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Le due ragazze, rapite in Siria in luglio da una banda criminale, sono state poi cedute (per soldi) a quelli di al Nusra, articolazione di al Qaeda nemica dell’Isis, anche se sono fondamentalisti e jihadisti tutt’e due.
Ora il trattamento che le due organizzazioni riservano agli ostaggi è diametralmente opposto: l’Isis li ammazza in modo spettacolare; al Nusra incassa i riscatti.
Tattiche comprensibili: l’Isis ha un fatturato di molti milioni grazie al contrabbando di petrolio. Al Nusra non ha entrate così cospicue e deve raccattare denaro con azioni criminali, specialmente i sequestri.
Alla fine del 2013 ha rapito tredici monache, rilasciate dopo tre mesi in cambio di soldi. Idem con lo scrittore americano Peter Theo Curtis, ostaggio in Siria da due anni: al Nusra, grazie a lui, s’è messa in tasca 25 milioni. Il giorno dopo la liberazione di Curtis, nel Golan sono stati catturati 45 peacekeepers , liberati poi anche loro dietro compenso. Eccetera.
E le nostre due sarebbero tornate a casa per un improvviso sussulto di bontà di quei satanassi? Ma allora, perché saremmo stati cinque mesi e mezzo a trattare?
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• Però che altro si sarebbe dovuto fare?
L’industria dei sequestri in Italia è stata sconfitta dalla linea dura: alle famiglie a cui è rapito un parente, si bloccano per legge i patrimoni, impedendo materialmente qualunque pagamento. Come mai teniamo un atteggiamento diverso quando il sequestro è avvenuto all’estero? È possibile che l’Italia abbia pagato, ma non lo può ammettere. Il che significa che ci saranno altri sequestrati italiani, e non è detto che andrà sempre bene.
• Però per tanto tempo non c’erano più stati episodi del genere.
Perché quando la giornalista Giuliana Sgrena fu sequestrata in Iraq, gli americani, per farci capire che dovevamo smetterla, andarono a spararle, ammazzando il povero Nicola Calipari che nella macchina s’era seduto dietro per consolarla. Non è che noi smettemmo di pagare i riscatti, sono gli islamisti che hanno smesso di sequestrare, sapendo che gli americani ci avrebbero impedito di pagare.
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Chiariamo subito che sarebbero soldi prelevati dalla fiscalità generale, cioè nostri. La ong con la quale le due sono partite si chiama Progetto Horryaty .
• E quindi?
Questa organizzazione non risulta nell’elenco delle duecento e passa associazioni non governative che svolgono questo tipo di attività. Come ha riferito in tempi non sospetti il vicepresidente del Copasir, Giuseppe Esposito, Hornytay ha messo in piedi questa spedizione, che si proponeva di distribuire medicine e aiuti ai rifugiati nei campi profughi, con un dilettantismo pazzesco: «La loro presenza non era tracciata in Siria. Nessuna ong sapeva della loro presenza là. E la Farnesina, e di conseguenza il Copasir, ha sperato nella prima settimana che potessero comparire da qualche parte lungo la frontiera turca.
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