Ospiti dell'intervento gli scrittori Nicoletta Vallorani (in realtà la padrona di casa), Gianni Biondillo (in splendida forma), Massimo Carlotto e Giuseppe Genna. La prima domanda cui gli scrittori hanno risposto riguardava la loro prima pubblicazione: abbiamo così scoperto che Biondillo è un giallista quasi per caso. Anzi, come tutti gli altri, la definizione giallista sta un po' stretta. Il suo primo libro (“Per cosa si uccide”) fu spedito a Guanda da un'amica.
Carlotto presentò il suo primo libro, “Il fuggiasco”, a Milano all'editore di E/O, che lo trovò interessante, ricco di fantasia, non sapendo quanto fosse in realtà autobiografico.
Genna lavorava in nero per Mondadori, quando presentà il primo libro, che non si chiamava nemmeno “Catrame”, ma doveva intitolarsi “Nero” ed era un regalo al padre, grande estimatore di Maigret. C'è chi regala una pipa al padre, Genna ha regalato un libro. Suo.
La Vallorani scrisse il primo libro di fantascienza come una sfida, coi colleghi maschi.
Prima parentesi, a proposito di giallisti e dei vincoli nel genere: né Genna né Biondillo hanno mai letto i Maigret di Simenon. Biondillo poi, che spazia nella sua scrittura a 360 gradi dall'Africa all'architettura, nemmeno i Montalbano di Camilleri.
Non importa quello che leggi, se leggi i giallisti che vendono. Ma importa quello che scrivi. Come a dire, che esiste solo la differenza tra bei libri e brutti libri. Un altro tratto in comune dei quattro scrittori presenti: aver rotto le gabbie del giallo.
Andiamo avanti.
Il dilemma del lettore pigro: cosa bisogna fare, scrivere per i lettori, cercando di riproporre sempre quello che loro si aspettano, oppure deve essere lo scrittore che spinge i suoi lettori verso qualcosa di diverso.
Genna parlava della responsabilità degli scrittori, in questo caso, che negli ultimi anno hanno iniziato a giocare col sistema editoriale per scrivere solo cose che potevano essere pubblicate.
Biondillo, come si è detto, scrive di tanti argomenti. “Il lettore è pigro” ha commentato, perché non vuole variazioni nei personaggi e nelle storie. E magari anche il finale consolatorio.
Per cui, oltre alla responsabilità dello scrittore, bisognerebbe mettere in discussione anche le responsabilità del lettore. Che vive in una sua gabbia chiusa, in un suo recinto. Ossessionato dagli sterotipi.
Per vendere più libri basterebbe mette un cadavere ad ogni capitolo, uno stupro … Così si uccide la scrittura però.
Il giallo è solo uno scheletro, ha completato il ragionamento: la plasticità attorno ad esso la deve mettere lo scrittore, dandogli un movimento. “Voglio dei libri che siano delle bombe per il cervello”: la letteratura oggi sa instillarmi dei dubbi sul mondo che vivo? Non credo, ha terminato Biondillo. E, detto da uno scrittore, è quasi un'ammissione di una sconfitta.
Carlotto vive molto in simbiosi con i suoi lettori, che spesso hanno proposto a lui argomenti su cui iniziare a costruire una storia. Carlotto ha costretto i suoi lettori ad inseguirlo nei generi che via via ha affrontato: il teatro, il giallo ..
Il lettore è conservatore? È colpa della crisi. La crisi attuale porta il lettore verso la ricerca di una valvola di sfogo per le sue ansie. La soluzione consolatoria. Ma oggi c'è anche un pubblico che chiede allo scrittore di scrivere certe storie, ed è una cosa che fa crescere.
Perché il libro non è un prodotto. Genna ha fatto poi un suo ragionamento articolato su cosa sia letteratura e cosa no: la sceneggiatura per il cinema e la televisione. Perché ha degli schemi precisi. Perché blocca i caratteri come nemmeno la Medusa di Perseo.
E poi ha voluto criticare quegli intellettuali che, come nel 1992, non sono stati capaci di scrivere del loro presente. Il buco della letteratura sul 1992 è clamoroso, uno dei pochi libri scritti a riguardo è stato quello del suo editore attuale, Franchini.
Perché il noir è un romanzo politico, sociale, che racconta il paese ora che il giornalismo di inchiesta è finito, il commento di Carlotto.
Che paese di lettori siamo?
Forse un altro metro di giudizio di un paese potrebbe essere quello che misura quanti libri si leggono. In un finale molto appassionato, Biondillo si è lanciato un ragionamento molto polemico, giustamente polemico, contro i lettori italiani.
Citando una statistica, ha ricordato come in Italia il 40% degli italiani legga solo un libro. Che siano le barzellette di Totti o Fabio Volo.
In Francia i manager leggono 40 libri in un anno.
In Spagna 24 libri.
I manager italiani 7-8 libri, compresi quelli relativi al loro lavoro.
Capite di che cosa parliamo?
Oggi il libro è considerato un “qualcosa” per le donne che stanno a casa, mentre il marito/compagno/fidanzato lavora. Qualcosa per le persone strane, per i “ricchioni”.
E io, tra me, pensavo a quante volte mi sono sentito etichettare da amici e soprattutto amiche, come quello dei libri …. Un vestito che mi sta tanto stretto addosso.