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Tutta la verità sulla “ricarica rapida” implementata nei device di ultima generazione

Creato il 25 giugno 2015 da Enjoyphone

Solitamente quando acquistiamo uno smartphone, la prima cosa a cui badiamo, sono le specifiche tecniche e la loro compatibilità con le nostre esigenze. Un dettaglio che spesso prendiamo in considerazione è anche la capacità massima supportata della batteria interna, ma trascuriamo spesso il tempo di cui questa necessita per il suo caricamento.

Ma cerchiamo di fare chiarezza su questo tipo di implementazioni e districarci tra parole e paroloni che spesso troviamo quando si tratta di sistemi di ricarica nei nostri device.

Ultimamente si sentono sempre più spesso parole come: ricarica rapida, ricarica turbo, ricarica veloce adattiva e ricarica 2.0 (presentata da Qualcomm).

Occorre bene precisare che questa “giungla” di nomi, in realtà, stanno a significare tutte la stessa cosa e si basano tutte sulla medesima tecnologia concessa in licenza, sviluppata da Qualcomm  e nota semplicemente come “ricarica rapida”.

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Intanto sfatiamo subito il fatto che occorre avere un caricatore “super potente” per poter ricaricare rapidamente il nostro dispositivo ed in secondo luogo, smentiamo anche che per poter sfruttare questa tecnologia bisogna avere necessariamente un processore Qualcomm.

Basti pensare come il Galaxy S6 e lo ZenFone 2 sfruttino lo stesso questo tipo di implementazione nonostante l’adozione di chipset Exynos e Intel.

Quindi requisito fondamentale è che, sia il caricatore che il telefono, supportino la medesima tipologia di ricarica rapida.

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Ma spieghiamo meglio in cosa consiste questa tecnologia

La ricarica rapida permette, attraverso l’uso di un grande quantitativo di energia immessa con tensione più alta, di ricaricare e raggiungere il cosiddetto limite di “saturazione”, che si aggira intorno al 60/80% della capacità massima della nostra batteria, in tempi più brevi del normale. La restante quantità mancante verrà gestita dal “regolatore di potenza” del telefono che scalerà la quantità di energia immessa, arrivando gradualmente al 100% di carica.

Ma allora la domanda che ci poniamo è: se l’implementazione è la stessa, perché ogni produttore vanta un proprio “nome” quando si tratta di tecnologia di ricarica? La risposta è semplice, sta tutto nel marketing . La strategia per “accaparrarsi” il cliente è anche quella di mettere il nome più accattivante per poterlo attrarre.

Anche se è bene fare una doverosa differenziazione. Effettivamente alcuni dispositivi della precedente generazione supportano la “ricarica 1.0”, dispositivi usciti soprattutto a fine 2013 inizio 2014, come il Galaxy S5, il Note 3, Nexus 5 e altri.

In questo caso la tecnologia è un po’ diversa, così com’è diverso il tempo di ricarica rispetto alla “ricarica rapida 2.0”. Su uno smartphone con ricarica rapida 1.0 non sarà possibile sfruttare un caricatore “2.0” perché questo non è retroattivo e necessita che il medesimo sistema di ricarica “2.0” venga gestito dal telefono.


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