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tutti i santi giorni

Creato il 18 ottobre 2012 da Albertogallo

TUTTI I SANTI GIORNI (Italia 2012)

locandina tutti i santi giorni

Lo dico? Lo dico? Ok, lo dico: Paolo Virzì, per me, è il miglior regista italiano attualmente in circolazione. Sì, esatto, il migliore: i suoi ultimi film sono migliori delle opere recenti di Bellocchio, di Moretti, di Bertolucci, di Giordana e di tutti questi nomi importanti che, sì, hanno reso grande il cinema nostrano negli ultimi trent’anni, ma che, oggi come oggi, non reggono il confronto con l’urgenza narrativa, con la sincerità e con l’umanità dell’autore livornese. Perché? Perché i film di Virzì sanno essere magnificamente leggeri e profondi allo stesso tempo, sanno parlare del presente senza sentire il bisogno di ricorrere a inutili intellettualismi o eccessivi patetismi, sanno essere popolari nel senso migliore del termine e sanno raccontare storie “normali” con una grazia e una disarmante semplicità che pochi altri registi forse al mondo possiedono.

Questo in generale. In particolare, Tutti i santi giorni, storia (romana) di una giovane coppia (siculo-toscana) che si ama alla follia ma che non riesce ad avere figli e per questo va in crisi, è 100% distillato di Virzì. Anzi no, direi piuttosto 99%: le scelte di utilizzare attori abbastanza sconosciuti (i bravissimi Luca Marinelli e Federica Caiozzo, in arte Thony, laddove in passato il regista aveva lavorato con nomi come Valerio Mastandrea, Stefania Sandrelli, Claudia Pandolfi, Sergio Castellitto e persino Daniel Auteuil) e di affidare la colonna sonora a una giovane e talentuosa cantautrice pure lei non famosissima (che guarda caso è proprio Thony, la protagonista) rendono Tutti i santi giorni leggermente e piacevolmente diverso dalle opere passate di Virzì. Le cui tematiche, in ogni caso, tornano qui in tutta la loro forza: la condizione dei “giovani d’oggi” (espressione orribile, lo so, ma tant’è; per giovani, comunque, qui si intendono i trentenni, per fortuna, non gli adolescenti), la precarietà che sembra essere parte integrante e necessaria della società attuale (se in Tutta la vita davanti si trattava di precarietà lavorativa e in La prima cosa bella di precarietà tout court – tumore, vecchiaia, morte ecc. -, qui si parla invece per lo più di precarietà affettiva, elemento comunque ricorrente anche negli altri film citati), le enormi differenze, ora violente ora conciliabili, tra chi è dotato di senno e cultura e chi no (in questo senso Guido, il protagonista, è quasi la versione maschile della Marta di Tutta la vita davanti), i rapporti familiari ecc.

Di questo film, toccante e divertente al contempo e più intimo di molte altre opere passate di Virzì, ho apprezzato due cose, in particolare (Guido a parte, personaggio che mi ha ispirato una tale simpatia e tenerezza da farmi dispiacere del fatto che non esista davvero – stesso effetto mi aveva fatto Bruno, interpretato da Mastandrea in La prima cosa bella; Antonia, invece, la protagonista femminile, è – credo volutamente – abbastanza antipatica). Innanzitutto l’assenza di banalità e luoghi comuni, tanto nei personaggi quanto nelle situazioni (oddìo, forse i romanacci tamarri e il rockettaro sono un po’ stereotipati, ma la cosa finisce lì): Tutti i santi giorni non è una pellicola innovativa, ma riesce ad affrontare tematiche quotidiane e quasi scontate con un tocco (ecco, si può davvero dire che Virzì abbia “il tocco”, qualunque cosa significhi) inedito, brillante (a prova di sonno da ultimo spettacolo infrasettimanale) e terribilmente umano. E poi la canzone dei titoli di coda, interpretata dai livornesi (pure loro) Virginiana Miller e intitolata come il film.

La stagione cinematografica è appena iniziata, ma Tutti i santi giorni – che un po’ ricorda American life (la locandina è praticamente identica!) e un po’ La guerra è dichiarata – già si candida a essere uno dei film italiani migliori dell’anno.

Alberto Gallo



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