Con questa quinta puntata dedicata ai bilanci di Poligrafici Editore [la holding che pubblica QN Quotidiano Nazionale, Il Giorno, La Nazione, il Resto del Carlino, oltre a una serie di periodici] chiudiamo il primo ciclo di analisi sui gruppi editoriali quotati in Borsa e proprietari di almeno un quotidiano. Le altre puntate sono state dedicate a Rcs, Espresso-Repubblica, Gruppo 24 Ore e Caltagirone editore.
Ricavi
Chi è il “colpevole” di questa flessione? Qui non è nemmeno necessario parametrare il valore delle singole voci di ricavo con la flessione totale per capire che la crisi della pubblicità è praticamente l’unica vera artefice di questa discesa [come del resto per Caltagirone, l’altro gruppo editoriale a forte vocazione locale]. Se infatti guardiamo alle ultime cinque annualità, la flessione dei ricavi pubblicitari [41,7 milioni], è addirittura superiore ai –33 milioni dei ricavi totali. Il diffusionale regge molto bene: i –5,7 milioni – dai 94,2 milioni del 2010 agli 87,8 del 2014 – sono una flessione minima vista l’emorragia di copie vendute di cui soffre l’editoria italiana. Ricavi diffusionali confermano la loro stabilità anche nelle ultime tre annualità con valori stabili a circa 88 milioni. Aumentano gli “altri ricavi” che alleviano così, nel periodo preso in considerazione, la flessione dei ricavi con un +14,5 milioni ottenuto grazie a diversificazione delle attività e servizi a terzi, ma anche a sostanziose plusvalenze operate dal gruppo [in particolare quella di 20 milioni realizzata nel 2014].
La crisi della pubblicità
La Spe, la concessionaria della pubblicità del gruppo, che dallo scorso anno ha cambiato nome in SpeeD [dove la D sta per digitale], dal 2011 registra ogni anno una perdita di bilancio. Che la struttura preposta a raccogliere i ricavi da pubblicità invece di rappresentare per il gruppo una risorsa sia nei fatti un costo è, oggettivamente, un controsenso che mette in tutta la sua evidenza il limite del modello di business sul quale oggi si basano molte delle testate tradizionali (la stragrande maggioranza in Italia, il “caso” Spe non è certo isolato). Tirate le somme di fine anno potremmo addirittura arrivare a sostenere che se negli ultimi quattro anni le testate di Poligrafici non si fossero date la pena di raccogliere pubblicità e fossero uscite senza alcun tipo di advertisement il gruppo ne avrebbe beneficiato di circa 10 milioni [la somma delle perdite registrate da Spe dal 2011 al 2014]. D’accordo la nostra è decisamente una lettura brutale di questi numeri [i numeri quelli sono, però] e certo le scelte strategiche possono essere dettate da altri fattori, da altre esigenze, ma è evidente che un ripensamento di queste strategie è quanto mai necessario quanto urgente per il gruppo [e nella relazione sul primo trimestre 2015 la tendenza è ancora confermata con flessioni sia rispetto al primo trimestre 2013 che al primo trimestre 2014].
Se la D della concessionaria sta, come detto, per digitale, l’idea che se ne ha di aggregare contenuti terzi sotto l’ombrello di Quotidiano.net con un peso di due terzi del totale dell’audience, spiace doverlo constatare, non è certo un esempio di trasparenza.
Taglio ai costi
I costi operativi del gruppo si sono mantenuti costanti, il taglio del 14% dal 2010 al 2014 non rappresenta certo un taglio particolarmente pesante, e nelle ultime tre annualità i costi operativi rimangono sostanzialmente invariati a circa 100 milioni di euro.
L’ad del gruppo, Andrea Riffeser Monti, all’approvazione del bilancio 2014, ha indicato come punti chiave delle strategie per il 2015 il contenimento dei costi, incremento dei ricavi pubblicitari, rinnovo della grafica e dei contenuti editoriali e investimenti su Internet. Se l’azione sul contenimento dei costi, ed in particolare su quelli relativi al costo del lavoro, risulta evidente degli altri, anche alla luce della trimestrale 2015, non vi è, a metà anno ormai, concreta evidenza.
Se, come emerge con chiarezza dalla nostra analisi, i ricavi diffusionali sono il cuore delle revenues del gruppo probabilmente l’accento continuamente posto, e le pressioni fatte, dai vertici del gruppo sulla liberalizzazione della vendita non sono la strada corretta, sia perchè i dati dimostrano che un ampliamento della distribuzione, sia esso attraverso la liberalizzazione degli esercizi commerciali autorizzati alla vendita di giornali che attraverso altri canali quali il digitale, non è condizione sufficiente di per se stessa a garantire un aumento delle vendite, che, banalmente, per lo scarso senso tattico di opporsi, di “fare la guerra” a chi gli garantisce reddito: le edicole.
Se però, come dichiarato, si ritiene che i ricavi pubblicitari possano essere il driver dell’incremento delle revenues del gruppo, appare davvero insensata l’insistenza, ormai dal 2009, nel regolamentare la presenza dei giornali nel locali pubblici. Qualcuno, cortesemente, spieghi al numero uno della Poligrafici Editoriale che dei giornali la sua concessionaria vende le readership, non le copie; forse non gli è chiaro, a quanto pare.
Gruppo Poligrafici Editore | Create infographics[Nota metodologica: i valori delle singole voci, dove non specificato, sono quelli puntuali indicati anno per anno nei relativi bilanci e non quelli rideterminati su base omogenea o riclassificati nei bilanci successivi (per essere più chiari: ad esempio, la voce ricavi del 2012 è quella indicata nel bilancio 2012 non quella eventualmente rideterminata suvccessivamente nel bilancio 2013)].
- About
- Latest Posts