In occasione dell’imminente elezione del successore di Napolitano, l’associazione Openpolis, che si occupa di promozione degli open data (leggi l’articolo “Occhio” al cittadino) ha pubblicato sul suo sito “Tutti gli uomini del Quirinale”, MiniDossier dedicato all’attività “dei 12 presidenti dal 1948 ad oggi per ricostruire come i diversi inquilini del Colle abbiano esercitato poteri e funzioni della più alta carica dello Stato”. Non mancano anche alcune riflessioni sul futuro prossimo della massima delle istituzioni italiane; nel complesso, lo studio rappresenta un ottimo riferimento per avere un quadro completo della situazione, italiana ed europea, attuale.
La parte introduttiva è focalizzata sulle modalità di elezione, i poteri e le responsabilità che competono al presidente della Repubblica e gli articoli della Costituzione che riguardano la sua elezione e le sue funzioni. Si procede quindi a un confronto con gli altri Paesi dell’Unione europea. Il ruolo e la funzione del Capo di Stato sono infatti molto diversi negli Stati membri: la figura e l’importanza dell’incarico variano a seconda della forma di Governo adottata, della durata del mandato e della modalità di elezione. Indicativi i dati anagrafici: netta la prevalenza di uomini (l’82%; donne presidente sono state elette in Croazia, Danimarca, Lituania, Malta, Regno Unito). L’età media, 55 anni, risulta abbastanza bassa per gli standard della politica italiana, che si situa sul gradino più alto per anzianità (80-89 anni, insieme a Grecia e Regno Unito); agli antipodi Croazia, Paesi Bassi e Spagna (40-49 anni). Il presidente italiano più giovane è stato Cossiga (eletto a 57 anni), mentre con la sua seconda elezione Napolitano ha guadagnato il primato opposto (88 anni).
Un dato interessante è che i mandati della storia repubblicana “sono stati svolti tutti da uomini con una lunghissima carriera nelle istituzioni alle spalle”: “non è mai successo infatti – continua il dossier – che una personalità senza precedenti incarichi istituzionali (parlamentare o ministro che sia) fosse eletto al Quirinale. Non sorprende quindi che la Democrazia Cristiana, partito che ha segnato gli anni della Prima Repubblica, abbia espresso più Capi di Stato, seguito dal Partito Liberale Italiano (con i primi due Presidenti De Nicola ed Einaudi), e rappresentanti indipendenti del centro sinistra (Ciampi e Napolitano)”.
Lo studio prosegue approfondendo le prerogative attribuite al Presidente dalla Costituzione: la nomina dei Giudici della Corte Costituzionale e dei Senatori a vita, il conferimento di onorificenze e la concessione di clemenze; queste ultime risultano progressivamente diminuite nel tempo: “degli oltre 42.000 provvedimenti presi dal 1948 ad oggi, solamente 476 sono avvenuti nella Seconda Repubblica, e solamente 23 nei due mandati Napolitano (dal 2006 ad oggi). Questo è principalmente dovuto al cambiamento nelle norme per la gestione del potere di grazia, ma anche alla legge n.663 del 10 ottobre 1986 che ha previsto numerose misure alternativa alla detenzione carceraria”.
Il capitolo successivo è dedicato al ruolo del Presidente come rappresentante dell’unità nazionale. Vengono presentati i dati relativi agli scrutini che si sono resi necessari per le varie elezioni (da un massimo di 23 per Giovanni Leone al minimo, 1, per Cossiga e Ciampi, con una media totale di 9 scrutini) e il consenso intorno al nome del candidato alla presidenza, “uno degli elementi chiave del processo di elezione”. Si passa quindi ad analizzare “Il futuro del Quirinale: gli schieramenti dei Grandi Elettori”, che sono 1009 e che dovranno sicuramente affrontare una prova impegnativa, “considerando anche le difficoltà riscontrate nel 2013 e un panorama politico-parlamentare ancora in trasformazione”.
L’analisi continua prendendo in considerazione il ruolo politico del Quirinale, ovvero il rapporto – non sempre idilliaco – dei Presidenti con i Governi e i presidenti del Consiglio incaricati. L’ultima parte è dedicata ai discorsi dei presidenti e consiste in una analisi testuale condotta nei 60 anni di storia italiana in cui si sono svolti i vari mandati. Interessanti i dati sulle parole più utilizzate nei 66 discorsi di fine anno: se il podio spetta – prevedibilmente – a “Italia/italiani” (se ne contano 761 occorrenze), tra le più frequenti risultano anche “giovani”, che raggiunge il picco con Pertini, “pace” cara soprattutto a Scalfaro, “Europa” promossa da Cossiga (siamo nel 1990) e “crisi”, portata in auge nel 2008 da Napolitano. Le parole più utilizzate dal presidente in uscita risultano essere, oltre alla precedente, “Europa”, “Paese”, “politica”, “lavoro”, “istituzioni”, “occasione”, “giovani”, “futuro”, “mondo”, “fiducia”, “governo”, “parlamento”, “nazionale”, “Stato”.
MC