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Tutti i sogni di Barbara.

Creato il 02 marzo 2015 da Pinocchio Non C'è Più

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Era il 1982, la sera del 5 luglio. Tra qualche mese nei negozi sarebbero usciti i primi cd, l’Argentina avrebbe invaso le Falkland e il mondo avrebbe perso Grace Kelly. Anche se nelle favole a lieto fine le principesse non svaniscono mai.

Il brigadiere se ne stava sulla sua sedia preferita, quella di legno chiaro con l’imbottitura rossa sulla seduta, sulla scrivania una macchina da scrivere d’ordinanza, con la carta d’ordinanza e lui se ne stava lì a buttare giù alcune frasi in rima, amava scrivere poesie, si vedeva che aveva talento, almeno così dicevano i suoi colleghi. Se ne stava lì, raccogliendo i suoi pensieri. D’ordinanza.

Barbara entrò guardandosi intorno, sicura ma sospettosa, come se qualcuno potesse scorgere tutta quanta la sua vita attraverso la maglietta bianca leggera e i pantaloni grigi della tuta da ginnastica. I capelli raccolti in una coda improvvisata. Entrò e si diresse verso la scrivania del brigadiere, con passi lievi, cercando di spostare meno aria possibile.

– Mi hanno derubata – , esordì, quasi senza rendersene conto, quasi senza volerlo, – mi hanno derubata mentre ero in  casa -. Gli occhi si muovevavo veloci, come a cercare una via di fuga in caso di catastrofe naturale.

Il brigadiere guardò fuori dalla finestra, era sera e la città si stava illuminando distrattamente, come solo le città di mare sanno  fare, come se lo facessero per abitudine. Accendono le luci senza togliere lo sguardo dall’acqua in movimento, che non si sa mai cosa potrebbe uscire da là sotto, meglio non distrarsi. L’uomo si passò una mano fra i capelli, forse per mettere da un lato tutte le parole che gli occupavano la mente. Metterle da un lato per fare spazio. E ascoltare.

– Mi dica signorina, che cosa le hanno rubato? – e intanto inseriva un foglio nuovo dentro la macchina da scrivere. Ogni volta era una pagina da riempire, uno spazio bianco e immacolato dove raccogliere le disgrazie di qualcuno, una sorta di confessionale senza una grata per nascondere i segreti e le espressioni.

– Mi hanno rubato tutti i miei sogni -,
– Tutti i miei sogni – ripeté a voce alta il brigadiere, senza fare nessuna espressione di stupore, mentre iniziava a battere le dita sui tasti, in modo quasi ritmato, come se stesse suonando una melodia sentita chissà dove.

– E, di preciso, quanti erano questi sogni? –
Barbara rispose senza avere il bisogno di pensarci, conosceva il numero esatto, li aveva contati uno ad uno mentre sparivano sotto i suoi occhi. – Erano tantissimi, tutti quelli che una ragazza di ventidue anni può avere. Me li hanno rubati tutti quanti -.
Il brigadiere annuiva e continuava a suonare il suo pianoforte. – E quando sarebbe avvenuto questo furto?, è importante, cerchi di ricordare almeno l’ora indicativa – .
Barbara iniziò a tormentarsi il labbro inferiore con i denti, si sforzava di ricordare, di essere precisa, perché era importante, perché lei c’era, era lì, ma che vuoi, in quei momenti mica ti metti a guardare l’orologio, no? cerchi di capire cosa ti stia succedendo, cerchi qualcosa, magari per difenderti. Cerchi aiuto. Magari.
Ma il brigadiere teneva lo sguardo fisso su di lei, attendeva una risposta. – Vede, non ricordo il momento preciso, ma direi che all’incirca il furto è iniziato, sì, più o meno, è iniziato dieci anni fa -.
L’uomo restò immobile, alzò solo gli occhi al cielo. E si mise a contare a ritroso, tenendo il conto con le dita.  Poi riprese a scrivere e a scandire le parole a voce alta – la signorina dichiara che il furto è iniziato nel 1972 -.

– E cosa contenevano questi sogni signorina?, perché i sogni contengono sempre qualcosa, vede, il valore reale non è dato dal sogno in sè per sè, ma da ciò che ha al suo interno –
– C’erano tante cose dentro, non saprei neanche dirle quante, un’infinità di cose sparse, messe un po’ a casaccio, un po’ come veniva. Non sono mai stata brava a mettere ordine fra le cose mie. Ah sì, però una la ricordo bene. C’era l’amore. Ne sono certa. Un amore grande così, forse anche un po’ più grande, fatto di cose piccole così, forse anche un po’ più piccole, erano sorrisi, sguardi, progetti, sospiri, pianti, corse, abbracci, cose così, che prese da sole possono sembrare senza valore, ma tutte insieme hanno un senso infinito. Sì, sicuramente c’era l’amore. Ne sono certa.-

Faceva caldo quella sera, ogni tanto il brigadiere si voltava a guardare il ventilatore sul lato destro della scrivania, per essere sicuro che fosse acceso. Lo era. Ma faceva caldo ugualmente.

– E il desiderio di fidarmi di qualcuno. E forse anche di me stessa. Lo scriva per favore. E poi anche certi piccoli gesti, che so, il dorso di una mano sul viso, un bacio sulla spalla, un paio di gambe intrecciate alle mie, due occhi che ti danno coraggio. Ecco, cose di questo tipo. Scriva anche queste per favore -.
L’uomo adesso teneva gli occhi fissi sul foglio, vedeva le lettere che lentamente lo coloravano di scuro, lettere precise, una di fianco all’altra. Guardava il foglio e un po’ si compiaceva del fatto di non aver sbagliato a premere neanche un tasto.

– E la musica, brigadiere, anche la musica. Quella che metti in sottofondo, quella che non disturba, quella che incolla insieme tutti i dettagli di un solo istante. Quell’istante che diventa ricordo, che quando senti quella musica lì, riaffiora alla mente e magari sorridi e te ne freghi di essere su un tram affollato in mezzo a gente sconosciuta, in una chiesa, o in un negozio del centro. Te ne freghi. E sorridi. Quella musica non ce l’ho più e dubito davvero di riuscire a trovarla di nuovo -.

Certo, la musica, anche lui la teneva in sottofondo mentre scriveva le sue poesie, un po’ lo distraeva e un po’ lo ispirava, a volte faceva male altre volte alleviava i dolori. Il veleno e l’antidoto. Ma non gli sembrò il caso di esprimere a voce alta questi pensieri.

– Signorina, ma lei ha dato l’allarme? Ha chiesto aiuto?, non aveva un telefono vicino per chiamare qui in caserma e avvertirci che era in atto un furto? –

– Vede signor brigadiere, non è così semplice, mi è servito molto tempo per realizzare che mi stavano derubando, che lo stavano facendo dal profondo, che lo stavano facendo davvero intendo. E mi sentivo in colpa. E poi ho provato a chiedere aiuto, ma in certi casi gridare al ladro non serve a niente, rischi solo di peggiorare le cose. Ci ho provato, ma forse non gridavo abbastanza forte o forse non riuscivo a farmi capire bene, neanche mia madre mi sentiva, no, non sentiva, o forse non voleva sentire, no, ho bisogno di pensare che non sentisse. Ho bisogno di pensarlo. Sbagliavo, sì, sicuramente sbagliavo qualcosa, ne ero certa, ma giuro, non saprei dire che cosa. Giuro. E poi in quel momento riuscivo a fidarmi ancora delle persone, magari qualcuno si sarebbe insospettito e sarebbe corso ad aiutarmi. Ma non è arrivato mai nessuno. Mai. E io mi sentivo in colpa.
Sono stata un’ingenua, lo so, ma che ne sapevo io, che ne sapevo che mi avrebbero rubato tutto, specialmente l’amore. Che ne potevo sapere dell’amore, ti dicono tutti che è bello, che è prezioso, che sei fortunata ad averlo. E io signor brigadiere ci credevo davvero, lo tenevo stretto, che neanche sapevo quale fosse il modo giusto di conservarlo, non c’è un’etichetta sopra con le istruzioni, non ci sono procedure scritte da seguire, per me l’amore era quello e anche il modo di conservarlo. Era quello. E ci credevo davvero. E invece una mattina mi sono alzata e mi sono resa conto che non c’era più, non c’era più niente, non avevo più niente. Il vuoto. Mi avevano derubata. Di tutti i miei sogni. Io mi sono sentita svuotata. E in colpa -.

– Ma ha sospetti su qualcuno?, riesce a darmi qualche particolare in più?, io capisco il suo stato d’animo, ma se vuole davvero ritrovare i suoi sogni, ogni dettaglio è importante, lo capisce questo? potremmo almeno catturare il ladro. E sarebbe già un buon inizio. –

– Ho detto tutto quello che potevo dire, non posso spiegare come siano andate esattamente le cose, cerchi di capire, non posso farlo. E’ successo quello che le ho raccontantato: una mattina mi sono svegliata e ho scoperto – sospiro profondo, uno di quei sospiri che ha percorso migliaia di chilometri per arrivare fin lì, fino alle soglie del coraggio. – ho scoperto di essere stata derubata. Di tutti i miei sogni. Non posso dirle di più. –

– Bene signorina, abbiamo quasi finito, un attimo di pazienza e le consegno la deposizione da firmare -.

Il brigadiere cambiò il foglio nella macchina da scrivere, probabilmente conteneva cose non corrette, lui era un tipo preciso, non poteva rischiare di fare brutte figure. Scrisse tutto da capo, senza guardare il primo foglio, senza copiare, si ricordava  perfettamente ogni singola parola. Sorrise e lo fece leggere a Barbara. Lei lo studiò attentamente, molto attentamente, guardò l’uomo davanti a sè, posò nuovamente gli occhi sul foglio che stava tremando fra le sue mani, lo fissò per un istante interminabile, imprimendosi a fuoco nella mente quelle righe scritte con parole ordinate e precise. Tolse con due dita una lacrima che le scendeva sulla guancia. Prese la penna e lo firmò.

Era la notte del 5 luglio 1982 quando Barbara uscì dalla caserma, tra qualche mese nei negozi sarebbero usciti i primi cd, l’Argentina avrebbe invaso le Falkland e quella sera l’Italia aveva vinto la coppa del mondo.

Nella caserma di una città di mare c’era un brigadiere seduto sopra la sua sedia preferita, sulla scrivania di fronte a lui un ventilatore cigolava inutilmente, tra la macchina da scrivere e il posacenere c’era un foglio, scritto senza errori, con le lettere ordinate e precise. Sopra si potevano leggere queste parole:

“Livorno, 5 Luglio 1982,

in data odierna, la qui presente Bonsignori Barbara, nata a Livorno il 19/03/1960 dichiara di aver subito in maniera reiterata, atti carnali a scopo di libidine dal di lei padre. Dichiara inoltre di esserne stata profondamente danneggiata, nel fisico e nel morale”

Da lì a poco il mondo avrebbe perso Grace Kelly. Anche se nelle favole a lieto fine le principesse non svaniscono mai.

“Strappa all’uomo comune le illusioni e con lo stesso colpo gli strappi anche la felicità” (Henrik Ibsen).

Direi che è il momento di scomodare gli INXS e la loro bellissima ragazza.

*Questo testo è ispirato ad una scena di un video, visto di sfuggita e del quale non conosco il titolo. I fatti e i nomi dei personaggi sono assolutamente frutto di fantasia.



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