Siamo costretti a firmare, ogni volta che forniamo i nostri dati, montagne di documenti per tutelare la nostra privacy. Le aziende hanno necessità di un apposito archivio e di un responsabile per conservare i dati dei propri clienti sempre per la tutela della privacy. Ci sono misure a tutela della privacy ovunque, talvolta esagerate. Poi lo Stato che ci impone tutto questo se ne frega della nostra privacy e ne inventa un’altra che, con la scusa di sanzionare comportamenti illeciti, invece raccoglie dati senza il nostro consenso.
Mi riferisco al già noto sistema Tutor e al suo fratello neonato, il Vergilius. Questi due sistemi funzionano con delle telecamere che registrano i nostri numeri di targa quando ci passiamo sotto. Se al rilevamento successivo il tempo di percorrenza del tratto di strada è inferiore a quello che ci sarebbe voluto viaggiando entro i limiti di velocità scatta la sanzione. In caso contrario il sistema cestina i nostri dati. Ma chi ci garantisce che vengano davvero cestinati?
I dati raccolti in questo modo possono dar modo, a chi ne avesse la necessità o soltanto la voglia, di ricostruire i nostri spostamenti e di sapere dove siamo, dove andiamo e quanto tempo ci stiamo. E’ una violazione della privacy a tutti gli effetti tanto che, al contrario dell’autovelox che rileva sì i nostri dati ma soltanto in caso di illecito, il sistema ci registra comunque. La cosa diventa estremamente inquietante considerando il momento sociale e politico che viviamo. E’ preoccupante che della questione non si occupi nessuno, associazioni di consumatori, partiti politici, movimenti a tutela dei diritti civili. Eppure la violazione è lampante. Come mai questo silenzio?
Luca Craia