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Tutta la mia medietà

Creato il 09 dicembre 2013 da Lundici @lundici_it

By Alta Fedeltà sul piattoAlta Fedeltà copertina prima edizione

Alta Fedeltà la copertina della prima edizione 1996.

La pagina della Cover Writer remix: Lucio luogo comune spiegato da Alta Fedeltà di Nick Hornby.  Quanti ti noi, gente nata negli anni ’60 e ’70, ragazze come me comprese, quando hanno letto “Alta Fedeltà” di Nick Hornby, edizioni Guanda, nel 1996, hanno pensato: “Ehi, ma questo libro parla di me”? Temo la maggior parte.

Anche io l’ho pensato, anche se in quel periodo ero già in una fase ordinata e consapevole della mia vita, 31 anni, sposata, in cinta della prima figlia. Eppure sì, sentivo che parlava di me, di me che ho una canzone sempre a portata di mano per descrivere ogni occasione, anche solo una frase da tirare fuori quando meno ci se lo aspetta – anche se da me te lo aspetti sempre. Di quel mio parlare per classifiche, del non padroneggiare il presente, ma comprendere solo il passato, sebbene col senno di poi, non perché lo si rimpianga, anzi, ma perché finalmente può essere ascritto ad un semplice testo scritto, facilmente riducibile a una struttura incipit – strofa – ritornello – strofa – ritornello – chiusura.

Nick Hornby ci ha aperto gli occhi su alcune verità inconfutabili:

“… Cosa è venuto prima la musica o la sofferenza? Ascoltavo quella musica perché soffrivo o soffrivo perché ascoltavo la musica? Sono tutti quei dischi che ci fanno diventare malinconici?

La gente si preoccupa perché i ragazzini giocano con le armi, perché gli adolescenti guardano film violenti: c’è paura che nei giovani finisca per imporsi una specie di cultura della violenza. Nessuno si preoccupa dei ragazzini che ascoltano migliaia di canzoni – migliaia letteralmente – che parlano di cuori spezzati e abbandoni e dolore e sofferenza e perdita. Le persone più infelici che conosco, dico in senso amoroso, sono anche quelle pazze per la musica; e non son sicuro che la musica pop sia stata la causa della loro infelicità, ma so per certo che sono persone che hanno ascoltato canzoni tristi più a lungo di quanto non siano durate le loro tristi storie.
La musica sentimentale ha un grande potere: ti porta indietro nel momento stesso in cui ti porta avanti, così che provi contemporaneamente nostalgia e speranza. …

…Avete presente Bobby Jean, da Born in the USA? Beh, vorrei che la mia vita fosse come una canzone di Bruce Springsteen. Almeno per una volta. So che non sono nato per correre, so che Seven Sister Road non ha niente a che vedere con Thunder Road, ma i sentimenti, perché dovrebbero essere diversi?

Tutto il mio “genio”, se così posso dire, consiste nel raccogliere tutta questa medietà in un insieme compatto. …”

Aridaje al luogo comune

Aridaje al luogo comune

Ora, non so se, per le generazioni attuali – ragazzi e ragazze che ascoltano musica nelle cuffiette nella modalità random e non interi L.P. in vinile graffiati dall’uso costante – sia la stessa cosa, ma certo per me, per noi l’ascolto delle canzoni è stato micidiale, proprio come per il protagonista del romanzo Alta Fedeltà. Io, in effetti ho iniziato ad ascoltare i singoli di Battisti che appartenevano a mia madre, nel mangiadischi, sin dai tempi della scuola materna, insieme a quelli di Massimo Ranieri e Al Bano di mia nonna, senza disdegnare Raffaella Carrà le sigle TV in genere e lo Zecchino d’Oro. Generi per me  bambina interscambiabili.

Con Battisti ho proseguito. Che ne sapevo allora della poesia di un amore profano, dato che non sapevo nemmeno cosa significasse quella parola? Eppure certe frasi di Lucio B. le ho fatte mie e mi hanno accompagnato per tutta la vita. E quando ho iniziato ad usare i miei pochi risparmi – pochi perché il concetto di risparmio non mi appartiene da sempre – per comprarmi dischi e cassette, uno dei primi album su cui ho investito, è stato “Una donna per amico”. Dopo di che, per me, Battisti è andato in pensione.

Quando è uscito facevo la seconda media, massimo la terza. Le storie di gente che doveva prenderla così, senza farne un dramma non erano per me all’ordine del giorno. Eppure quante volte ho cantato “Nessun Dolore” struggendomi, senza però esser mai stata lasciata, anche perché, per la verità la cantavo prima ancora di aver avuto una qualsiasi storia vera. D’altronde intonavo “Fiori rosa Fiori di pesco” già alle elementari. Non ricordo, ma immagino che la frase “Scusa se son venuto qui questa sera, da solo non riuscivo a dormire perché di notte ho ancor bisogno di te …”, fosse da me percepita come una supplica alla mamma per poter dormire con lei nel lettone.

Il meglio di Battisti Volume 1, Linea Tre. Io ce l'avevo.

Il meglio di Battisti Volume 1, Linea Tre. Io ce l’avevo.

Poi a 16, 17 anni Battisti si lasciava. Forse oggi capisco il perché; lo avevamo ripetuto troppo. Da soli, in compagnia, appena qualcuno tirava fuori la chitarra, i primi accordi son sempre stati quelli de “La canzone del sole” con le sue bionde trecce e le sue cantine buie e quel mare nero così incomprensibile. Ma anche se col tempo si era passati ad altri cantautori, ormai il gioco era fatto: ogni parola di Lucio Battisti era divenuta tormentone e infine luogo comune. E penso che tanti, come me, si ritrovino ad usare ancora oggi delle sue frasi fatte nella vita quotidiana. Eccole quelle che sono per me le più significative, tratte tratte da 11 brani del nostro caro “Lucio luogo comune”.

11° posto: Cellule, 1977 – “E no, e no, non è questione di cellule.

10° posto: Sì viaggiare 1977 – “Quel gran genio del mio amico” ma anche lo stesso ritornello “Sì viaggiare, evitando le buche più dure”.

9° posto: Io vorrei, non vorrei, ma se vuoi…, 1972 – “Come può uno scoglio arginare il mare?”

8° posto: I giardini di marzo,1972 – “Che anno è? Che giorno è? Questo è il tempo di vivere con te.

7° posto: Una donna per amico,1978 – “Il mio mestiere è vivere la vita, che sia di tutti i giorni o sconosciuta.” 

6° posto: Emozioni,1970 – “Guidare a fari spenti nella notte per vedere se poi è tanto difficile morire.
5° posto: Pensieri e parole, 1971 – “Che ne sai tu di un campo di grano?

4° posto: Prendila così, 1978 – “Prendila così non possiamo farne un dramma” e non dimentichiamo l’assioma “Cerca di evitare tutti i posti che frequento e che conosci anche tu.”

3° posto: Perché no, 1978 – “Scusi lei mi ama o no?, Non lo so, però ci sto.”

2° posto: Col nastro rosa 1980 – “Lo scopriremo solo vivendo”.

1° posto: Ancora tu, 1976 – “Ancora tu? ma non dovevamo vederci più?”. Ma da questa canzone, che andrebbe messa tutta, credo che la frase che canticchio più spesso, ancora a distanza di 37 anni sia “Ho fame anche io e non soltanto di te.”

Una donna per amico

Ma che disastro, io mi maledico, ho scelto, te una donna, per amico …

Ora, con tutto che Battisti è un pilastro delle storia della canzone italiana, forse si spiegano in queste undici strofe o parti di esse e ritornelli, tutti i problemi della nostra generazione. Io mi sento satura, non riesco più ad ascoltare certe canzoni che ho intonato e ripescato migliaia di volte. Forse perché Battisti ha fatto di noi delle persone medie. Forse vale solo per me. L’ho cantato così tanto in tenera età e poi, appena un po’ cresciuta, con gli amici in compagnia. Ci ha introdotti ed assuefatti al luogo comune. Poco importa che poi molti di noi lo abbiano tralasciato e per reazione abbiano preferito scatenarsi col punk-rock o abbandonarsi al grunge.

Oggi, Lucio Battisti non si canta più, non se ne ha voglia. Siamo rimasti segnati.


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