Le escort sulle quali si fanno paginate intere non sono che lo schermo, il paravento debosciato di una profonda corruzione che investe ogni aspetto della vita del Paese: gli affari sottobanco ai danni dei cittadini, il magna magna dell’oligarchia, l’ultima spiaggia di un imprenditoria fallimentare e senza idee, la dissoluzione dello Stato nelle clientele. Tutto un mondo che alla fine pesca le sue risorse in una progressiva macelleria sociale.
Ormai si è arrivati al capolinea perché il carburante scarseggia, il debito ha superato il livello di guardia, il default tecnico è dietro l’angolo. Ma quelle ragazze sbattute in prima pagina, la seconda generazione della mignotterie, vista che la prima è ormai accomodata in governo e in Parlamento, non fa altro che distogliere dalla situazione drammatica in cui siamo, non sono che il velenoso fondo di un’epoca e nello stesso tempo il paraocchi che ci impedisce di scorgere il precipizio.
Cosi dietro i procaci sederini di Arcore si nasconde il cul de sac in cui ci ha cacciato il berlusconismo “diffuso” che si esteso come un cancro anche ad ampi settori dell’oppozione, ai Penati, ai De Santis, agli Intini, che fanno caporalaggio legale in Puglia e i cui utili vengono probabilmente investiti anche in barche a vela, stella polare degli investimenti nell’Italia dei porticcioli turistici, dove l’evasione fiscale galleggia senza essere vista.
Certo il disdoro, il ridicolo e l’inaffidabilità che derivano dal premier puttaniere e dalla numerosa corte ruffiana, pesano molto, ci condannano alla marginalità e alla risatina di compatimento, ma sono soltanto l’epifenomeno di un massacro economico di cui il ceto politico “altro” rispetto al Cavaliere non si rende pienamente conto o finge di non rendersi conto. Con un debito di oltre 1900 miliardi siamo ormai al 123% del Pil che arriva a mala pena a 1600 miliardi l’anno, una situazione che è quasi senza via d’uscita perché ogni taglio della spesa significa meno Pil mentre quest’ultimo per aumentare di cifre significative avrebbe bisogno di investimenti straordinari e massicci, quelli che non sono stati fatti negli ultimi quindici anni da un sistema produttivo che si è attaccato ai bassi salari a al taglio dei diritti per galleggiare.Un egoismo e una mancanza di preveggenza che sono stati in qualche modo supportati dalla svendita a basso prezzo e spesso a un capitalismo senza denaro delle partecipazioni statali.
Dal momento che la perdita di credibilità totale del governo ha praticamente raddoppiato gli interessi dei titoli di Stato, la situazione è destinata a peggiorare ulteriormente: solo nel 2016 si dovranno restituire agli investitori 4016 miliardi, poco meno di quanto il pil avrà prodotto nel frattempo e molto meno se si tiene conto delle scadenze del 2012 -2015. E la stessa cosa avverrebbe nel caso di prestiti esterni, il famoso “bacio della morte” dell’Fmi, perché si aggiungerebbero altri interessi da pagare.
Ma non è solo questo è anche la straordinaria asimmetria della formazione di questo gigantesco deficit: ogni italiano ha 31.000 euro di debito a testa, mentre l’85% delle entrate dello Stato deriva dai lavoratori dipendenti e dai pensionati che notoriamente non possono evadere. Questi in realtà non hanno alcun debito, mentre altri ne hanno accumulati di stratosferici.
Eppure saranno proprio questi che alla fine saranno chiamati a pagare il conto, senza per questo evitare il disastro. Ora qualsiasi cosa possa accadere all’uscita di scena di Berlusconi è chiaro che senza un radicale cambiamento di politiche e indirizzi, non ci sarà alcuna possibilità di evitare il disastro. Mentre vedo che ancora ci si orienta sul far cassa privatizzando i servizi pubblici e su aggiustamenti minori, peraltro in diretta contraddizione con le volontà espresse dai cittadini.
Questo sono i fatti, tutto il resto è troia.