Sono diversi i limiti dell’iniziativa popolare “Salviamo il lavoro in Ticino” promossa dai Verdi che hanno spinto noi comunisti e molti sindacalisti a non sottoscriverla. Anzitutto il fatto che la stessa incarica il governo di fissare la percentuale (presumibilmente il 65% stando ad alcuni testi legislativi) del salario mediano nazionale che verrebbe utilizzata per determinare il salario minimo cantonale di ciascun settore. Questo metterà i lavoratori alla mercé di quella stessa compagine governativa che ha tagliato, pochi mesi fa, i salari dei dipendenti pubblici. In secondo luogo vi è il rischio concreto che si venga a creare un effetto di “ancoraggio” negativo: la parte padronale, di fronte a salari minimi tanto bassi potrebbe diminuire le attuali paghe, finendo così per danneggiare gran parte dei salariati e aggravando addirittura l’effetto dumping. Non mi stupisce, quindi, che Franco Ambrosetti, presidente della Camera di commercio, abbia firmato l’iniziativa.
Con questa iniziativa popolare i Verdi hanno scelto una via per mostrarsi particolarmente attenti su un tema quanto mai attuale come il lavoro. In questo modo essi escono dal luogo comune secondo il quale gli ecologisti si occuperebbero solo di ambiente, cosa peraltro non vera. Il mio timore è, però, che questa mossa sia anche in parte utile ad approfondire il divario con la sinistra, gettando le basi per una mediatizzazione, a volte forse un po’ strumentale, di questa contraddizione. Sarà una geniale mossa di marketing politico immediato, ma sul lungo periodo dubito possa favorire la costruzione di una cultura diffusa, sensibile ai temi sociali ed ecologici, come sarebbe auspicabile per il Ticino e come molti elettori comunisti, socialisti ed ecologisti vorrebbero.
Quella dei Verdi è evidentemente una scelta politica legittima, ma che non mi appartiene e che anzi suscita non poche perplessità proprio per il contributo che le idee ambientaliste ritengo debbano continuare a dare al dibattito interno alla sinistra. In quest’ottica, peraltro, è nata l’idea di una “svolta eco-socialista” nel Partito Comunista, rimettendo in discussione almeno in parte alcuni miti laburisti e produttivistici della sinistra storica. Se i Verdi ci avessero coinvolto nella stesura dell’iniziativa avremmo portato il nostro contributo attivo per migliorarla e magari costruire su di essa un’ampia convergenza progressista e sindacale. Ipotesi su cui siamo, eventualmente, sempre disposti a lavorare, in pieno spirito unitario.