Certo che se avessi avuto il sospetto che pulire un kg. di fagiolini mi avrebbe trsemesso questo insolito stato di benessere, avrei iniziato a farlo molto tempo fa! Tagliare con soddisfazione quella testa e quella codina ad un piccolo pastello verde smeraldo con la musica alle orecchie è stata una cosa sensazionale. Ascoltando per caso Zucchero, alias Adelmo Fornaciari che è nativo delle mie parti, mi ha proprio dato la sensazione completa di essere a casa. Bella scoperta! Ero dentro la mia casa, “rintanata” nella mia cucina rossa, a pulir fagiolini! Adelmo è nato a Roncocesi, un piccolo paesino rosso ancora come il fuoco, non un surrogato del PCI, no no, proprio autenticamente comunista, come tutte le zone della nostra “bassa reggiana”. Di Roncocesi era anche una mia cara compagna di classe delel scuole superiori (ragioneria), si dovette sposare a 18 anni perchè era incinta e, tutta la classe andò a vedere la cerimonia religiosa nella sua Chiesa. Perse un anno di scuola, ma poi,. brava ed intelligente com’era si diplomò con un anno di ritardo e fece in tempo lo stesso! Quindi alla fine non perse nulla, ma acquisì un bravo marito, ebbe due figli, ed ora è nonna! Questo paesino è ad un tiro di schioppo da casa mia e Adelmo l’ho anche incontrato al “Mercanteinfiera” di ottobre a Parma! Beh che c’è? E’ un uomo come voi uomini, pantaloni e t-shirt nera, barba incolta e lunghetta, sguardo birichino con l’aria di chi ce l’ha fatta ad aver soldi e successo! Mica male per uno che parte da un piccolo paese adimensionale, forse nemmeno citato dalle cartine stradali! Un uomo qualunque non troppo alto e nemmeno così cicciottello come appare in TV, mi vien da dire appassionato anche lui di mobili e oggetti antichi, come me e come tutti quelli che vanno a questa fiera da anni e annorum. E’ un uomo, accidenti, va bene! gli ho chiesto anche l’autografo e lui sorridendomi me l’ha fatto, ridendo ancora di più, quando gli ho detto che abito vicino ad Albinea, cioè ad un tiro di schioppo dalla sua casa natale. L’ho chiamato “signor Adelmo”, credo fosse dai tempi di sua nonna, che nessuno gli si rivolgeva più così! Nonna Diamante, che lo chiamava alla fine di una sua canzone dicendogli in dialetto reggiano” Delmo, vin a cà!, Delmo, Delmo….”. tradotto “Adelmo, vieni a casa!”. Ha riso ancora di più, quando io e un altro gruppetto di persone lo abbiamo riconosciuto, una risata fatta di gusto, con quella faccia sana tipica di chi ha aèèena consumato un pranzo di quelli con le palle, un pranzo emiliano: cappelletti e lambrusco, arrosto e salsina, lasagne, del buon culatello, che mi piace moltissimo e per finire di sicuro si è fatto due porzioni di zuppa inglese! Ieri pomeriggio mi sono sentita bene, al mio posto, con la mente dentro al corpo, il corpo attaccato alla testa, gli arti forti e rotondi, le vene pulsanti di primavera, i capelli leggermente spettinati, il seno ribelle che vuol dire la sua, ma io gliel’ho impedito e l’ ho costretto dentro un vecchio reggiseno di quando portavo la seconda. Così impara a stare al suo posto, a non esprimersi ancora, deve imparare a tacere, proprio come me. E taglia, e sbuccia, e affetta e pela, e lava e metti in pentola poi cuoci, mi bussa alla schiena un sorriso che non aspettavo più: il mio! Per immortalarlo con il cellulare mi sono data anche il rossetto, sì avete capito bene, per stare in casa a pulir verdure! Mi piace ridere di niente, mi paice lamia carnosa bocca, forse è l’unico pezzo di questo corpo male assemblato che amo! Pensando ai fatti miei, ho continuato a pelare di tutto, ho ripercorso le parole che non ho mai detto, le sensazioni che non ho forse mai accettato. Adoravo ridere con me stessa, parlandomi chiaro e nitido, con l’illusione che tutto andrà per il verso giusto. Se questi fagiolini dovessero finire, non riuscirò più a pensare. Allora sbuccerò anche carote, patate, cipolle, zucchine, inebriata dal profumo di minestrone che sta cuocendo. Lo posso anche toccare un profumo: dalla pentola a vapore lascia una leggera scia di vapore, come i treni a vapore di un tempo. Ci ho messo dentro anche la crosta pulita e grattata bene del Parmigiano Reggiano, per insaporirlo come faceva mia madre. Sono in maniche corte e sono anche un pochino abbronzata, camminando tutti i giorni ciò è possibile. Ma guarda che strano: forse mi sto per ammalare, forse ho dormito troppo poco… Banalità, giorni di primavera in arrivo, prepotenti e dominatori del mio essere ancora in letargo. Accipicchia! Io la sottomessa e la bella stagione la dominatrice del mio io, del mio pensiero, del mio cuore, del mio corpo? Io che permetto di essere sottomessa e dominata? Ma no, non ci crede nessuno, se poi non ne vale la pena ed è tutto un intruglio cattivo e amarognolo? Faccio fatica ad accettare situazioni nuove o dimenticate, non sono pronta per fermarmi immobile su di una sedia. Forse dovrei assecondare i ritmi delle stagioni e lasciarmi andare ai tremori e ai sussurri urlati? Non lo so, non ho risposte, le cercavo anni fa ma ora, con questi fagiolini per le mani..Pensavo non trascorresse mai questo assolato pomeriggio, si preannunciava lungo ed antipatico con quei colpi di tosse di Alice che ci hanno impedito di andare a nuoto. Invece il tempo ed i fagiolini mi hanno fatto uno scherzo, facendomi rimanere con loro tra le mani, ho sorriso e mi sono costretta a pensare. Il tempo ed il sole mi hanno fatto mettere davanti ad una nuova e non voluta situazione, che richiederà tempo e pazienza. Io dico che l’ha fatto apposta ad essere più lungo per darmi il tempo di pensare e riflettere, quel tempo che non mi concedo e che invece mi chiede di essere accolto. Il tempo che non accolgo, mi ricorda che ho ancora tempo per ogni cosa, c’è spazio per ogni persona, amore per chi lo chiede, le risposte arriveranno da sole con il tempo. Questo interminabile ed inconsueto pomeriggio casalingo mi ha dato due possibilità, due opportunità da valutare: sta a me, a te, a noi due, circondati dagli altri curiosi trovarle nei gesti più insignificanti i segnali. Sarò banale, sarò infantile e sciocca, stupida se vogliamo, illusa? Forse sì, ma ha dell’incredibile, stare seduta mi ha fatto ripensare alla mia vita già trascorsa e a quelle che mi aspettano, delle quali non conosco i segnali e non so il nome delle vie. Sarà un bel viaggio al buio questo, una cena con delitto? Un raggio di luna si infrange sulla tendina di pizzo, lo scoccare delle ore sette di sera arriva dal campanile della mia Chiesa severo e preciso, la pentola fischia, il timer suona, il campanello trilla, mia figlia chiama, arriva un sms, quattro commenti, due mail e devo ancora fare la doccia…basta! E’ finito l’incanto, il sogno si è infranto, ora getto il guanto color amaranto, ho fatto forse un autotrapianto? Domani coglierò il calicanto, butterò via tutto quell’amianto e fintanto che c’è incanto, io indosserò solo questo manto. Son carina, son gentile? Sta a voi sapermelo dire, della vita son curiosa, moglie, amante e infine sposa! Nel frattempo questo bel dì se n’è andato, il mio cuor ne è rammaricato, alla fine del giro in giostra i paganti vanno in mostra, si chiudon le finestre, si trangugian le minestre, si son cotti pure i fagiolini annidati nei miei pensierini.