Ma cosa si intende esattamente con questo termine? Un reboot in sostanza è un azzeramento della continuity all’interno di una narrazione seriale (che sia in forma di fumetti, telefilm, serie di film o serie di romanzi), un annullamento delle storyline dei protagonisti che riporta tutta la storia all’inizio e la fa ripartire con nuovi presupposti. L’operazione può essere motivata dal punto di vista narrativo oppure no. Il termine rimane comunque ambiguo e non univoco e in questo articolo cercherò di parlare delle varie sfaccettature che esso può assumere e di alcuni esempi che possono rientrare almeno in parte nella definizione.
INIZIANDO DALLA FINE: 52 REBOOT DC COMICS
E’ bene ricordare innanzitutto che i fumetti supereroisitci non sono nuovi a pratiche di questo genere: parlando della casa editrice di Batman e Superman, gli appassionati ricorderanno chiaramente il cross-over Crisi sulle Terre Infinite che, sul finire degli anni ’80, ridisegnò lo stile e le origini di tutti i supereroi DC.
Stavolta, però, il rilancio operato dalla DC non si limita a portare novità all’interno della continuity delle storie, ma tocca contemporaneamente anche un altro elemento:
Questa rivoluzione, ad ogni modo, porta con sé il fatto che albi come Action Comics o Detective Comics, Batman e altri resettino la loro numerazione, con una mossa che punta sicuramente ad attirare quella fascia di lettori giovani, potenzialmente invogliati da un “nuovo fumetto” e mirando a trattenere anche i fan di lunga data, che potrebbero essere curiosi di vedere dove porta questa novità, anche se alcuni probabilmente potrebbero vederlo come un tradimento.
Il cambiamento ovviamente colpisce anche le storyline dei supereroi, con modalità differenti da caso a caso: se Superman, nelle mani di Grant Morrison, viene fortemente attualizzato anche nell’ambientazione temporale delle sue “origini”, Batman invece prosegue nelle sue avventure senza “riavvolgimenti” particolari.
Settembre 2011 è stato il mese di partenza per questo reboot, e pare che i numeri stiano dando ragione all’operazione messa in moto dal co-publisher della DC, Dan DiDio: nella top ten di vendita dei fumetti USA di quel mese otto titoli sono DC e gli albi della casa editrice occupano le prime sette posizioni [1] . Un ottimo risultato, insomma, che premia la coraggiosa idea che ai tempi del suo annuncio, la scorsa estate, aveva destato anche non poche reazioni negative nei lettori.
Reazione fisiologica, quando si vanno a toccare questioni così delicate.
COME TUTTO INIZIÒ
Ma se vogliamo compiere una pur breve analisi dei reboot e di operazioni simili nella storia del fumetto, occorre risalire a ben prima di Crisi sulle Terre Infinite: a mio parere, un momento interessante da osservare è quello del dopoguerra.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, durante la quale il genere supereroistico conobbe un grandissimo successo Il primo a credere nel rilancio del genere fu l’allora supervisore della DC Julius Schwartz, che decise di rilanciare un vecchio personaggio della Golden Age, Flash. Ma Flash non sarebbe stato più quello conosciuto dai lettori nei decenni precedenti: venne rimodernato il suo costume, gli vennero fornite nuove origini e una nuova identità segreta. Insomma, fu una vera e propria ricostruzione del personaggio. L’idea ebbe successo, tanto che venne utilizzata in seguito anche per altri due eroi, Lanterna Verde e Atomo. Era il 1956 e queste scelte editoriali diedero il via a una serie di movimenti nel mercato del fumetto che portarono alla nascita della Marvel dalle ceneri della Atlas Comics (già Timely). Non è superfluo ricordarlo, dato che negli anni ’60 Stan Lee, dopo aver creato i supereroi che gli diedero fama, riprese dalla DC l’idea del ripescaggio di eroi della Golden Age, concentrandosi su Namor e Capitan America. Il meccanismo qui però non fu una vera e propria riscrittura: i personaggi non vennero ricreati da zero, ma venne inscenato il ritorno di eroi di vent’anni prima, motivandone la sparizione dalle scene con varie spiegazioni. Non fu un riscrittura in senso stretto, ma la strategia è la medesima: quella di riportare attenzione verso un genere/personaggio/testata/casa editrice grazie a un evento eclatante, come un grande ritorno di un personaggio noto e/o la sua rimodernizzazione. Si inizia a vedere allora il motivo sotteso alla pratica del rilancio: realizzare una storia che contenga situazioni importanti ai fini del personaggio e della continuity per catalizzare l’attenzione e aumentare le vendite. Forse sottolineare la componente economica e di marketing che si trova dietro a questo tipo di operazioni può risultare banale, ma è un punto di partenza che ritengo importante per poter parlare degli sconvolgimenti che le case editrici portano con queste mosse a “sorpresa”. Penso che allora la discriminante per giudicarle sia la qualità: un reboot in sé non è per forza di cose un’operazione che merita biasimo, il punto è osservare le reali necessità che portano ai cambiamenti e soprattutto il modo in cui vengono scritti. Il periodo nero del dopoguerra, infatti, imponeva delle decisioni immediate e il rilancio di Flash con tutte le sue conseguenze fu la mossa giusta e necessaria. Un altro motivo che può spingere a certe svolte è quello dettato dalle esigenze narrative: è il caso della già citata Crisi sulle Terre Infinite, con cui la DC decise di azzerare la propria continuity che ormai, dopo decenni di storie e di autori che si erano avvicendati sulle numerose testate, era decisamente ingarbugliata. La Crisi operò un reset totale che portò alla narrazione di origini nuove o più approfondite di alcuni eroi (Batman: Anno Uno) e in generale a un ricominciare da zero che servì anche ad avvicinare nuovi lettori, prima impossibilitati nell’approccio alla DC non potendo comprende le vicende raccontate fino ad allora. Un altro esempio, rimanendo agli anni ’80 e agli autori illustri, è quello di Swamp Thing. Si trattava di una testata prossima al fallimento e venne affidata ad un nuovo sceneggiatore inglese, Moore opera quindi una specie di reboot della serie, in questo caso sicuramente di qualità, che contribuì al successo della testata e il cui motivo si può rintracciare nelle esigenze narrative che aveva come autore: con questo espediente poté infatti modificare gli obiettivi del protagonista e affrontare temi decisamente profondi, fino ad un’accurata indagine sul Male. In questo caso il termine “reboot” è forse usato in modo improprio, ma in fondo cosa ha fatto lo sceneggiatore britannico se non andare a toccare alcuni presupposti narrativi, cambiandoli come preferiva, per dare un’essenza diversa al protagonista? Non sempre le cose sono così perfette. Se il motore principale restano le vendite, prolifereranno operazioni che non hanno la qualità al primo posto. O perlomeno, senza dare giudizi soggettivi, Una riflessione al riguardo viene fatta da un autore italiano, Leo Ortolani, che sul suo Rat-Man e precisamente nella cosiddetta “Esalogia di New York” (Rat-Man # 76-81) ragiona su come sia sbagliato eccedere nella liceità narrativa dei supereroi, reinventandoli con morti temporanee e facendoli tornare ciclicamente solo per garantirne vendite e visibilità. La tesi di Ortolani si basa sull’importanza della storia: se un eroe ha finito di dire quello che doveva, è moralmente sbagliato portare avanti la sua serie a colpi di eventi shockanti, morti, cross-over e reboot. Sono argomentazioni personali e opinabili, ma sicuramente interessanti perché spostano l’attenzione sul concetto di storia e di autorialità, rispetto a quelli di vendite e continuity che dicevamo prima. Ma restando in casa Marvel, DALLA CARTA ALLO SCHERMO Ritengo interessante osservare che l’abitudine di riscrivere la continuity dei supereroi non è propria solo dei fumetti: da circa un decennio, come è noto, è esploso il fenomeno dei “cinecomics”, la trasposizione cinematografica dei più celebri personaggi dei comics, in particolar modo dei supereroi. Anche i film, forse più ancora che i fumetti, sono soggetti alle leggi di mercato, per cui non stupisce vedere come le case di produzione non esitino a rivoluzionare i brand di cui sono proprietarie cambiando registi e attori, in caso di scarso successo al botteghino. È il caso di Spider-Man che, dopo tre film diretti da Sam Raimi, tornerà nelle sale con un ulteriore film il prossimo mese, Anche I Fantastici Quattro dovrebbero conoscere un reboot cinematografico: il primo film deve aver funzionato abbastanza bene tanto che venne realizzato un sequel, ma pare che con la prossima pellicola si ripartirà dal principio. La stessa cosa successe anche a Hulk, per il quale, dopo la prova di Ang Lee del 2003, venne realizzato un secondo film, nel 2007, che non teneva conto del precedente. Caso più particolare è quello di Batman: i primi due film a lui dedicati tra gli anni ’80 e gli anni ’90 ebbero un grande successo, che andò decisamente calando con i due successivi. Il nuovo ciclo di film sul Pipistrello, curato da Christopher Nolan a partire dal 2005, non tiene conto delle pellicole di Tim Burton e di Joel Schumacher, tanto da ripartire dal principio di tutto in Batman Begins. La sensazione di reboot è meno forte, anche per via degli anni passati tra le pellicole, ma possiamo considerarla una riscrittura a tutti gli effetti, anche e soprattutto come approccio al personaggio e a tutto il Bat-universe, comprimari e villains compresi. IL CASO PK Concluderei questa cavalcata nei reboot della narrativa per immagini e suoi derivati citando un caso anomalo, che proprio in quanto tale testimonia efficacemente quanto il fenomeno di riscrittura sia utilizzato nell’ambiente. Anomalo perché accaduto nell’ambito del fumetto Disney che , non avendo una continuity vera e propria (se non si considerano casi eccezionali), Uno di quei casi eccezionali era dato da PK, la testata che nel 1996 rivoluzionò il modo di concepire il fumetto disneyano e che attualmente è oggetto di una ristampa cronologica allegata a Corriere della Sera e Gazzetta dello Sport. Ponendosi in continuità con il personaggio classico di Paperinik, con le sue origini e l’universo di rapporti e situazioni di Paperino, in PK l’identità supereroistica di Donald Duck veniva inserita in contesti più fantascientifici e in cui c’era spazio per storie dai temi profondi. Alla prima serie (PKNA) ne seguì una seconda (Pk²) che continuava le trame in una direzione leggermente diversa. Ma le ferree leggi del marketing dissero la loro e nel 2002 si decise di abbassare il tono delle avventure, di renderle più semplici per arrivare più facilmente ad un pubblico più giovane. Si decise quindi di effettuare un vero e proprio reboot in grande stile, varando una terza serie che ricominciava tutto da zero, nella quale Paperino non aveva mai indossato i panni di Paperinik ma diventava direttamente PK, arruolato da una compagnia di vigilanti intergalatattici. Una scelta che scontentò molti fan di vecchia data e che, ancora una volta, fu fatta in nome delle potenziali vendite e dei calcoli basati sul target. CONCLUSIONE Il reboot è insomma una pratica largamente usata nella narrativa a fumetti e in quella affine ad essi. Un espediente a cui si ricorre quando c’è il bisogno di creare nuova attenzione attorno a un personaggio, un albo o una casa editrice, quando c’è l’esigenza di semplificare una continuity troppo estesa o quando si vuole essere più mirati su un target. La discriminante è la qualità con cui vengono portate avanti e l’onestà intellettuale di chi le progetta, elementi che a mio parere e alla luce di quanto ricordato in questo pezzo sono essenziali per valutare la bontà o meno di questo tipo di operazioni. Note:
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I MOTIVI DI UN NUOVO INIZIO
REBOOT D’AUTORE
MORTI E RINASCITE IN CASA MARVEL
One More Day/Brand New Day (scritta da J.M. Straczynski e disegnata da J.Quesada) ha di fatto azzerato l’universo dell’Uomo Ragno, per esigenze sostanzialmente di continuity: si voleva riportare il personaggio alla spensieratezza degli esordi, delle prime avventure, che avvenimenti come il matrimonio con Mary Jane avevano tolto.
A parte il giudizio su questa decisione dei “piani altri”, è il modo in cui la cosa viene effettuata che ha fatto storcere il naso a molti: un patto tra Peter Parker e il diavolo che cancella quanto accaduto negli anni passati è un colpo di spugna clamoroso che molti fan ancora non hanno digerito, e che effettivamente mi fa storcere il naso. Se è vero che conta la qualità del nuovo corso che si va a varare, è anche vero che il pretesto narrativo che porta alla riscrittura dovrebbe essere motivato con idee efficaci e credibili, presupposto che qui mi pare mancare o essere presente in modo piuttosto fragile.
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