dell’umanità, e una vocina che le dice che ciò che sta facendo potrebbe essere sbagliato. Questa lotta personale è un aspetto su cui il film si concentra, ma forse si sarebbe potuto fare qualcosa di più per rendere la complessità di questa figura. O forse no, perché Bettie Page era sì combattuta, ma magari non era una figura così complicata. Magari era solo un’ingenua ragazza degli anni ’50 cresciuta con una mentalità strettamente cattolica dentro un corpo esplosivo.
L’altro elemento cardine della pellicola è quello della censura. Come visto anche in Larry Flynt - Oltre lo scandalo di Milos Forman, al termine della seconda guerra mondiale gli americani hanno combattuto due battaglie principali: una contro il comunismo, l’altra contro la pornografia. Messo da parte lo spettro nazista, sono stati questi i due grandi nemici degli U.S.A., prima dell’arrivo di Saddam Hussein e Osama Bin Laden. Gli scatti di Bettie Page che non solo posa nuda, ma viene spesso fotografata in pose bondage, ovviamente scatena lo sdegno dell’opinione pubblica e gli istinti più brutalmente censori. E pure qua il film avrebbe potuto offrire di più: il conflitto tra la professione scandalo di Bettie non scatena una vera e propria lotta nella sua famiglia, cosa che avrebbe potuto dare una maggiore spinta drammatica alla visione. Le parti processuali legate alla volontà di censurare le immagini offrono qualche spunto interessante (i feticisti vengono visti come degli psicopatici da curare, più pericolosi dei tossicodipendenti), ma niente più. Il film sulla scandalosa Bettie Page avrebbe quindi potuto rischiare di più, spingersi in territori più piccanti e politically incorrect. La via scelta dalla regista Mary Harron sembra però essere stata un’altra e non affatto disprezzabile, quella di realizzare sostanzialmente una commedia, in cui gli episodi più drammatici (lo stupro di gruppo ai danni della povera Bettie; il processo) non acquistano mai una parte preponderante, preferendo tenere un’atmosfera più leggera e pop, giocata a livello visivo a metà strada tra colore e b/n. Mary Harron si conferma regista valida e dotata di un tocco mai troppo pesante. Dopo gli anni 60s di Ho sparato a Andy Warhol e gli 80s di American Psycho, è passata a confrontarsi con i 50s di Bettie Page. Realizzando un’altra opera ricca di spunti di interesse, eppure non riuscita fino in fondo.
A impreziosire la confezione di questo biopic convincente, sebbene solo a metà, ci pensa la solida produzione HBO Films e un cast telefilmico di primissimo livello.
Si intravedono il sempre bravissimo Jared Harris di Mad Men e Norman Reedus di The Walking Dead, oltre a due nomi che non a caso verranno poi ripescati nel circuito delle serie targate HBO: lo sceriffo di True Blood Chris Bauer, e poi lei, la protagonista, la meravigliosa Gretchen Mol di Boardwalk Empire.
Due parole su quest’attrice bisogna pur dirle. E qui veniamo finalmente alla seconda cosa di cui parlavamo a inizio post. Gretchen Mol ha una dote impressionante come trasformista. Ogni volta che la vedo, sembra una persona diversa. Una donna completamente differente. Una dote preziosissima e molto rara per un’interprete. Dalla biondina tardo 90s di film come Donnie Brasco, Il giocatore - Rounders e Il tredicesimo piano alla rossiccia giovanissima madre di Michael Pitt nella serie Boardwalk Empire fino alla mora Bettina Page, difficile riconoscere la stessa attrice. E invece è sempre lei e se la cava sempre più alla grande. Ancora troppo poco utilizzata, ha un potenziale davvero notevole, espresso pienamente in una interpretazione di Bettie Page clamorosamente immersa nella parte e clamorosamente ignorata dai grandi premi Oscar, Golden Globes etc. È lei l’anima e (hard)core di questo biopic. Scandaloso? Nah, fondamentalmente ingenuo e naif, almeno come possono apparire oggi gli scatti della sempre Notorious and gorgeous Bettie Page. (voto 7/10)
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