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Tutti dicono I Love You di Woody Allen

Creato il 13 novembre 2011 da Spaceoddity
Tutti dicono I love you (1996, tit. or. Everyone Says I Love You) di Woody Allen è una commedia leggera e come sempre caustica, che ho rivisto oggi volentieri. Si tratta di un musical, ma uno di quei musical leggeri in cui la bellezza della voce o la bravura degli interpreti non intimidisce. Sembra, piuttosto, che gli uomini e le donne, in preda alle smanie di Eros e alla sua ineluttabile ironia a un certo punto si mettano a cantare, perché non c'è modo più appropriato per dire I love you. Insomma, non c'è Marilyn Monroe che sale sul palco e canta I wanna be loved by you, ma si passa inevitabilmente dal rifiuto dei sentimenti e dalla rinuncia all'amore.
Tutti dicono I Love You di Woody AllenCommedia che direi "anticata", sugli scenari composti di New York, Venezia e Parigi, Tutti dicono I love you è tutto fuorché un capolavoro, ma diverte per la sua costruzione. La consueta voce fuori campo del narratore è quella della peperina Skylar (Drew Barrymore), fidanzata con Holden (Edward Norton): per quanto fedele, la ragazza è tutto meno che irrequieta. Vive in casa con sua madre, il nuovo marito di lei, due sorellastre non proprio geniali, un fratellastro a cui ha dato di volta il cervello e porta avanti stranissime idee repubblicane, un nonno ormai anziano e legittimamente po' tocco, nonché una cameriera a essere gentili poco socievole.
Famiglia cinematografica quant'altre mai, quella di Skylar non può che essere allargata: il padre della ragazza, Joe Berlin (Woody Allen) è l'apolide per eccellenza. Come accade spesso per gli ebrei della diaspora porta il nome di una città, ma viaggia tra altre due. Abita a Parigi, ma fa la spola frequente fino a New York, dove va a trovare la ex moglie, portando con sé ogni volta una nuova disavventura amorosa. Instabile e recalcitrante alla felicità come l'Harry di Harry a pezzi, insomma Woody Allen, anela alla quiete, più che alla pace. Anche nell'incontro con Von Sidell (Julia Roberts), Joe è disorganico e inadatto e soprattutto è di troppo.
In questa sceneggiatura a episodi, che è una rinuncia a raccontare la vita nella sua continuità, si fanno apprezzare sketch e battute fulminanti (in particolare, il siparietto di spiriti nell'esilarante funerale "epicureo", simile all'invito alla gioia di Cole Porter in De Lovely, ma più leggero). D'altra parte - come Radio Days - Tutti dicono I love you non manca qua e là di stancare e di stirare appena la bocca in un sorriso. Non perché Woody Allen continui a raccontare sé stesso, ma perché si va avanti di divertissement per divertissement e si finisce col non divertirsi più.

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