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“Tutto è perduto fuorché l’amore” di Francesca Colosi

Creato il 22 marzo 2011 da Sulromanzo

“Tutto è perduto fuorché l’amore”Ho sorseggiato lentamente vini bianchi siciliani, ascoltato fitte conversazioni fra donne e osservato intorno gli avventori di un bar alla moda. Poi sono tornata a casa, mi sono messa a scrivere e ho ripensato ai miei alunni, alla scuola e ai viaggi.

Ma questa non è la mia vita? Siamo sicuri?

E sì, questa è Fernanda la protagonista di “Tutto è perduto fuorché l’amore” il romanzo che ha avuto il potere leggero di farmi  superare giornate di lavoro subissate di pensieri vagabondi.

Ecco, vorrei che questa recensione servisse a svecchiare e a scardinare un luogo comune: non è vero che leggere è solamente un passatempo per intellettuali. Può essere il modo ideale per non pensare solo a sé immergendosi in un mondo realistico e un po’ fatuo.

Non smetterò mai di ripeterlo. La tv non è l’unica alternativa di svago possibile. E nemmeno quella più adatta alla nostra epoca. Ci sono i libri, tutti, anche quelli da leggere sotto l’ombrellone, insieme a quelli che ti fan pensare dalla prima riga. Basta avere il coraggio di osare e superare i propri preconcetti.

Un libro non è per sempre, ma può essere perfetto per un periodo della vita. Un po’ come un fidanzato o un vestito che prima non toglieresti per nessuna ragione e poi dimentichi nell’armadio. Leggere è un’esperienza coinvolgente in cui lettore non rimane mai in disparte, il silenzio in cui è immerso gli serve per immedesimarsi nel suo ruolo. Come nel teatro leggere ci permette di divenire un personaggio diverso da noi stessi e allo stesso tempo di essere lettori-spettatori, curiosi di come andrà a finire.

Atto primo

Il sole che entra dalle persiane illumina leggermente un divano mentre la musica si sparge nella stanza. È una musica che fa talmente rumore da azzittire la tv. La televisione si è rotta per sempre lasciandovi come unica possibilità la libreria.

E allora… Spolverate un romanzo e vi mettete a leggere un libro da femmine.

Incredibile! State bene e state leggendo.

Fernanda è una donna libera, non ha ancora quarant’anni, i capelli corvini che spesso raccoglie in uno chignon s’intonano coi suoi occhi espressivi color cioccolato.

Non ha figli, non è sposata, da quando ha abbandonato il sud, sta a Milano per lavoro.

Vive la Milano da bere, quella che esiste solo di sera nei bar alla moda e abita nella Milano melting pot di via Padova, adora i falafel, cucina frittate multietniche con capperi e pepe nero e ha molte amiche.

Una sera in un bar conosce Giorgio. Girogio è un tipo imprendibile, un inaffidabile, stravagante cascamorto che attrae come una calamita per le sue stranezze e da cui alla fine tutte scappano a gambe levate.

Girogio e Fernanda non smettono di incontrarsi quasi per caso. Ogni sera al Kasbah lui compare sulla scena come un giullare baldanzoso sotto l’ebrezza dell’alcool mentre lei passa la sera attorniata dalle sue amiche. In una di quelle notti Fernanda accetta un passaggio da quel tipo strano, è un matematico con un paio d’occhiali e una sola stanghetta. In auto procedono spediti verso l’hinterland della città e quando lui scoperchia la sua decappottabile, lei realizza cosa sta succedendo.

Atto secondo

La musica della vostra stanza di lettura vi ha stufato, vi alzate dal divano perché ne volete dell’altra. Eccovi, siete davanti allo stereo a cambiare cd. Desiderate più di tutto che succeda qualcosa.

Ha inizio il gioco della seduzione e Fernanda non cambia nessuna carta in tavola. Essere intervenuti con la musica non vi basta, continuate a leggere un po’ persi e non riuscite più a capire chi volete essere. Fernanda è su di giri, appena dentro casa dopo il primo incontro si sente già un po’ innamorata.

Fernanda vi ha deluso, doveva scendere da quella maledetta macchina da fighetti e tornare ad essere sé. E invece…

Non era una donna emancipata, volitiva, indipendente?

Non se ne andava in giro libera di notte, indomita dei pericoli della metropoli?

Ma non doveva riscattarci tutte?

Atto terzo

In questa stanza c’è un caldo da morire. Aprite le finestre e avete il libro in mano, non smettete di leggere. “Deve succedere qualcosa”, non fate altro che ripetervelo. Le vostre braccia insieme al romanzo stanno libere nell’aria.

Al primo appuntamento il pazzo matematico propone la visione di un film intellettuale e poi si defila durante quella noiosissima proiezione giapponese musicata dal vivo. Fernanda resta in sala, è sola e allibita, Giorgio le ha dato buca e lei si sente ancora attratta dai modi di fare di quest’uomo allampanato e totalmente inaffidabile. Quando lui ritorna a prenderla intimandole di andarsene dalla sala, il mondo borghese di Giorgio cozza inesorabilmente contro la commistione di colori della vita di Fernanda. Durante la cena che viene dopo, Giorgio racconta piccoli frammenti della sua vita e lei la ricostruisce come se tutte quelle parole fossero pezzi di puzzle da mettere insieme per riuscire finalmente a comprenderlo.

Ultimo atto

Non è successo niente di nuovo. Anche con la musica, il vento che volta le pagine e vi accarezza la faccia. È tutto come da copione.

Fernanda accetta di partire per Oxford, scoprendo dal vero un altro pezzo di vita di Giorgio. Insieme si mostrano a vicenda e ognuno appare all’altro per ciò che è, con le proprie debolezze e l’incapacità di vivere in due e sentirsi bene. Quando ripartono per Israele sono entusiasti, il viaggio li avvicina, ma è solo questione di qualche giorno, al ritorno ognuno ha bisogno di star solo.

Le storie di questo libro sono aneddoti di vita quotidiana annaffiati di chiacchierate lievi, com’è lieve e scorrevole la scrittura di Francesca Colosi. Eppure tra le pagine di questo romanzo si legge la difficoltà dei rapporti umani, l’universo maschile e quello femminile sembrano destinati a viaggiare in parallelo sospinti da una forza di gravità speciale che a volte inesorabilmente attrae e a volte allontana mantenendoci equidistanti per sempre.

“Tutto è perduto fuorché l’amore” sembra dirci l’autrice di questa storia, basta saper dosare i silenzi, la lontananza e le parole, senza essere mai saturi l’uno dell’altra.


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