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Tutti i dannati giorni

Creato il 11 marzo 2013 da Cannibal Kid
Condividi TUTTI I DANNATI GIORNI Tutti i santi giorni (Italia 2012) Regia: Paolo Virzì Sceneggiatura: Francesco Bruni, Paolo Virzì, Simone Lenzi Tratto dal romanzo: La generazione di Simone Lenzi Cast: Luca Marinelli, Thony, Micol Azzurro, Claudio Pallitto, Stefania Felicioli, Giovanni La Parola, Katie McGovern, Riccardo Flammini Genere: lui & lei Se ti piace guarda anche: American Life, Ovosodo, Tutta la vita davanti
Non so voi, ma io sto preoccupato in questi giorni. Tutti i santi giorni. Siamo senza Papa. Vi rendete conto il vuoto morale e spirituale in cui ci troviamo? Ve ne rendete conto? Per di più, in Italia siamo senza Governo, cosa che significa solo che non c’è nessuno a combinare troppi danni, e inoltre siamo senza cinema. Il sospetto ce l’avevo già da parecchio tempo, ormai è ufficiale. Il cinema italiano è insipido, senza sceneggiature, senza attori, senza idee. La conferma l’ho avuta non solo dal fatto che Il principe abusivo di e con Alessandro Siani è il film italiano più visto dell’anno, ma è arrivata pure inaspettata con l’ultimo lavoro di uno dei registi nostrani che pure negli ultimi tempi avevo apprezzato di più: Paolo Virzì.

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"Ma lo sai che con questa parrucca stai meglio di Natalie Portman in Closer?"
"Se vabbé, tu sei proprio pazzo!"

Tutti i santi giorni è il classico film boy meets girl, italian edition, solo che per assistere al primo incontro tra lui e lei dobbiamo aspettare la fine. Questa è un po’ l’unica variante un minimo originale di un film che per il resto procede su coordinate prevedibili. Troppo prevedibili. La prima parte della pellicola è incentrata sulla presentazione dei personaggi. Sono due alternativi e per questo dovrebbero starmi simpatici. Invece non è che siano il massimo della simpatia. Lui è Guido, ribattezzato Guidopedia perché sa tutto. Sa tutto su letteratura e storia antiche, santi e martiri cristiani e insomma su robe che non interessano a nessuno. Guidopedia in più fa il portiere di notte, mestiere affascinante che lo fa entrare in contatto con una fauna umana variegata. Questo aspetto intrigante viene però poco approfondito dal film e ci vengono mostrate giusto alcune macchiette, come il divertente maniaco sessuale giapponese. Guidopedia non è nemmeno definibile come radical-chic. Snocciola infatti le sue conoscenze non come chi le usa per vantarsi, ma le tira fuori come se a qualcuno gliene fregasse realmente qualcosa. Invece no. A livello comportamentale, Guidopedia è abbastanza schizzato. Pure in questo caso non schizzato-simpatico, stile Bradley Cooper e Jennifer Lawrence ne Il lato positivo, o la protagonista della serie UK My Mad Fat Diary di cui vi ho parlato ieri. È uno schizzato-antipatico. Tanto per citare un esempio del suo comportamento, quando un gruppo di ragazzi in un locale si mette a parlare forte mentre la sua tipa sta cantando un pezzo, tra l’altro non proprio memorabile, scatena una rissa. Quando invece la sua tipa gli confessa di essere andata a letto con un altro, non fa una piega. In pratica, Guidopedia è insopportabile. A non aiutare è pure l’interpretazione non particolarmente convincente di Luca Marinelli, già visto ne La solitudine dei numeri primi e quindi abituato ai personaggi odiosi. Troppo odiosi.

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"Raga, adesso vi sparo un pezzo super alternativo che non avete mai sentito:
Felicità, è un bicchiere di vino con un panino, la felicità."

Lei è un po’ meglio, anche se pure qualche suo momento nevrotico alla Margherita Buy la rende più antipatica che simpatica. Lei, Antonia, interpretata dalla rivelazione Thony. Rivelazione abbastanza piacevole, ma non scolvongente. Thony si occupa anche delle musiche e delle canzoni originali presenti nel film. Un misto tra Malika Ayane e Yael Naim e Regina Spektor e qualche altra cantantessa intimista. Bravina è bravina, eppure non m’è certo venuta voglia di andare a cercare i suoi dischi. Fa una musica gradevole, però non sembra un talento pazzesco. A livello musicale insomma non è PJ Harvey. E come attrice se la cava ma non è un fenomeno. Le canzoni originali di Thony sono accompagnate da alcuni brani di musica classica, tra cui Sul bel Danubio blu di Strauss. Un pezzo così indissolubilmente legato a 2001: Odissea nello spazio che dovrebbe esserne vietato l’uso in qualunque altro film. Capisco che gli intenti del Virzì nell’usarlo volevano essere umoristici, ma l’obiettivo direi che non è stato centrato. Come commedia, Tutti i santi giorni non funziona. Non fa ridere quasi mai. Non che i film precedenti del Virzì facessero scompisciare addosso dalle risate, però qualche momento divertente c’era. Qui si procede invece a ritmo di crociera, viaggiando nella medietà più totale, senza mai spingere sull’acceleratore né della commedia né del romanticismo.

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"Facciamo all'amore o continuiamo a leggere Pensieri Cannibali?"
"Continuiamo con Pensieri Cannibali, che mi garba di più."

La parte successiva della pellicola si concentra sui tentativi di questa singolare (ma poi nemmeno troppo) coppia di avere un figlio. È da parecchio che ci provano senza troppa convinzione e ora hanno deciso di fare sul serio. Qui il film guarda molto ad American Life (Away We Go), gradevole commedia indie firmata da Sam Mendes, il regista di American Beauty, Revolutionary Road e Skyfall. Paolo Virzì sembra cercare una via italiana al cinema indie americano. La cerca, non la trova. Il confronto è perso contro i films americani di coppia, dal citato American Life a persino una pellicola non imprescindibile come 5 anni di fidanzamento, ma il confronto è impietoso pure e ancora di più nei confronti del cinema francese. Basta prendere La guerra è dichiarata, per certi versi non troppo distante nelle intenzioni da questo, eppure distante anni luce a livello di risultati. La guerra è dichiarata parte da una tematica molto più drammatica, ma riesce a renderla con una leggerezza sorprendente, proponendo continue invenzioni a livello cinematografico e narrativo. Tutti i santi giorni è raccontato invece in maniera lineare, senza scossoni e, quando si concede qualche libertà registica, come nella scena onirica in cui Guidopedia immagina di avere dei figli, era meglio se non se la prendeva. Laddove il film non riesce a convincere è pure nella sua parte più “sociale”, di solito specialità di Paolo Virzì. Tutta la vita davanti riusciva a fotografare molto bene l’Italia di oggi, come quasi nessun altro film è riuscito a fare. In Tutti i santi giorni ciò non succede. Nella prima parte c’è un interessante scontro culturale tra i due protagonisti e i vicini di casa: alternativi contro tamarri. Qui la pellicola sembrava poter giocare le sue carte migliori, invece poi si dimentica di farlo, concentrando le sue attenzioni sui tentativi della coppia di avere un figlio a tutti i costi.
Un film come questo, prodotto con l’aiuto dei soldi della Banca Monte dei Paschi di Siena, ahia!, è tutto costruito sui due protagonisti. Se vi ritrovate in loro, potreste trovare adorabile Tutti i santi giorni. Potreste innamorarvene. A me non è successo, come era capitato invece con il precedente di Virzì Paolo, La prima cosa bella. Anche quella una pellicola imperfetta, ricca di personaggi stereotipati, in grado però di conquistarmi su un piano squisitamente emozionale. Ai protagonisti di Tutti i santi giorni non sono invece riuscito ad avvicinarmi. Sarà perché hanno un comportamento incoerente. Si sbandierano tanto alternativi, lei dichiara che nella vita non si deve per forza avere dei figli, eppoi cerca a tutti i costi di avere un bambino. Diventa la sua missione. Discorso analogo per il finale. Io non sono uno che dà un peso enorme ai finali. Preferisco giudicare una pellicola nel suo complesso. Un finale grandioso non mi basta per salvare un film di merda, così come un finale deludente non cancella quanto di buono posso aver visto prima.

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"Certo che le opinioni di Cannibal sono più ridicole dei video
di Gemma del Sud, ahahah!"

ATTENZIONE SPOILER Il problema del finale di Tutti i santi giorni non è quello di essere un happy ending. Non sono un fan degli happy ending, ma non sono nemmeno un detrattore totale degli happy ending. A volte ci stanno bene. In Kill Bill, ad esempio. Dopo un doppio episodio sanguinoso e vendicativo, era difficile immaginarsi una conclusione tanto tenera e quindi Tarantino ci ha regalato una chiusura inedita, che da lui non ci saremmo aspettati. Il lato positivo è un altro esempio di happy ending molto positivo. Qualcuno lo può trovare smielato e scontato. A me è sembrata una chiusura perfettamente coerente. Dopo aver assistito a Bradley Cooper imprecare come un ossesso contro il finale tragico di Addio alle armi di Hemingway, sarebbe stata una stronzata mettere un finale tragico. Il finale di Tutti i santi giorni non mi è invece sembrato coerente per nulla. I due protagonisti sono alternativi, stanno bene così, non vogliono sposarsi come tutti si aspetterebbero e loro alla fine che fanno? Si sposano. Tutti i santi giorni si rivela allora un film finto alternativo, in realtà parecchio scontato e tradizionalista. Una pellicola vorrei essere indie ma non posso. Paolo Virzì, per favore, torna al nazional popolare che è quello che hai sempre fatto e che è ti è riuscito meglio, tutti i santi giorni. Fino ad oggi. (voto 5/10)
P.S. Da domani e tutti i santi giorni fino alla fumata bianca potrei avere qualche problema a postare sul mio blog. Sapete com'è, dal Conclave pare sarà dura collegarsi a Internet...

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"Complimenti Cannibal, davvero interessante la tua recensione..."




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